La natura interpretata dall’arte contemporanea entra, per un giorno, negli spazi del Museo Marino Marini di Firenze. Tra i bronzi, i legni e le terracotte del celebre scultore, Andrea Caretto e Raffaella Spagna ricostruiscono le tappe della loro autobiografia artistica. Con i reperti e le tracce di una ricerca fondata sull’osservazione e sull’attraversamento dei territori naturali, trasformano temporaneamente lo spazio espositivo, declinano un’idea di ospitalità basata sul dialogo, aprono nuovi punti di vista sulle opere presenti. Lo fanno attraverso proiezioni video, installazioni e fotografie e con piante di nespoli, steli di ortica, piante in fase di rivitalizzazione, zolle di terra. I sette progetti presentati al Museo, sono fondati su un approccio analitico-scientifico, trasformato in esito attraverso modalità artistiche. “Osservare l’ambiente non è un’azione vaga”, hanno scritto per spiegare i motivi di un’attenzione declinata nel loro operare in una molteplicità di gesti e di fasi: attraversare un territorio (un bosco di montagna così come un prato di periferia urbana), camminare, osservare, chinarsi. Individuare un fiore, sasso, albero. Toccare, raccogliere, annusare, assaggiare, oppure cintare, fotografare, riprendere. E ancora, essiccare, lavorare, conservare. Riguardare e raccontare. Cucinare e mangiare. Più che a motivi di ordine ecologista, i lavori di Caretto e Spagna rispondono a un moto interno che tenta la ricostruzione del rapporto tra uomo e natura attraverso l’esperienza diretta del raccogliere, seminare, nutrirsi, “domesticare”.