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Primi contatti tra Italia e Giappone
arte e testimonianze
Comunicato stampa
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PRIMI CONTATTI tra Italia e Giappone arte e testimonianze, a cura di Mayumi S. Koyama propone opere risalenti ai secoli XVI-XVII, in cui sono avvenuti i primi scambi tra italiani, prevalentemente missionari, e giapponesi. Il contatto ha dato adito a uno stile artistico del tutto peculiare, detto nanban, caratterizzato da materiali particolari quali lacca e madreperla e dalle tipologie di opere non tradizionali e impiegato negli oggetti liturgici, mobilio e ceramica. In esposizione, dipinti eseguiti da autori giapponesi convertiti, allievi del pittore napoletano Giovanni Nicolao, illustranti il martirio dei primi cristiani in Giappone, lettere di gesuiti residenti nel Giappone dell’epoca, Organtino Gnecchi Soldo e Alessandro Valignano, un elmo nanban kabuto, armature e oggettistica varia, oltre a numerosi pannelli esplicativi e altro.
I primi occidentali a giungere in Giappone furono, nel 1543, dei naufraghi portoghesi che raggiunsero l’isola di Tanegashima nel sud del paese. In seguito a questo primo contatto e ai successivi, i giapponesi scoprirono le armi da fuoco che immediatamente cercarono di acquisire e gli occidentali, interessati al nuovo paese, cominciarono a inviare missionari cattolici portoghesi, spagnoli e italiani. I giapponesi chiamavano questi occidentali nanban-jin (lett. barbari del sud), perché giungevano dalla parte meridionale del paese. Dal periodo Azuchi-Momoyama (1568-1603) si sviluppò la moda delle novità portate dai nanban: dalle armi da fuoco alla foggia dei vestiti, dalle navi agli usi, dal tabacco al vino, dai tessuti di lana alla pelle conciata, dal vetro alle moltissime altre novità. Risalgono a questo periodo numerosi paraventi dipinti nanban-byobu che rappresentano dei buffi stranieri a contatto con la società giapponese. La curiosità per l’occidente riguardava tutti i giapponesi, militari e civili, uomini e donne, chiunque desiderava possedere un oggetto esotico occidentale, originale o copiato. Soprattutto i signori feudali cercavano a tutti i costi di accaparrarsi oggetti e materiali non reperibili in patria per rimaneggiarli: tessuti di lana, ad esempio, furono spesso impiegati per confezionare agli abiti copriarmatura jinbaori. Gli occidentali, dal canto loro, erano prodighi di doni ai signori locali, allo scopo di ingraziarseli o favorire l’evangelizzazione della zona. Tuttavia questo intenso e libero scambio non era destinato a durare a lungo. Il governo Tokugawa limitò sempre più l’ingresso degli occidentali per ridurne l’influenza religiosa che minava lo stato feudale. Nel 1639 il Paese venne completamente chiuso all’esterno, con l’unica eccezione degli olandesi, non cattolici, che poterono attraccare all’isolotto artificiale di Dejima a Nagasaki per proseguire un limitato commercio tra Europa e Giappone. Ciononostante, questo primo contatto lasciò un’impronta incancellabile nella storia e nella cultura delle due parti. In particolare è importante svelare il ruolo determinante svolto dall’Italia, come sede della cristianità, e dagli italiani. I manoscritti e gli oggetti in mostra che testimoniano la vita e gli avvenimenti di questo periodo sono infatti conservati in Italia; curiosamente in Giappone non sono quasi più presenti testimonianze di quei primi contatti a causa dei profondi mutamenti politici intervenuti nel successivo periodo Edo.
I primi occidentali a giungere in Giappone furono, nel 1543, dei naufraghi portoghesi che raggiunsero l’isola di Tanegashima nel sud del paese. In seguito a questo primo contatto e ai successivi, i giapponesi scoprirono le armi da fuoco che immediatamente cercarono di acquisire e gli occidentali, interessati al nuovo paese, cominciarono a inviare missionari cattolici portoghesi, spagnoli e italiani. I giapponesi chiamavano questi occidentali nanban-jin (lett. barbari del sud), perché giungevano dalla parte meridionale del paese. Dal periodo Azuchi-Momoyama (1568-1603) si sviluppò la moda delle novità portate dai nanban: dalle armi da fuoco alla foggia dei vestiti, dalle navi agli usi, dal tabacco al vino, dai tessuti di lana alla pelle conciata, dal vetro alle moltissime altre novità. Risalgono a questo periodo numerosi paraventi dipinti nanban-byobu che rappresentano dei buffi stranieri a contatto con la società giapponese. La curiosità per l’occidente riguardava tutti i giapponesi, militari e civili, uomini e donne, chiunque desiderava possedere un oggetto esotico occidentale, originale o copiato. Soprattutto i signori feudali cercavano a tutti i costi di accaparrarsi oggetti e materiali non reperibili in patria per rimaneggiarli: tessuti di lana, ad esempio, furono spesso impiegati per confezionare agli abiti copriarmatura jinbaori. Gli occidentali, dal canto loro, erano prodighi di doni ai signori locali, allo scopo di ingraziarseli o favorire l’evangelizzazione della zona. Tuttavia questo intenso e libero scambio non era destinato a durare a lungo. Il governo Tokugawa limitò sempre più l’ingresso degli occidentali per ridurne l’influenza religiosa che minava lo stato feudale. Nel 1639 il Paese venne completamente chiuso all’esterno, con l’unica eccezione degli olandesi, non cattolici, che poterono attraccare all’isolotto artificiale di Dejima a Nagasaki per proseguire un limitato commercio tra Europa e Giappone. Ciononostante, questo primo contatto lasciò un’impronta incancellabile nella storia e nella cultura delle due parti. In particolare è importante svelare il ruolo determinante svolto dall’Italia, come sede della cristianità, e dagli italiani. I manoscritti e gli oggetti in mostra che testimoniano la vita e gli avvenimenti di questo periodo sono infatti conservati in Italia; curiosamente in Giappone non sono quasi più presenti testimonianze di quei primi contatti a causa dei profondi mutamenti politici intervenuti nel successivo periodo Edo.
16
febbraio 2007
Primi contatti tra Italia e Giappone
Dal 16 febbraio al 20 aprile 2007
arte antica
arte etnica
arte etnica
Location
ISTITUTO GIAPPONESE DI CULTURA
Roma, Via Antonio Gramsci, 74, (Roma)
Roma, Via Antonio Gramsci, 74, (Roma)
Orario di apertura
lun-ven 9.00-12.30/13.30-18.30 merc fino alle 17.30 sab 9.30-13.00
Vernissage
16 Febbraio 2007, ore 18.30
Curatore