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Fernanda Fedi / Gino Gini – Sacralità della scrittura
doppia personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Segni, scritture e didascalie dell’ineffabile
Quanto il tema della manifestazione sacrale della parola scritta possa
essere distante dalla concretezza del sapere pratico che contrassegna la
nostra epoca e quanto possa essere vasto, fino alla perdita di identità o
allo sgomento, era ben chiaro ai due protagonisti di questa mostra fin dalla
sua iniziale impostazione.
D’altra parte, credo di poter affermare che questo argomento, piuttosto che
un traguardo postosi dagli artisti lungo la pista di un’operazione
progettata, sia da vedere forse come un dato di fatto, come un carattere del
lavoro già da tempo intrapreso e largamente sviluppato nel corso dell’ultimo
ventennio.
È come se la riflessione (fatta insieme d’una aspirazione, ma anche di un
tormento, di un dubbio) sul sacro si fosse imposta agli occhi “pensanti” di
Fernanda Fedi e di Gino Gini quale la più estrema e la più esatta delle
categorie di autoanalisi del proprio lavoro. Una sfida e un rischio, dunque,
ma senza autocompiacimento né arroganza: un rischio calcolato e in qualche
modo reso ineludibile dalla sostanza evocativa e poetica dell’opera.
Per la Fedi il segno-scrittura costituisce l’approdo di un diversificato
percorso creativo che dall’interesse strutturale del suo iniziale
astrattismo geometrico-modulare l’ha portata, tra la fine degli anni
settanta e i primissimi ottanta ad una rielaborazione dei temi della
superficie e dello spazio nella chiave di un concettualismo analitico. In
questa progressione, Rossana Bossaglia coglieva con puntualità, in un testo
critico del 1982, la matrice propriamente «strutturalista» (cioè di
riflessione sulle strutture della forma espressiva), che poteva passare,
proprio in questo giro d’anni, dal biancore rarefatto delle tavole della
serie Spazio/Space (1979-82) al tutto pieno e alla «libera sensitività»,
visiva e psicologica, delle tachigrafie manuali accumulate sulla tela o
sulla carta a partire dal 1983.
L’atteggiamento interpretativo e d’indagine delle possibilità evocative del
gesto pittorico e del segno scritturale non è fondamentalmente mutato, ma,
da una dinamica gestaltica e autoreferenziale, si è spostato indirizzandosi
lungo una duplice via. Da un lato si va verso una dimensione soggettiva e
psicologica: la scrittura stratificata assume un andamento di liberazione
pulsionale e di flusso di coscienza, dove ogni grafema è una tragica
incognita (Ecriture XX, Sacralità, caos e dramma della scrittura) non solo
per i lettori, ma soprattutto per chi scrive.
Oppure, sul versante opposto, la Fedi propone espliciti riferimenti
archeologici e antropologici, dove la genesi del formato (le tavolette, i
trittici ad altarolo e le piccole steli della serie Lineare, allineate in
mostra a costituire una vera e propria installazione) e del segno
individuale dell’artista ripercorre, per allusioni, lo sviluppo storico del
linguaggio scritto, a partire dalle possibili origini magiche o, almeno,
mitico-rituali.
Gino Gini affronta da pittore colto il problema del combattimento tra la
parola e l’immagine, così come altri protagonisti delle ricerche
verbo-visuali italiane della neoavanguardia l’hanno affrontato a partire
dalla roccaforte della ricerca poetico-letteraria. Inizialmente il confronto
sembra incentrarsi su un’articolazione gerarchica tesa ad evidenziare
problematicamente la diffusione (ma anche l’inevitabile banalizzazione) dei
modelli della tradizione artistica rinascimentale: mentre l’indice, la
cifra, il segno diagrammatico e, infine, la didascalia appaiono come i
figuranti di una simulazione (quasi una pantomima) logico-semantica, che,
più che chiarire, ribadisce l’enigma essenziale della figura. Le soluzioni
formali e lo spirito ermeneutico di queste sue tavole d’enciclopedia, col
loro convincente e tempestivo parallelismo rispetto agli esiti coevi della
narrative-art internazionale, conducono immediatamente ad una approfondita
presa di coscienza dell’autore-interprete, che si sente motivato a
corrispondere all’interrogazione delle opere del passato con un più diretto
e dichiarato coinvolgimento della propria personalità d’individuo. Da
testimonianza culturale e sociale, l’immagine passa ad essere supporto e
stimolo di una privata rimembranza, interagendo ora con un palinsesto di
riferimenti testuali, che, proprio per la loro varietà di forme e di
livelli, moltiplicano, invece di esaurirle, le possibilità di senso. Si
trascorre così, sempre in una rapsodia di frammenti, dalla citazione alta al
nonsenso, dall’acribia della puntualizzazione diaristica e dell’abbecedario,
al prelievo di antiche pagine manoscritte per le loro squisite qualità
visive: ma anche la rielaborazione letteraria (calata e impaginata a
didascalia dell’ineffabile, dell’ombra, della nuvola e della piuma)
riappare, a chi guarda, snaturata ed individualizzata, evocativo lacerto
strappato alle pagine del libro della memoria.
Ogni carta e ogni tavola si qualificano dunque, in questa mostra, come
elementi di uno sviluppo non lineare, ma coerente, come formelle di una
narrazione a singhiozzo. E l’impressione è rafforzata, se mai servisse,
dalla lunga dedizione dimostrata da tempo da entrambi gli artisti nei
confronti della forma libro, nelle più diverse declinazioni del libro-opera
e del libro-d’artista. Più che mai calzanti appaiono, in proposito, alcune
parole spese da Carlo Sini a proposito del suo concetto (ispirato a una
suggestiva figura della «semiosi infinita» di Peirce) di foglio-mondo e
della possibile riconsacrazione («ma senza superstizione») di una nuova
scrittura «deistituzionalizzata»: «Il foglio-mondo, in quanto scritto, esige
una meditazione e una conoscenza. Esso non è una raffigurazione (sia
simbolica sia convenzionale, che sono gli opposti del medesimo errore). Ciò
che è scritto e tracciato esige di essere conosciuto. (…) È come un’
architettura o una scultura, una selce lavorata. La sua forma è per esempio
il chiostro, con i suoi capitelli figurativi, ricchi di senso, e con la
melodia in essi inscritta (…). Oppure la sua forma è la cattedrale, o la
facciata della chiesa. O infine il labirinto. (…) solo chi ha percorso e
ripercorso le stazioni del chiostro, ne ha cantato in sé la melodia, ne ha
letto le parole (…), è poi in grado di contemplare conoscitivamente la
figura complessiva finale, intendendone in una sola occhiata i grafi. Egli
ode la musica inscritta e riascolta le parole. Come guardando un quadro con
i suoi significati allegorici, simbolici, narrativi, figurativi, letterari
ecc.» (C. Sini, R. Fabbrichesi Leo, Variazioni sul foglio-mondo, 1993).
Giorgio Zanchetti.
GINO GINI
Milano 1939. Liceo Artistico e AA.BB. Brera, Milano
Espone dal 1968. Inizialmente opera nell’ambito della ‘Nuova Figurazione’ e
nel 1976 è presente alla 36.ma Biennale di Venezia nel settore ‘Arte
Ambiente’ curato da Crispolti.
Dal 1976 la sua ricerca verte nell’ambito del rapporto tra parola /
immagine/scrittura e della Poesia Visiva con un radicale cambiamento.
Il suo lavoro si dispiega per cicli che vanno dalla ‘The Mythical Image’
(1976-1980) che troverà ampia divulgazione anche in ambito Mail Art al
‘Viaggio in Italia (198089) alle’. ‘Prove e ipotesi di volo’( 1989-1996).
Seguono ‘Volo Barocco’ ed ‘Esercizi di Pittura’ (1996-1998).
In questi ultimi anni i cicli operativi si fanno più serrati e vanno da
‘Tavole celesti’ , ‘Il cielo sopra’ ‘L’Araba Fenice’ ‘Icaro’ ‘Dedalo’
‘Atlante’e ‘Alfabeto’.
Sono oltre 50 le mostre personali di Gini a Milano, Genova, Torino, Padova,
Mantova …Da ricordare a Milano ‘Galleria CenobioVisualità’ 1986: ‘Mercato
del Sale’ 1987; ‘Galleria Avida Dollars’ 1991-1998 ;a Riva del Garda
‘Galleria Colorio’ 1989; a Nizza’ Galleria Quadrige’2000-2002
Nel 2000 antologiche alla Galleria d’Arte Moderna di Gallarate e a Villa
Letizia di Treviso.
Dalla fine degli anni Settanta è presente in numerose rassegne di tendenza
verbo/visuale in Italia e all’estero: da segnalare negli ultimi anni‘ Parole
in vista’ Caltanissetta (2001); ‘Quale Segno’
Spazio Zero Gallarate (2003); ‘,’Segni e Forme d’arte’ Città della Pieve
(2003); Segni- Segnali-Scrittura’con F.Fedi Ca’Bianca Arte Milano (2004),’
Immagini,Parole,Scritture’ Cerlongo/Mantova (2004) ,‘Poesia Totale’Studio
Arte Contemporanea Brescia (2004), ‘Nuove Scritture’ Spazio Liceo Artistico
Boccioni, Milano (2005).
Tra il 1976/77 nascono i libri d’artista, luogo privilegiato della sua
ricerca. Sono circa 120 i libri in monocopia. Libri a fisarmonica, libri
oggetto realizzati in parallelo ai diversi cicli operativi. Mostre dal
Portogallo Lisbona, alla Germania Mainz, alla Francia Chamalières, all’
Ungheria Budapest, all’Egitto Alexandria, Milano, Roma, Torino ….
Nel 1983 fonda L’Archivio Libri d’artista, Laboratorio 66, di Milano con lo
scopo di divulgare la conoscenza di questo media attraverso iniziative
culturali, conferenze, mostre, rassegne a carattere internazionale. L’
Archivio diretto da Gino Gini e Fernanda Fedi conta oltre 650 libri d’
artista.
Considerato uno dei più attivi e esperti operatori di questo settore ha
scritto testi e tenuto conferenze
Il percorso del suo lavoro artistico (Mail Art, Libri d’Artista, Poesia
Visiva) è stato oggetto di studio per ricerche universitarie e tesi di
laurea.
Ricca bibliografia
FERNANDA FEDI
vive ed opera a Milano.
Espone dal 1968. Studi artistici a Milano e Bologna (Laurea DAMS), corsi di
perfezionamento alla Fac. di Architettura di Milano (Museologia e
Museografia) ed in ArteTerapia
Negli anni Settanta-Ottanta ha fatto parte di gruppi artistici e
collettivi, a testimonianza di ciò ha scritto il saggio‘Collettivi e Gruppi
artistici a Milano.Ideologie e Percorsi 1968-1985’Ed.Endas; ha collaborato
col Comune di Milano ‘Scuola al Museo’ (sono stati pubblicati tre testi
didattici) e con la Regione Lombardia (Centro Bauer) .Attualmente insegna
ai disabili l’uso creativo della creta (Ass.Onlus G.Negri).
Ha organizzato Convegni su ‘Donna Arte e Società’ e su ‘Creatività e
Terapia’.
Dopo una lunga ricerca nel campo strutturale 1968-1978 (Quadriennale di Roma
1975, Gall.Fumagalli Bergamo 1974-1976, Biennale di Venezia sezione
arte-ambiente 1976, Salon des Réalités Nouvelles Parigi 1976..) ed un
periodo concettuale in cui domina l’idea di assenza .
1979-1982(Gall.Porta Ticinese Milano 1980, XVI Bienal de Sao Paulo do
Brasil 1981, Museum of Contemporary Art Skopje 1981, Grands et Jeunes d’
Aujourd’hui, Parigi 1982…) passa alla scrittura segno, quale gesto della
memoria-mente. La scrittura viene spesso associata alla musica, alla poesia,
all’arcaico (Cenobio Visualità Milano 1985,The National Museum Washington
1989-2006, Mostra antologica Museo d’arte moderna di Gallarate 1990,V
Biennale donna Palazzo dei Diamanti Ferrara 1992, Avida Dollars Milano
1987-92-96, ‘Incontro di Memorie’ installazione permanente grande scultura
in bronzo entrata principale ospedale Camelot Gallarate/Varese 2002,
Superficie Anomala, Milano 2002, Quadrige Nizza 2000-
02 -03-06,Quintocortile 2003, Galleria Vismara 1996-99-2005…)
A partire dal 2004 la sua ricerca verte sulla scrittura Minoica e Micenea
‘ Linear A’ e ‘Linear B’, nella convinzione che l’incomunicabilità del segno
e della scrittura sia la vera ‘fenomenologia’ della comunicazione.
Nel 2006 è stata invitata come ‘guest of honour’ alla II.a Biennale del
Libro d’Artista alla Biblioteca Alexandrina, Alessandria d’Egitto; ‘The
Book as Art: Twenty Years of Artists’ Books ’ The National Museum of Women
in the Arts Washington; Personale alla Galleria Quadrige di Nizza con
presentazionre del libro d’artista ‘Sur Isis et Osiris’ con scritti di
Plutarco edito dalla Diane Française; IV International Artists’ Book
Exhibition Budapest; ‘Semina Verbi’Mostra d’arte Sacra Museo Parrocchiale
Casalpusterlengo e ‘A Filo d’Acqua’Museo del Merletto di Isola Maggiore –
Lago Trasimeno (a cura A.Anelli);installazioni: casa di ringhiera SITART
‘Quando l’arte allarga gli orizzonti’, EccEOvo’ Soc:Umanitaria e Fiera di
Milano … nel 2005 1.a Biennale d’Arte Genova; ‘ Uruburo-Cocteau ‘Archivio di
Stato di Parma; Collezione Generazione Anni Quaranta Museo Bargellini Pieve
di Cento…..
Ricca bibliografia. Nel 1983 ha attivato con l’artista Gino Gini l’
Archivio Libri d’Artista, Laboratorio 66, di Milano.
Quanto il tema della manifestazione sacrale della parola scritta possa
essere distante dalla concretezza del sapere pratico che contrassegna la
nostra epoca e quanto possa essere vasto, fino alla perdita di identità o
allo sgomento, era ben chiaro ai due protagonisti di questa mostra fin dalla
sua iniziale impostazione.
D’altra parte, credo di poter affermare che questo argomento, piuttosto che
un traguardo postosi dagli artisti lungo la pista di un’operazione
progettata, sia da vedere forse come un dato di fatto, come un carattere del
lavoro già da tempo intrapreso e largamente sviluppato nel corso dell’ultimo
ventennio.
È come se la riflessione (fatta insieme d’una aspirazione, ma anche di un
tormento, di un dubbio) sul sacro si fosse imposta agli occhi “pensanti” di
Fernanda Fedi e di Gino Gini quale la più estrema e la più esatta delle
categorie di autoanalisi del proprio lavoro. Una sfida e un rischio, dunque,
ma senza autocompiacimento né arroganza: un rischio calcolato e in qualche
modo reso ineludibile dalla sostanza evocativa e poetica dell’opera.
Per la Fedi il segno-scrittura costituisce l’approdo di un diversificato
percorso creativo che dall’interesse strutturale del suo iniziale
astrattismo geometrico-modulare l’ha portata, tra la fine degli anni
settanta e i primissimi ottanta ad una rielaborazione dei temi della
superficie e dello spazio nella chiave di un concettualismo analitico. In
questa progressione, Rossana Bossaglia coglieva con puntualità, in un testo
critico del 1982, la matrice propriamente «strutturalista» (cioè di
riflessione sulle strutture della forma espressiva), che poteva passare,
proprio in questo giro d’anni, dal biancore rarefatto delle tavole della
serie Spazio/Space (1979-82) al tutto pieno e alla «libera sensitività»,
visiva e psicologica, delle tachigrafie manuali accumulate sulla tela o
sulla carta a partire dal 1983.
L’atteggiamento interpretativo e d’indagine delle possibilità evocative del
gesto pittorico e del segno scritturale non è fondamentalmente mutato, ma,
da una dinamica gestaltica e autoreferenziale, si è spostato indirizzandosi
lungo una duplice via. Da un lato si va verso una dimensione soggettiva e
psicologica: la scrittura stratificata assume un andamento di liberazione
pulsionale e di flusso di coscienza, dove ogni grafema è una tragica
incognita (Ecriture XX, Sacralità, caos e dramma della scrittura) non solo
per i lettori, ma soprattutto per chi scrive.
Oppure, sul versante opposto, la Fedi propone espliciti riferimenti
archeologici e antropologici, dove la genesi del formato (le tavolette, i
trittici ad altarolo e le piccole steli della serie Lineare, allineate in
mostra a costituire una vera e propria installazione) e del segno
individuale dell’artista ripercorre, per allusioni, lo sviluppo storico del
linguaggio scritto, a partire dalle possibili origini magiche o, almeno,
mitico-rituali.
Gino Gini affronta da pittore colto il problema del combattimento tra la
parola e l’immagine, così come altri protagonisti delle ricerche
verbo-visuali italiane della neoavanguardia l’hanno affrontato a partire
dalla roccaforte della ricerca poetico-letteraria. Inizialmente il confronto
sembra incentrarsi su un’articolazione gerarchica tesa ad evidenziare
problematicamente la diffusione (ma anche l’inevitabile banalizzazione) dei
modelli della tradizione artistica rinascimentale: mentre l’indice, la
cifra, il segno diagrammatico e, infine, la didascalia appaiono come i
figuranti di una simulazione (quasi una pantomima) logico-semantica, che,
più che chiarire, ribadisce l’enigma essenziale della figura. Le soluzioni
formali e lo spirito ermeneutico di queste sue tavole d’enciclopedia, col
loro convincente e tempestivo parallelismo rispetto agli esiti coevi della
narrative-art internazionale, conducono immediatamente ad una approfondita
presa di coscienza dell’autore-interprete, che si sente motivato a
corrispondere all’interrogazione delle opere del passato con un più diretto
e dichiarato coinvolgimento della propria personalità d’individuo. Da
testimonianza culturale e sociale, l’immagine passa ad essere supporto e
stimolo di una privata rimembranza, interagendo ora con un palinsesto di
riferimenti testuali, che, proprio per la loro varietà di forme e di
livelli, moltiplicano, invece di esaurirle, le possibilità di senso. Si
trascorre così, sempre in una rapsodia di frammenti, dalla citazione alta al
nonsenso, dall’acribia della puntualizzazione diaristica e dell’abbecedario,
al prelievo di antiche pagine manoscritte per le loro squisite qualità
visive: ma anche la rielaborazione letteraria (calata e impaginata a
didascalia dell’ineffabile, dell’ombra, della nuvola e della piuma)
riappare, a chi guarda, snaturata ed individualizzata, evocativo lacerto
strappato alle pagine del libro della memoria.
Ogni carta e ogni tavola si qualificano dunque, in questa mostra, come
elementi di uno sviluppo non lineare, ma coerente, come formelle di una
narrazione a singhiozzo. E l’impressione è rafforzata, se mai servisse,
dalla lunga dedizione dimostrata da tempo da entrambi gli artisti nei
confronti della forma libro, nelle più diverse declinazioni del libro-opera
e del libro-d’artista. Più che mai calzanti appaiono, in proposito, alcune
parole spese da Carlo Sini a proposito del suo concetto (ispirato a una
suggestiva figura della «semiosi infinita» di Peirce) di foglio-mondo e
della possibile riconsacrazione («ma senza superstizione») di una nuova
scrittura «deistituzionalizzata»: «Il foglio-mondo, in quanto scritto, esige
una meditazione e una conoscenza. Esso non è una raffigurazione (sia
simbolica sia convenzionale, che sono gli opposti del medesimo errore). Ciò
che è scritto e tracciato esige di essere conosciuto. (…) È come un’
architettura o una scultura, una selce lavorata. La sua forma è per esempio
il chiostro, con i suoi capitelli figurativi, ricchi di senso, e con la
melodia in essi inscritta (…). Oppure la sua forma è la cattedrale, o la
facciata della chiesa. O infine il labirinto. (…) solo chi ha percorso e
ripercorso le stazioni del chiostro, ne ha cantato in sé la melodia, ne ha
letto le parole (…), è poi in grado di contemplare conoscitivamente la
figura complessiva finale, intendendone in una sola occhiata i grafi. Egli
ode la musica inscritta e riascolta le parole. Come guardando un quadro con
i suoi significati allegorici, simbolici, narrativi, figurativi, letterari
ecc.» (C. Sini, R. Fabbrichesi Leo, Variazioni sul foglio-mondo, 1993).
Giorgio Zanchetti.
GINO GINI
Milano 1939. Liceo Artistico e AA.BB. Brera, Milano
Espone dal 1968. Inizialmente opera nell’ambito della ‘Nuova Figurazione’ e
nel 1976 è presente alla 36.ma Biennale di Venezia nel settore ‘Arte
Ambiente’ curato da Crispolti.
Dal 1976 la sua ricerca verte nell’ambito del rapporto tra parola /
immagine/scrittura e della Poesia Visiva con un radicale cambiamento.
Il suo lavoro si dispiega per cicli che vanno dalla ‘The Mythical Image’
(1976-1980) che troverà ampia divulgazione anche in ambito Mail Art al
‘Viaggio in Italia (198089) alle’. ‘Prove e ipotesi di volo’( 1989-1996).
Seguono ‘Volo Barocco’ ed ‘Esercizi di Pittura’ (1996-1998).
In questi ultimi anni i cicli operativi si fanno più serrati e vanno da
‘Tavole celesti’ , ‘Il cielo sopra’ ‘L’Araba Fenice’ ‘Icaro’ ‘Dedalo’
‘Atlante’e ‘Alfabeto’.
Sono oltre 50 le mostre personali di Gini a Milano, Genova, Torino, Padova,
Mantova …Da ricordare a Milano ‘Galleria CenobioVisualità’ 1986: ‘Mercato
del Sale’ 1987; ‘Galleria Avida Dollars’ 1991-1998 ;a Riva del Garda
‘Galleria Colorio’ 1989; a Nizza’ Galleria Quadrige’2000-2002
Nel 2000 antologiche alla Galleria d’Arte Moderna di Gallarate e a Villa
Letizia di Treviso.
Dalla fine degli anni Settanta è presente in numerose rassegne di tendenza
verbo/visuale in Italia e all’estero: da segnalare negli ultimi anni‘ Parole
in vista’ Caltanissetta (2001); ‘Quale Segno’
Spazio Zero Gallarate (2003); ‘,’Segni e Forme d’arte’ Città della Pieve
(2003); Segni- Segnali-Scrittura’con F.Fedi Ca’Bianca Arte Milano (2004),’
Immagini,Parole,Scritture’ Cerlongo/Mantova (2004) ,‘Poesia Totale’Studio
Arte Contemporanea Brescia (2004), ‘Nuove Scritture’ Spazio Liceo Artistico
Boccioni, Milano (2005).
Tra il 1976/77 nascono i libri d’artista, luogo privilegiato della sua
ricerca. Sono circa 120 i libri in monocopia. Libri a fisarmonica, libri
oggetto realizzati in parallelo ai diversi cicli operativi. Mostre dal
Portogallo Lisbona, alla Germania Mainz, alla Francia Chamalières, all’
Ungheria Budapest, all’Egitto Alexandria, Milano, Roma, Torino ….
Nel 1983 fonda L’Archivio Libri d’artista, Laboratorio 66, di Milano con lo
scopo di divulgare la conoscenza di questo media attraverso iniziative
culturali, conferenze, mostre, rassegne a carattere internazionale. L’
Archivio diretto da Gino Gini e Fernanda Fedi conta oltre 650 libri d’
artista.
Considerato uno dei più attivi e esperti operatori di questo settore ha
scritto testi e tenuto conferenze
Il percorso del suo lavoro artistico (Mail Art, Libri d’Artista, Poesia
Visiva) è stato oggetto di studio per ricerche universitarie e tesi di
laurea.
Ricca bibliografia
FERNANDA FEDI
vive ed opera a Milano.
Espone dal 1968. Studi artistici a Milano e Bologna (Laurea DAMS), corsi di
perfezionamento alla Fac. di Architettura di Milano (Museologia e
Museografia) ed in ArteTerapia
Negli anni Settanta-Ottanta ha fatto parte di gruppi artistici e
collettivi, a testimonianza di ciò ha scritto il saggio‘Collettivi e Gruppi
artistici a Milano.Ideologie e Percorsi 1968-1985’Ed.Endas; ha collaborato
col Comune di Milano ‘Scuola al Museo’ (sono stati pubblicati tre testi
didattici) e con la Regione Lombardia (Centro Bauer) .Attualmente insegna
ai disabili l’uso creativo della creta (Ass.Onlus G.Negri).
Ha organizzato Convegni su ‘Donna Arte e Società’ e su ‘Creatività e
Terapia’.
Dopo una lunga ricerca nel campo strutturale 1968-1978 (Quadriennale di Roma
1975, Gall.Fumagalli Bergamo 1974-1976, Biennale di Venezia sezione
arte-ambiente 1976, Salon des Réalités Nouvelles Parigi 1976..) ed un
periodo concettuale in cui domina l’idea di assenza .
1979-1982(Gall.Porta Ticinese Milano 1980, XVI Bienal de Sao Paulo do
Brasil 1981, Museum of Contemporary Art Skopje 1981, Grands et Jeunes d’
Aujourd’hui, Parigi 1982…) passa alla scrittura segno, quale gesto della
memoria-mente. La scrittura viene spesso associata alla musica, alla poesia,
all’arcaico (Cenobio Visualità Milano 1985,The National Museum Washington
1989-2006, Mostra antologica Museo d’arte moderna di Gallarate 1990,V
Biennale donna Palazzo dei Diamanti Ferrara 1992, Avida Dollars Milano
1987-92-96, ‘Incontro di Memorie’ installazione permanente grande scultura
in bronzo entrata principale ospedale Camelot Gallarate/Varese 2002,
Superficie Anomala, Milano 2002, Quadrige Nizza 2000-
02 -03-06,Quintocortile 2003, Galleria Vismara 1996-99-2005…)
A partire dal 2004 la sua ricerca verte sulla scrittura Minoica e Micenea
‘ Linear A’ e ‘Linear B’, nella convinzione che l’incomunicabilità del segno
e della scrittura sia la vera ‘fenomenologia’ della comunicazione.
Nel 2006 è stata invitata come ‘guest of honour’ alla II.a Biennale del
Libro d’Artista alla Biblioteca Alexandrina, Alessandria d’Egitto; ‘The
Book as Art: Twenty Years of Artists’ Books ’ The National Museum of Women
in the Arts Washington; Personale alla Galleria Quadrige di Nizza con
presentazionre del libro d’artista ‘Sur Isis et Osiris’ con scritti di
Plutarco edito dalla Diane Française; IV International Artists’ Book
Exhibition Budapest; ‘Semina Verbi’Mostra d’arte Sacra Museo Parrocchiale
Casalpusterlengo e ‘A Filo d’Acqua’Museo del Merletto di Isola Maggiore –
Lago Trasimeno (a cura A.Anelli);installazioni: casa di ringhiera SITART
‘Quando l’arte allarga gli orizzonti’, EccEOvo’ Soc:Umanitaria e Fiera di
Milano … nel 2005 1.a Biennale d’Arte Genova; ‘ Uruburo-Cocteau ‘Archivio di
Stato di Parma; Collezione Generazione Anni Quaranta Museo Bargellini Pieve
di Cento…..
Ricca bibliografia. Nel 1983 ha attivato con l’artista Gino Gini l’
Archivio Libri d’Artista, Laboratorio 66, di Milano.
26
ottobre 2006
Fernanda Fedi / Gino Gini – Sacralità della scrittura
Dal 26 ottobre al 18 novembre 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA SCOGLIO DI QUARTO
Milano, via Scoglio di Quarto, 4, (Milano)
Milano, via Scoglio di Quarto, 4, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì 17-19,30 o per appuntamento
Vernissage
26 Ottobre 2006, ore 18
Autore