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Perché non parli? Fatti d’arte – Massimiliano Gioni e Maja Bajevic
terzo appuntamento del secondo ciclo di incontri “Perché non parli? Conversazioni d’arte”. Massimiliano Gioni e Maja Bajevic conducono l’incontro sul tema “Installazione”. Introduce Gabi Scardi
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Lunedì 6 novembre, ore 18, presso lo Spazio Oberdan di Milano, in Viale Vittorio Veneto 2: terzo appuntamento del secondo ciclo di incontri divulgativi sull’arte contemporanea dal titolo “Perché non parli? Conversazioni d’arte”.
L’iniziativa rientra nel progetto “InContemporanea. La rete dell’arte” con cui la Provincia di Milano intende promuovere l’arte del presente intesa come risorsa indispensabile per la riqualificazione urbana, sia dal punto di vista culturale che da quello sociale ed economico.
Il ciclo di incontri è realizzato in collaborazione con UniCredit, gruppo impegnato in un progetto di divulgazione dei linguaggi della contemporaneità e di valorizzazione delle giovani risorse creative del nostro Paese.
Titolo dell’incontro: “Installazione”. Conducono la conversazione Massimiliano Gioni e Maja Bajević, introduce Gabi Scardi.
Nell’intento di adattare continuamente la propria forma a contenuti che si rinnovano incessantemente, acquista importanza crescente a partire dall’inizio del Novecento l’installazione, forma espressiva consistente nella creazione di uno spazio fisico, ogni elemento del quale è in relazione con tutti gli altri. L’installazione diventa un campo percettivo ed emotivo all’interno del quale il fruitore si trova a vivere un’esperienza complessa, sperimentando una situazione di tipo immersivo e interagendo in alcuni casi con i diversi elementi che la compongono. Sarà analizzato questa nuovo fondamentale modo di trascinare lo spettatore all’interno dell’opera .
Inizio incontri: ore 18.00. L’ingresso è libero. Si consiglia la prenotazione via e-mail: incontemporanea@provincia.milano.it.
Da più parti arrivano domande all’arte e sull’arte, richieste di comprensibilità e fattibilità, rivolte per la maggior parte all’arte contemporanea, che è oggetto di un doppio ciclo di conferenze intitolate a loro volta “Fatti d’arte” e “Conversazioni d’arte”. Il titolo generale dei due cicli di conferenze (”Perché non parli?”), tra verità e leggenda, allude alla celebre frase che Michelangelo rivolse alla sua ancor più celebre opera, Mosè, mettendola in relazione con gli interrogativi posti non a una sola opera, ma all’arte in generale che di tante opere è fatta. Per questo è stata programmata una serie di conferenze che agiscono su un doppio binario quello della teoria e quello della pratica, quello del pensiero e quello della tecnica.
La prima serie: “Fatti d’arte” si è svolta da febbraio a maggio.
Massimiliano Gioni è Direttore Artistico della Fondazione Nicola Trussardi dal 2003. Agenzia di produzione per l'arte contemporanea e meccanismo di distribuzione della cultura, la Fondazione ha organizzato esposizioni e progetti in spazi storici, monumentali e dimenticati della città di Milano e ha portato a Milano alcune tra le più interessanti voci dell'arte contemporanea internazionale tra cui: Michael Elmgreen & Ingar Dragset, Darren Almond, Maurizio Cattelan, John Bock, Urs Fischer, Anri Sala, Martin Creed. Ha riscoperto, rilanciato e trasformato luoghi come il Circolo Filologico Milanese, l'Istituto dei Ciechi, il Palazzo dell'Arengario, la Sala Reale della Stazione Centrale,
Piazza XXIV Maggio, il Palazzo della Ragione, l'Ottagono di Galleria Vittorio Emanuele. Il 14 novembre la Fondazione Nicola Trussardi presenta una grande personale di Paola Pivi ai Vecchi Magazzini della Stazione di Porta Genova.
Di recente Massimiliano Gioni ha curato la 4a Biennale di Berlino con Maurizio Cattelan e Ali Subotnick, con cui dirige lo spazio no profit The Wrong Gallery. Nel 2006 Gioni e' stato nominato curatore presso il New Museum di New York.
Maja Bajević cresce a Sarajevo nei tempi in cui la città rappresenta un esempio di convivenza e di confronto interetnico. La guerra che spacca la ex Jugoslavia sopraggiunge mentre l’artista si trova a Parigi per un soggiorno di studio, e fa di lei un’esule involontaria. Da quel momento il suo lavoro s’incentra sui meccanismi di appartenenza e di esclusione, di controllo e di coazione, sulla complessa relazione tra memorie, storie e culture diverse e sul fenomeno delle migrazioni e dell’abbandono del proprio Paese. Bajević respinge ciò che è avulso dalla prassi della vita, e tende a partire da sé per affrontare, in chiave critica, i temi dell’identità culturale in fase di ridefinizione. Come a dire che è meglio un rapporto da individuo a individuo che fare sfoggio di grandi principi.
Al centro delle sue opere sono, in molti casi, situazioni e gesti quotidiani che si fanno depositari di senso e di storia. È quanto avviene in Women at Work 1 (Under Construction) (1999), il primo di una serie di progetti che vede il coinvolgimento di un gruppo di donne profughe di Srebrenica: Maja invita cinque donne a ricamare motivi della tradizione bosniaca sulla rete che copre i ponteggi della facciata della Galleria Nazionale di Sarajevo, allora in fase di restauro. Il ricorso a un’attività consueta e dimessa, tipicamente femminile e legata a una vita familiare che la frattura prodotta dalla guerra ha ormai disintegrato, il fatto che l’intervento si svolga sulla struttura esterna del museo, che evochi con immediatezza l’immagine della tendina ricamata di una casa, ma anche l’idea di una situazione “da ricucire”: sono solo alcuni degli elementi che rivelano la stratificazione di significati di quest’opera e ne autorizzano una molteplicità di letture.
Di carattere diverso interventi come The Speaker (1998), una falsa campagna politica resa pubblica attraverso le immagini video visibili sul retro di un furgone itinerante per la città; il politico parla e parla, ma la voce non si sente. O come Avanti popolo (2006), trenta inni o canti di lotta e di esortazione cantati da voci diverse trasmesse contemporaneamente da altrettanti impianti stereo; con il risultato che nell’eccesso di voci e di suono, le canzoni rivelano la propria natura aggressiva, e senso e contenuto finiscono con l’azzerarsi.
L’opera I Like – I Don’t (1998-2000), realizzata a quattro mani con Danica Dakić e presentata nell’ambito della mostra Wherever We Go – Ovunque andiamo: Arte, identità, culture in transito (in corso allo Spazio Oberdan, fino al 28 gennaio 2007), consiste in una videoinstallazione nella quale le due artiste pronunciano in lingue diverse frasi che si contraddicono, senza per questo risultare meno “vere”. È possibile – paiono chiedersi Maja Bajević e Danica Dakić – dover continuare a fare ricorso a una logica oppositiva? Non potremmo abbandonare la tendenza a cercare e ad imporre una soluzione unica e accettare infine la complessità, l’impossibilità di conciliare gli opposti, l’idea che una domanda possa avere più di una risposta?
Prossimo appuntamento, martedì 21 novembre: “Arte pubblica”, conducono James Lingwood e Antoni Muntadas. Introduce Gabi Scardi.
L’iniziativa rientra nel progetto “InContemporanea. La rete dell’arte” con cui la Provincia di Milano intende promuovere l’arte del presente intesa come risorsa indispensabile per la riqualificazione urbana, sia dal punto di vista culturale che da quello sociale ed economico.
Il ciclo di incontri è realizzato in collaborazione con UniCredit, gruppo impegnato in un progetto di divulgazione dei linguaggi della contemporaneità e di valorizzazione delle giovani risorse creative del nostro Paese.
Titolo dell’incontro: “Installazione”. Conducono la conversazione Massimiliano Gioni e Maja Bajević, introduce Gabi Scardi.
Nell’intento di adattare continuamente la propria forma a contenuti che si rinnovano incessantemente, acquista importanza crescente a partire dall’inizio del Novecento l’installazione, forma espressiva consistente nella creazione di uno spazio fisico, ogni elemento del quale è in relazione con tutti gli altri. L’installazione diventa un campo percettivo ed emotivo all’interno del quale il fruitore si trova a vivere un’esperienza complessa, sperimentando una situazione di tipo immersivo e interagendo in alcuni casi con i diversi elementi che la compongono. Sarà analizzato questa nuovo fondamentale modo di trascinare lo spettatore all’interno dell’opera .
Inizio incontri: ore 18.00. L’ingresso è libero. Si consiglia la prenotazione via e-mail: incontemporanea@provincia.milano.it.
Da più parti arrivano domande all’arte e sull’arte, richieste di comprensibilità e fattibilità, rivolte per la maggior parte all’arte contemporanea, che è oggetto di un doppio ciclo di conferenze intitolate a loro volta “Fatti d’arte” e “Conversazioni d’arte”. Il titolo generale dei due cicli di conferenze (”Perché non parli?”), tra verità e leggenda, allude alla celebre frase che Michelangelo rivolse alla sua ancor più celebre opera, Mosè, mettendola in relazione con gli interrogativi posti non a una sola opera, ma all’arte in generale che di tante opere è fatta. Per questo è stata programmata una serie di conferenze che agiscono su un doppio binario quello della teoria e quello della pratica, quello del pensiero e quello della tecnica.
La prima serie: “Fatti d’arte” si è svolta da febbraio a maggio.
Massimiliano Gioni è Direttore Artistico della Fondazione Nicola Trussardi dal 2003. Agenzia di produzione per l'arte contemporanea e meccanismo di distribuzione della cultura, la Fondazione ha organizzato esposizioni e progetti in spazi storici, monumentali e dimenticati della città di Milano e ha portato a Milano alcune tra le più interessanti voci dell'arte contemporanea internazionale tra cui: Michael Elmgreen & Ingar Dragset, Darren Almond, Maurizio Cattelan, John Bock, Urs Fischer, Anri Sala, Martin Creed. Ha riscoperto, rilanciato e trasformato luoghi come il Circolo Filologico Milanese, l'Istituto dei Ciechi, il Palazzo dell'Arengario, la Sala Reale della Stazione Centrale,
Piazza XXIV Maggio, il Palazzo della Ragione, l'Ottagono di Galleria Vittorio Emanuele. Il 14 novembre la Fondazione Nicola Trussardi presenta una grande personale di Paola Pivi ai Vecchi Magazzini della Stazione di Porta Genova.
Di recente Massimiliano Gioni ha curato la 4a Biennale di Berlino con Maurizio Cattelan e Ali Subotnick, con cui dirige lo spazio no profit The Wrong Gallery. Nel 2006 Gioni e' stato nominato curatore presso il New Museum di New York.
Maja Bajević cresce a Sarajevo nei tempi in cui la città rappresenta un esempio di convivenza e di confronto interetnico. La guerra che spacca la ex Jugoslavia sopraggiunge mentre l’artista si trova a Parigi per un soggiorno di studio, e fa di lei un’esule involontaria. Da quel momento il suo lavoro s’incentra sui meccanismi di appartenenza e di esclusione, di controllo e di coazione, sulla complessa relazione tra memorie, storie e culture diverse e sul fenomeno delle migrazioni e dell’abbandono del proprio Paese. Bajević respinge ciò che è avulso dalla prassi della vita, e tende a partire da sé per affrontare, in chiave critica, i temi dell’identità culturale in fase di ridefinizione. Come a dire che è meglio un rapporto da individuo a individuo che fare sfoggio di grandi principi.
Al centro delle sue opere sono, in molti casi, situazioni e gesti quotidiani che si fanno depositari di senso e di storia. È quanto avviene in Women at Work 1 (Under Construction) (1999), il primo di una serie di progetti che vede il coinvolgimento di un gruppo di donne profughe di Srebrenica: Maja invita cinque donne a ricamare motivi della tradizione bosniaca sulla rete che copre i ponteggi della facciata della Galleria Nazionale di Sarajevo, allora in fase di restauro. Il ricorso a un’attività consueta e dimessa, tipicamente femminile e legata a una vita familiare che la frattura prodotta dalla guerra ha ormai disintegrato, il fatto che l’intervento si svolga sulla struttura esterna del museo, che evochi con immediatezza l’immagine della tendina ricamata di una casa, ma anche l’idea di una situazione “da ricucire”: sono solo alcuni degli elementi che rivelano la stratificazione di significati di quest’opera e ne autorizzano una molteplicità di letture.
Di carattere diverso interventi come The Speaker (1998), una falsa campagna politica resa pubblica attraverso le immagini video visibili sul retro di un furgone itinerante per la città; il politico parla e parla, ma la voce non si sente. O come Avanti popolo (2006), trenta inni o canti di lotta e di esortazione cantati da voci diverse trasmesse contemporaneamente da altrettanti impianti stereo; con il risultato che nell’eccesso di voci e di suono, le canzoni rivelano la propria natura aggressiva, e senso e contenuto finiscono con l’azzerarsi.
L’opera I Like – I Don’t (1998-2000), realizzata a quattro mani con Danica Dakić e presentata nell’ambito della mostra Wherever We Go – Ovunque andiamo: Arte, identità, culture in transito (in corso allo Spazio Oberdan, fino al 28 gennaio 2007), consiste in una videoinstallazione nella quale le due artiste pronunciano in lingue diverse frasi che si contraddicono, senza per questo risultare meno “vere”. È possibile – paiono chiedersi Maja Bajević e Danica Dakić – dover continuare a fare ricorso a una logica oppositiva? Non potremmo abbandonare la tendenza a cercare e ad imporre una soluzione unica e accettare infine la complessità, l’impossibilità di conciliare gli opposti, l’idea che una domanda possa avere più di una risposta?
Prossimo appuntamento, martedì 21 novembre: “Arte pubblica”, conducono James Lingwood e Antoni Muntadas. Introduce Gabi Scardi.
06
novembre 2006
Perché non parli? Fatti d’arte – Massimiliano Gioni e Maja Bajevic
06 novembre 2006
arte contemporanea
incontro - conferenza
incontro - conferenza
Location
SPAZIO OBERDAN – CINETECA
Milano, Viale Vittorio Veneto, 2, (Milano)
Milano, Viale Vittorio Veneto, 2, (Milano)
Biglietti
Si consiglia la prenotazione via e-mail: incontemporanea@provincia.milano.it
Vernissage
6 Novembre 2006, ore 18