Nelle opere di Benedetta Jandolo la superficie pittorica appare intessuta di trasparenze che lasciano emergere i contorni e i rilievi plastici di immaginarie realtà vegetali; queste fluttuano dentro la liquida fisicità di un colore, tenuto nell'ambito di un livello monocromatico (solitamente verde), ma pulsante di tonalità luminose che variegano i diversi punti del piano, quasi come una superficie che proietta lo sguardo del fruitore verso una ricca profondità interna.

La pittura viene dislocata non solo a parete, ma anche sul pavimento: essa costituisce talora i ripiani di gradoni che invitano a calpestare l'opera (opportunamente protetta da una lastra di plexiglass) in un simbolico contatto fisico e fusione con chi guarda.
In tal modo la ricerca di Benedetta Jandolo investe pure l'installazione, dando al costrutto una precisa connotazione tridimensionale inserita nell'ambiente.

Enzo Santese