Materia e colore in Svitlana Grebenyuk (Ucraina) sono il presagio di qualcosa
che si è sofferto, ma poi si è trasformato.
La sua pittura si marca come leggera luce, ne sfiora il primitivo come causa e
condizione di libertà. Non è il rosso della rivoluzione che sventola nei
volti oscurati di Carlo Marx o della malinconica Marylin, ma nell’agguato di
un leggero azzurro del cielo appaiono liberati.
E’ l’anonimato che parla.
Melodiose e dolci nel suono di una malinconia appena sfregiata, sono le note
di una fisarmonica per una sirena smarrita, più che ammaliatrice.
Chi sono gli ospiti, gli invitati irriguardosi per questa cena quasi
claustrale, nella apparente povertà di colori e esecuzione testardamente
seguita: siamo fra leggerezza e incanto.

Federico Vescovo, egli non vuole superare l’inquietudine, la sua parziale
prigione, ma forte è la forza della vita che chiama, che sa guardare senza
convenzioni, e la fisicità nei suoi quadri sa produrre metafisico stupore.
E’ il feticcio amato e oscurato. L’impasto materico si consolida fin
dall’origine, per non cessare, ad infinitum. Perché non è la luce che
irradia dalle sue opere, ma il tutto si muove come fosse un continuo sospeso
sogno. E’ rara densità del dipingere, è armonia che ha saputo decifrare.
( presentazione di Valerio Sertorelli)