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In-sito. Paesaggio Residuo
In mostra l’opera di sette artisti intorno a un soggetto tradizionale, “il paesaggio”, per riflettere sulle alterazioni del territorio e su quanto di naturale ci sia ancora nell’ambiente, se non ai margini dell’intervento umano
Comunicato stampa
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In mostra l’opera di sette artisti intorno a un soggetto tradizionale, “il paesaggio”, per riflettere sulle alterazioni del territorio e su quanto di naturale ci sia ancora nell’ambiente, se non ai margini dell’intervento umano.
Negli ultimi anni il nostro pianeta è stato vessato da disboscamenti selvaggi, inurbamenti eccessivi quanto assurdi, sconvolgimenti radicali che hanno prodotto scompensi ecologici e che hanno messo a rischio le specie animali. Quando si parla di paesaggio solitamente si pensa alla natura, ma la natura così come noi la intendiamo ha perso la sua purezza, anche perché l’orizzonte – ormai imperante – è di fatto quello urbano. Nel XX secolo il mondo vegetale è stato contaminato da residui che negli anni sono diventati parte integrante di questo scenario, egotismo antropocentrico che agisce contro natura, logorando e destabilizzando la realtà.
Un tema obsoleto quale il paesaggio non è mai stato tanto attuale, ci permette di indagare il concetto di ecologia rispetto alla civiltà dei consumi, verso l’ultimo grado di decomposizione naturalis (il gioco di parole del titolo è sintomatico: il termine latino “in situ”, ovvero “nel luogo”, si legge “insito”, denunciando l’immanenza dell’artificialis). Il fattore umano ha letteralmente sconvolto il regno animale, vegetale e minerale, monito che è palesato da tutti gli artisti in mostra. Contrariamente all’imperversare degli ecomostri, Stefano Mandracchia riabilita il cattivo gusto e l’insolvenza dell’architettura iconica riuscendo a sdrammatizzare le zone in evidente stato di abbandono, di cui non sono almeno per una volta la causa bensì l’analgesico. In circostanze non dissimili, Andrea Galvani plagia il paesaggio con elementi estranei creando una mise en abîme che introduce motivi paradossali ma non meno plausibili. Le carcasse di shuttle, disseminati nella natura come fossero reperti archeologici, sono per Federico Del Vecchio gli effetti più visibili che l’inquinamento spaziale ha prodotto sul pianeta terra. Laura Pugno denuncia invece lo sconvolgimento ambientale che le Olimpiadi invernali e la TAV di Torino hanno procurato sul territorio piemontese, dando sfogo a una pittura gocciolante, acida non soltanto nei colori. Le sculture di Bertozzi&Casoni rivelano il degrado dell’habitat animale e le modalità con cui le specie abbiano dovuto adattarsi alle contingenze del quotidiano (non più ordinario ma straordinario, seppur in un’accezione tutt’altro che positiva). A suo modo Mauro Ceolin cerca di risolvere le in[ter]ferenze tecnologiche che si ripercuotono nella fragile struttura degli ecosistemi; attraverso la tautologia dell’arte digitale cerca cioè di sanare gli “errori di sistema” che hanno costellato il nostro recente passato, e di cui sono state vittima le Galapagos, Bhopal, Milford Haven, Urquiola, Cernobyl. I kit d’assemblaggio e i disegni in vettoriale di Carla Mattii si sostituiscono alla rigidità delle forme imposte da madre natura, offrendo soluzioni inedite che permettono all’uomo di sostituirsi ai principi della creazione. Tante e differenti proposizione che, alla resa dei conti, dimostrano come sia la natura ad essere diventata un residuo, uno scarto rispetto alla nostra civiltà, inasprendo – se ce ne fosse ancora bisogno – la frizione tra etica ed estetica.
Negli ultimi anni il nostro pianeta è stato vessato da disboscamenti selvaggi, inurbamenti eccessivi quanto assurdi, sconvolgimenti radicali che hanno prodotto scompensi ecologici e che hanno messo a rischio le specie animali. Quando si parla di paesaggio solitamente si pensa alla natura, ma la natura così come noi la intendiamo ha perso la sua purezza, anche perché l’orizzonte – ormai imperante – è di fatto quello urbano. Nel XX secolo il mondo vegetale è stato contaminato da residui che negli anni sono diventati parte integrante di questo scenario, egotismo antropocentrico che agisce contro natura, logorando e destabilizzando la realtà.
Un tema obsoleto quale il paesaggio non è mai stato tanto attuale, ci permette di indagare il concetto di ecologia rispetto alla civiltà dei consumi, verso l’ultimo grado di decomposizione naturalis (il gioco di parole del titolo è sintomatico: il termine latino “in situ”, ovvero “nel luogo”, si legge “insito”, denunciando l’immanenza dell’artificialis). Il fattore umano ha letteralmente sconvolto il regno animale, vegetale e minerale, monito che è palesato da tutti gli artisti in mostra. Contrariamente all’imperversare degli ecomostri, Stefano Mandracchia riabilita il cattivo gusto e l’insolvenza dell’architettura iconica riuscendo a sdrammatizzare le zone in evidente stato di abbandono, di cui non sono almeno per una volta la causa bensì l’analgesico. In circostanze non dissimili, Andrea Galvani plagia il paesaggio con elementi estranei creando una mise en abîme che introduce motivi paradossali ma non meno plausibili. Le carcasse di shuttle, disseminati nella natura come fossero reperti archeologici, sono per Federico Del Vecchio gli effetti più visibili che l’inquinamento spaziale ha prodotto sul pianeta terra. Laura Pugno denuncia invece lo sconvolgimento ambientale che le Olimpiadi invernali e la TAV di Torino hanno procurato sul territorio piemontese, dando sfogo a una pittura gocciolante, acida non soltanto nei colori. Le sculture di Bertozzi&Casoni rivelano il degrado dell’habitat animale e le modalità con cui le specie abbiano dovuto adattarsi alle contingenze del quotidiano (non più ordinario ma straordinario, seppur in un’accezione tutt’altro che positiva). A suo modo Mauro Ceolin cerca di risolvere le in[ter]ferenze tecnologiche che si ripercuotono nella fragile struttura degli ecosistemi; attraverso la tautologia dell’arte digitale cerca cioè di sanare gli “errori di sistema” che hanno costellato il nostro recente passato, e di cui sono state vittima le Galapagos, Bhopal, Milford Haven, Urquiola, Cernobyl. I kit d’assemblaggio e i disegni in vettoriale di Carla Mattii si sostituiscono alla rigidità delle forme imposte da madre natura, offrendo soluzioni inedite che permettono all’uomo di sostituirsi ai principi della creazione. Tante e differenti proposizione che, alla resa dei conti, dimostrano come sia la natura ad essere diventata un residuo, uno scarto rispetto alla nostra civiltà, inasprendo – se ce ne fosse ancora bisogno – la frizione tra etica ed estetica.
10
marzo 2007
In-sito. Paesaggio Residuo
Dal 10 marzo al 28 aprile 2007
arte contemporanea
Location
OTTO GALLERY
Bologna, Via D'Azeglio, 55, (Bologna)
Bologna, Via D'Azeglio, 55, (Bologna)
Orario di apertura
martedì- sabato 10:30/13:00 e 16:00/20:00
domenica e lunedì su appuntamento
Vernissage
10 Marzo 2007, ore 18.30
Autore
Curatore