«L’incisione, la punta secca, l’acquaforte, e l’acquatinta permettono di realizzare una qualità nel segno che è impossibile realizzare altrimenti, risultati che non si ottengono né con l’acquerello né con la litografia né con la pittura ad olio». Queste parole scritte nel 1971 danno un’idea della grande considerazione che Piero Dorazio, protagonista assoluto dell’arte italiana del 900, riservava alla grafica d’arte, in particolare all’incisione. Ed alle incisioni di Dorazio è dedicata la mostra che apre la stagione espositiva della galleria Jerico di Perugia, uno spazio espositivo nuovo che la titolare Francesca Aversa intende proporre come una realtà dinamica, con un programma che alterna artisti consolidati a giovani emergenti o già affermati a livello nazionale e internazionale, senza porsi limiti o scelte di campo di carattere tematico o generazionale. Fin dai primi anni Sessanta Dorazio si dedica con grande impegno all’incisione, irrinunciabile per gli effetti unici di dinamica luce-ombra e di qualità e nitidezza del tratto, considerandola una sorta di specchio della sua pittura. «È come guardare la propria pittura con un binocolo capovolto, in un certo senso». Incide da sé le lastre calcografiche, come solo pochi grandi maestri erano in grado di fare - Giorgio Morandi, Emilio Vedova, Sebastian Matta -, collaborando poi con i migliori stampatori italiani, da Renzo Romero a Mauro Salvi. E proprio dall’archivio di Salvi arrivano le incisioni in mostra, una trentina fra acquatinta e puntasecca, rappresentative degli ultimi quindici anni di produzione di Dorazio, scomparso nel 2005. Per la serata inaugurale prevista un’esecuzione un live di musica jazz, da sempre colonna sonora dell’arte di Dorazio, mentre al secondo piano della galleria un corner ricco di pubblicazioni, video e materiali documentari consente di approfondire la figura dell’artista.