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Ileana Florescu – Grafie, viaggio sull’acqua
La polarizzazione dell’orizzonte che avviene nelle foto di Ileana Florescu potrebbe essere considerata un’estensione di quel punctum fotografico che Roland Barthes ha messo in evidenza in un noto saggio1: l’orizzonte diviene il principio regolatore dell’immagine ed anche il sistema di elaborazione di un pensiero visivo puntato sul vedere stesso
Comunicato stampa
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Grafie,
viaggio sull’acqua
“Nulla si raffina, tranne l'intelletto”
Oscar Wilde
Il termine fotografia ha origine da due parole greche: photos e graphia. Letteralmente quindi fotografia significa scrivere (grafia) con la luce (photos). La congiunzione insita nella scoperta della fotografia, ha proposto alla fine del XIX secolo, grazie alle ricerche di Joseph Nicéphore Niépce, la possibilità straordinaria, ed alquanto ambita nell’Arte, di porre questioni estetiche sostanziali all’interno di un nuovo contesto scientifico. La ricerca di Niépce fa convergere i risultati ottenuti da numerosi sperimentatori sia nel campo dell’ottica, con lo sviluppo della camera oscura, sia in quello della chimica, con lo studio delle sostanze fotosensibili. In questa sua realtà bipolare, la fotografia ha posto alternativamente la questione se l’ambito di scrittura (grafia e manualità) e quello della realtà (luce, automatismo) possano giungere ad una sintesi, risolvendo un’idea finale e composta del Bello incarnato nell’immagine, oppure aprire nuove questioni estetiche, in quanto complessità rinnovata dell’Arte.
La differenza tra il fotografo e l’artista che opera attraverso la fotografia è nella differente interpretazione in cui si propone questa risoluzione o contrasto. Anche davanti alla tecnologia, l’artista lascia irrisolta la dialettica perché la intende come il territorio elettivo idealizzato (e idolatrato) dalle avanguardie.
Non la risolve Ileana Florescu, che opera in un ambito strettamente fotografico, ovvero in quel cono di scrittura luminosa con un’attenzione rivolta però non soltanto alla trasparenza dell’atto del vedere, ma anche alla complessità della visione in sé, come astrazione e rivelazione del pensiero visivo. Nel lavoro di Ileana Florescu esiste una prima fase che si articola ancora secondo un processo fotomeccanico (concentrando le specificità della tecnologia digitale ad una fase successiva) seguendo un’ottica in linea con le avanguardie storiche, in cui il valore simbolico e analogico del fotografare assumevano un rilievo primario, e quindi nella consapevolezza che quell’ambito sedimentato di valori estetici, culturali e politici costituisca un portato inevitabile e fertile da potenziare, prima di lasciarlo assorbire dall’immediatezza, instaneità e manipolabilità diffusa propria del fatto digitale. Le opere di Ileana Florescu si rivolgono principalmente alla realtà esterna, al paesaggio, perché questo genere pittorico dispone di una qualità che la vita da interni (per sua natura) non offre: la profondità dell’orizzonte; lo sfumarsi della prospettiva nella profondità: ovvero la possibilità di imporci una ricerca del punto di fuga che sfonda nell’infinito.
Nel lavoro di Ileana Florescu, lo scatto fotografico è seguito da una prima fase analogica(simbolica)meccanica (di analisi) e una seconda fase ultimativa e fissativa (di sintesi) che avviene all’interno della tecnologia digitale. La fase centrale è sicuramente quella che segue quella di registrazione dell’immagine: l’icona assorbita dal reale attraverso l’occhio meccanico viene trattata dall’artista come un oggetto - una sorta di piccola scultura bidimensionale - sottoposto ad un processo di riqualificazione attraverso procedimenti diversificati che includono anche il suo sezionamento in porzioni e la successiva composizione in una forma rinnovata, o meglio ritrovata (un collage ridotto di solito all’abbinamento di due metà di immagini diverse). L’astrazione cui lo sguardo è sottoposto davanti alle opere di Ileana Florescu ha una duplice natura: proviene dalla consapevolezza di guardare qualcosa che somiglia al reale, ma in una sua versione metamorfizzata che ci impone una riflessione su ogni inganno che si cela dietro l’atto stesso del vedere. L’enigma che si presenta nella versione finale consiste nel ricomporre la strategia che l’artista ha posto in atto nella sua prima fase di lavoro, e quindi nel comprendere il sistema di montaggio che ha composto la realtà di cui ci restituisce una versione con paesaggi sospesi e cieli di foglie verdi. E’il lavoro del fotografo che non intende delegare alla post-produzione nessun protagonismo (come impone il nuovo dio Photoshop), ma anzi un ruolo marginale facendo solo uso della colla virtuale invece di quella reale come avveniva in era pre-digitale. Florescu inizia con un processo di selezione (in termini sia fisici che mentali), accentuando la divaricazione che nel paesaggio è naturalmente fissata dall’orizzonte, con un taglio di forbici che seziona e riposiziona la foto secondo una diversa interpretazione dei punti cardinali. In altre parole, le foto, una volta perso il loro tropismo verso l’alto (corrispondente al nostro vedere il mondo da una posizione eretta) -o meglio il NORD geografico- spostano l’attenzione su quell’unico vero punto di equilibrio che esiste in un paesaggio: l’orizzonte, anche quando risulta sfumato o invisibile. Nelle opere di Ileana Florescu il NORD s’incontra con il suo polo gemello al centro, creando un’immagine che ha due sud posti alle estremità superiore e inferiore dell’immagine. Gli oggetti sfidanti la gravità, invece, come in “Anatomia d’un sasso”, non subiscono nessuna forma di intervento digitale e testimoniano come la realtà ci possa offrire un trompe l’oeil naturale che solo un occhio paziente, sapiente e attento sa cogliere.
In modo più generale, come in un viaggio a fil d’acqua, i paesaggi d’acqua sono un elemento ricorrente del lavoro della Florescu anche, e forse soprattutto, per questa loro mobilità d’orizzonte l’immagine nasce da dati reali, che si modificano per affinità, per necessità dovuta alla loro possibilità di costruire un riflesso specchiante molto simile (con la medesima ricchezza di dati visivi, si direbbe nel gergo del digitale) dove il punto d’incontro costruisce una doppia realtà e non è il risultato del rispecchiamento oggettivo di una realtà esterna. I paesaggi naturali di Ileana Florescu non sono, dunque, la visione specchiata di una realtà, ma uno specchio essi stessi, nato da un rispecchiamento o capovolgimento interno, improvvisato e imprevedibile generato da una eco della immagine originaria che, per essere compreso in profondità dal nostro sguardo, ci impone un pensiero a ritroso, in retromarcia, che dall’immagine fissa davanti ai nostri occhi giunge fino alla realtà originaria (il trascorso di ogni realtà prima che la fotografia l’abbia registrata attraverso l’obiettivo), per poi rivelarci il metodo di lavoro dell’artista: un pensiero algebrico che costruisce il paesaggio rovesciandone i fattori, o scombinandoli per sottrazione o moltiplicazione parziale. Questo sguardo algebrico propone delle complessità anche su realtà più esplicite ed elementari, ovvero in quei non pochi casi in cui Ileana Florescu raccoglie il reale in modo oggettivo, senza sottoporlo ad una contraffazione visiva. Una volta installato quel pensiero matematico all’interno del nostro sguardo anche i paesaggi naturali ci paiono come un’astrazione dal vero.
La polarizzazione dell’orizzonte che avviene nelle foto di Ileana Florescu potrebbe essere considerata un’estensione di quel punctum fotografico che Roland Barthes ha messo in evidenza in un noto saggio1: l’orizzonte diviene il principio regolatore dell’immagine ed anche il sistema di elaborazione di un pensiero visivo puntato sul vedere stesso.
Questo processo di sintesi dell’informazione visiva nasce storicamente in pittura proprio parallelamente alla nascita della fotografia, alla fine dell’ottocento. Quella prima rivoluzione, nasce nominalmente (e ovviamente non solamente) attorno ad un quadro di Monet, Impression, soleil levant (1872) ed è la sintesi tra contrasti di luci e di ombre, tra esterni ed interni, colori forti, vividi raccolti in diretta, en plein air (e l’invenzione necessaria delle tele portatili e dei tubetti di colore ad olio) e la vecchia retorica dell’ispirazione nello studio dei pittori romantici.
Il riferimento a Monet però è sostanziale per questo nuovo ciclo di opere di Ileana Florescu, perché dell’artista parigino le Grafie di Florescu richiamano alla mente il noto ciclo delle Ninfée, ovvero le opere più significative della sua opera realizzate poco prima della morte.
Gli ultimi anni della vita di Monet sono dedicati esclusivamente alla realizzazione di quadri che raffigurano le Ninfée del suo giardino a Giverny. Quelle opere (oltre duecento dipinti) sono precedute da una serie di lutti gravissimi che inevitabilmente condizionano la filosofia visiva dell’artista francese: il 19 maggio 1911 muore la moglie Alice; l’1 febbraio 1914 perde anche il figlio Jean; la figliastra Blanche si stabilisce con Monet nella casa di Giverny che però dispone ora di uno studio più grande, adatto a contenere i grandi pannelli con la rappresentazione delle Ninfée del suo giardino.
"Lavoro tutto il giorno a queste tele, me le passano una dopo l'altra. Nell'atmosfera riappare un colore che avevo scoperto ieri e abbozzato su una delle tele. Immediatamente il dipinto mi viene dato e cerco il più rapidamente possibile di fissare in modo definitivo la visione, ma di solito essa scompare rapidamente per lasciare al suo posto a un altro colore già registrato qualche giorno prima in un altro studio, che mi viene subito posto innanzi; e si continua così tutto il giorno".
Nel 1920 Monet offre allo Stato francese dodici grandi tele di Ninfée, lunga ciascuna circa quattro metri, che verranno sistemate all’Orangerie delle Tuileries e al Musée Marmottan. Nel 1925 scrive:
"Non dormo più per colpa loro di notte sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo la mattina rotto di fatica; dipingere è così difficile e torturante. L'autunno scorso ho bruciato sei tele insieme con le foglie morte del giardino. Ce n'è abbastanza per disperarsi. Ma non vorrei morire prima di aver detto tutto quel che avevo da dire; o almeno aver tentato. E i miei giorni sono contati".
Quella fatica del dipingere nasce da una ricerca verso una nuova sintesi. Il naturalismo delle Ninfée si trasforma in una sorta di simbolismo cosmico molto più vicino all’arte astratta che non all’antefatto impressionista. Nel corso della sua meditazione sulle Ninfée, Monet giunse ad alcune innovazioni pittoriche del tutto straordinarie, tra cui la perfetta aderenza o equivalenza tra la superficie dell'acqua e la superficie delle tele. Monet ampliò lateralmente le dimensioni delle sue tele, fino a riempire completamente il campo visivo, incurvando i quadri, e infine, nelle due sale dell'Orangerie a Parigi immergendo l’osservatore in una vegetazione a filo d’acqua.
Quelle Ninfée quindi hanno la totalità, che è nella Natura, e non soltanto della Natura: in altre parole producono una modificazione della relazione con il mondo, che riguarda l’ambito sensoriale e percettivo dell’artista come dell’osservatore. Questo le ha rese un punto di riferimento per molti pittori. Raramente per i fotografi, soprattutto nei casi in cui la fotografia ricerca questa stessa fenomenologia del processo del vedere e non si propone semplicemente come enciclopedia del visibile.
Le Grafie di Ileana Florescu raccontano un viaggio ideale percorso tra gli anni 2003-2006, tra Mount Desert Island (Maine, USA) e Capo Ceraso (Sardegna), in cui la vegetazione si scioglie nell’acqua e si propone in termini mitologici come una sposa delle acque (secondo l’accezione etimologica del termine ninfea), aggiungendo al percorso topologico prodotto dall’arte attorno a queste creature senza fissa dimora uno sguardo a fior d’acqua, o meglio a fior di specchio, in quanto sono segni che restano incisi sulla superficie di uno schermo che pur davanti a noi fatichiamo a penetrare, se non a costo di un percorso mentale che riorizzonti continuamente il percorso intuitivo, visivo, sensoriale. Il pensiero solido della fotografia quindi incide in trasparenza, come una calligrafia, quanto originariamente s’intendeva fluttuante e morbido, tanto da liberare la pittura. Ma con una pari abilità a liberare il pensiero, e lo sguardo, dai confini geometrici del mondo.
Angelo Capasso
09
marzo 2007
Ileana Florescu – Grafie, viaggio sull’acqua
Dal 09 marzo al 09 aprile 2007
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ARMORY ARTE
Perugia, Corso Pietro Vannucci, 30, (Perugia)
Perugia, Corso Pietro Vannucci, 30, (Perugia)
Vernissage
9 Marzo 2007, ore 18
Autore
Curatore