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Tamara Ferioli
Le pareti di ogni stanza sono il ritratto stesso di chi la abita, rappresentano ciò che l’individuo vuole o semplicemente riesce a guardare o al limite sopportare. A volte la stessa tappezzeria diviene talmente familiare da diventare la “propria mente fuori da sé”, l’immagine, la parola, il sogno, la sofferenza, il delirio, in una sola parola: la vita
Comunicato stampa
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Un viaggio intorno alla mia camera
Esiste una parola che può identificare perfettamente l'universo creativo della giovanissima artista Tamara Ferioli ed aiutarci ad introdurci nella complessità del suo lavoro, questa parola è intimità. L'intimità di cui ci parla Tamara non è però la banale rappresentazione del proprio corpo, quanto la cruda rivelazione delle proprie inquietudini, sensazioni profonde di disagio psicofisico che trovano nell'ambiente domestico il riflesso della propria reale gravità. La camera da letto diventa la fedele proiezione di uno stato d'animo, della propria sfera interiore, autosufficiente ma non per questo confortante, quattro mura in grado di contenere il mondo intero, ma nello stesso tempo di rifiutarlo, mantenendo la "pienezza" della propria completa solitudine. L'ipersensibilità verso se stessi diviene l'unica via d'uscita da una situazione di stallo che produce parestesìa, quella sorta di formicolìo, di intorpidimento, sintomo di una leggera alterazione della sensibilità creata dall'inattività motoria, dalla permanenza del corpo in una stessa posizione, come pietrificato dai pensieri e dalle sensazioni che questi generano. Nel proprio "mondo cubico" ogni insignificante dettaglio diviene parte integrante della personalità, ogni oggetto assume l'importanza di una conquista emotiva, andando ad integrarsi fisicamente col proprio corpo, come il letto, completamente fatto di bustine di the infuse, quindi the consumato, ingerito, divenuto alimento vitale indispensabile a tal punto da rivestire l'oggetto più intimo che si possiede, contenitore delle più profonde sensazioni, corporee e psicologiche. Sul comodino vi è il diario che riporta, sotto forma di cartelle cliniche annullate da un segno febbrile e da testi poetici cuciti sulle pagine stesse, un percorso, un periodo della propria vita vissuto "al culmine della disperazione", ormai passato, ma che rimane presente come segno indelebile, come ferita non cicatrizzabile e pericolosamente pronta a riversare fiotti di dolore esistenziale.
Le pareti di ogni stanza sono il ritratto stesso di chi la abita, rappresentano ciò che l'individuo vuole o semplicemente riesce a guardare o al limite sopportare. A volte la stessa tappezzeria diviene talmente familiare da diventare la "propria mente fuori da sé", l'immagine, la parola, il sogno, la sofferenza, il delirio, in una sola parola: la vita.
La Parestesia domestica è il racconto di questo rapporto con la propria camera, Tamara si rappresenta come esile creatura dalla fragile consistenza, sente l'esigenza di utilizzare due parti di sé quale materiale pittorico, una metaforica, l'altra fisica: frammenti della tappezzeria e i propri capelli. Una fusione tra gli elementi, una compenetrazione tra sé e la materia.
Ma ogni stanza, come quella di Tamara, non è solamente un cubo di specchi che riflette l'infinito della propria interiorità, senza sapere da dove si è entrati, ma ha sempre un'apertura verso "qualcosa". La finestra diviene sì un'occhio rivolto verso l'esterno, ma è un "mondo parallelo", complementare, estraneo alla completezza della propria esperienza.
Alessandro Trabucco
Esiste una parola che può identificare perfettamente l'universo creativo della giovanissima artista Tamara Ferioli ed aiutarci ad introdurci nella complessità del suo lavoro, questa parola è intimità. L'intimità di cui ci parla Tamara non è però la banale rappresentazione del proprio corpo, quanto la cruda rivelazione delle proprie inquietudini, sensazioni profonde di disagio psicofisico che trovano nell'ambiente domestico il riflesso della propria reale gravità. La camera da letto diventa la fedele proiezione di uno stato d'animo, della propria sfera interiore, autosufficiente ma non per questo confortante, quattro mura in grado di contenere il mondo intero, ma nello stesso tempo di rifiutarlo, mantenendo la "pienezza" della propria completa solitudine. L'ipersensibilità verso se stessi diviene l'unica via d'uscita da una situazione di stallo che produce parestesìa, quella sorta di formicolìo, di intorpidimento, sintomo di una leggera alterazione della sensibilità creata dall'inattività motoria, dalla permanenza del corpo in una stessa posizione, come pietrificato dai pensieri e dalle sensazioni che questi generano. Nel proprio "mondo cubico" ogni insignificante dettaglio diviene parte integrante della personalità, ogni oggetto assume l'importanza di una conquista emotiva, andando ad integrarsi fisicamente col proprio corpo, come il letto, completamente fatto di bustine di the infuse, quindi the consumato, ingerito, divenuto alimento vitale indispensabile a tal punto da rivestire l'oggetto più intimo che si possiede, contenitore delle più profonde sensazioni, corporee e psicologiche. Sul comodino vi è il diario che riporta, sotto forma di cartelle cliniche annullate da un segno febbrile e da testi poetici cuciti sulle pagine stesse, un percorso, un periodo della propria vita vissuto "al culmine della disperazione", ormai passato, ma che rimane presente come segno indelebile, come ferita non cicatrizzabile e pericolosamente pronta a riversare fiotti di dolore esistenziale.
Le pareti di ogni stanza sono il ritratto stesso di chi la abita, rappresentano ciò che l'individuo vuole o semplicemente riesce a guardare o al limite sopportare. A volte la stessa tappezzeria diviene talmente familiare da diventare la "propria mente fuori da sé", l'immagine, la parola, il sogno, la sofferenza, il delirio, in una sola parola: la vita.
La Parestesia domestica è il racconto di questo rapporto con la propria camera, Tamara si rappresenta come esile creatura dalla fragile consistenza, sente l'esigenza di utilizzare due parti di sé quale materiale pittorico, una metaforica, l'altra fisica: frammenti della tappezzeria e i propri capelli. Una fusione tra gli elementi, una compenetrazione tra sé e la materia.
Ma ogni stanza, come quella di Tamara, non è solamente un cubo di specchi che riflette l'infinito della propria interiorità, senza sapere da dove si è entrati, ma ha sempre un'apertura verso "qualcosa". La finestra diviene sì un'occhio rivolto verso l'esterno, ma è un "mondo parallelo", complementare, estraneo alla completezza della propria esperienza.
Alessandro Trabucco
16
novembre 2006
Tamara Ferioli
Dal 16 novembre 2006 al 28 gennaio 2007
giovane arte
Location
GRAFICHE MARTINTYPE
San Benedetto Del Tronto, Svincolo San Benedetto Del Tronto, (Ascoli Piceno)
San Benedetto Del Tronto, Svincolo San Benedetto Del Tronto, (Ascoli Piceno)
Vernissage
16 Novembre 2006, ore 18.30
Autore