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Jonathan Guaitamacchi
Quale meraviglia riempie occhi e cuore di chi sorvola New York, per la prima volta, di notte!
Comunicato stampa
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Quale meraviglia riempie occhi e cuore di chi sorvola New York, per la prima volta, di notte !
Lo stesso stupore colma il vuoto che si crea dentro, quando l’aereo plana per atterrare, lasciando spazio solo al pensiero di quanto sia grande l’Essere Umano quando crea.
Si comprende perché certe città abbiano stregato, e streghino ancora, le visionarie menti degli artisti…“ Guardai le strade, le luci abbaglianti e gli edifici imponenti di New York. Fu in quella occasione che concepii Metropolis..” (Fritz Lang)
Jonathan Guaitamacchi ha avuto queste visioni. I suoi sono racconti rubati in sogno e riportati sulla tela. Il suo dipingere ossessivamente vedute di città dall’alto o da più punti di vista, come in una regia, sembra sgorgare da un inconscio lontano e “pre-vitale”. Le sue vedute sono ricche dello stesso delicato e forte intimismo delle - altrettanto ossessive - “Nature Morte” di Giorgio Morandi.
Attraverso la narrazione in bianco e nero, Guaitamacchi tenta di riappropriarsi di luoghi già suoi, carichi di forti significati personali, “quasi dei “varchi” – dice – “legati ad emozioni e ricordi antichi ed inspiegabili”… forse abitati in qualche precedente Vita (?).
Aiuta ad accentuare quel senso di perdita e di oblio, che il Tempo inevitabilmente comporta, il dripping, che usa nella serie “Target” o “Londra”, come se, persino il colore, fosse destinato a scomparire insieme alla memoria di quei luoghi.
In un estremo tentativo di cogliere queste sue “ossessive visioni”, inserisce schizzi di progetti ai lati della tela o scritte che ne solcano i cieli bianchi o sovrastano le immagini, come una voce narrante fuori campo.
Benché s’ispiri a metropoli esistenti e vissute personalmente, Milano, Johannesburg, Londra, quelli che dipinge sono luoghi possibili solo sulla tela. Non sono vivibili.
Le sue, diventano “città della mente”, appartenenti ad un passato ben radicato in qualche angolo della sua anima, pur senza un effettivo e lucido ricordo. Sono solo un ”ovunque” perso nel labirinto dei suoi sogni. Nessuna di queste è, infatti, riconoscibile.
Tranne Londra - sua città natale - grazie a quella bianca lingua che rappresenta il Tamigi che scorre lunga da un lontanissimo orizzonte, benché più simile ad un fiume Amazzonico, insidioso ma ricco di antiche energie sommerse.
Navigando quel fiume con lo sguardo, ci si aspetta da un momento all’altro l’apparizione di una cascata immensa - forse proprio quel dripping - o di rapide che segnano il limite ultimo di ogni viaggio di scoperta. Ma pochi sono gli animi visionari e ribelli che vivono inseguendo un Sogno, come il “Fitzcarraldo” di Herzog, pronti ad issare, contro tutto e tutti, la (loro) nave sulla montagna per aggirare le rapide.
Il prezzo è il non ritorno,forse. O, forse, il non ritorno è proprio non provarci nemmeno.
Claudio Composti.
Lo stesso stupore colma il vuoto che si crea dentro, quando l’aereo plana per atterrare, lasciando spazio solo al pensiero di quanto sia grande l’Essere Umano quando crea.
Si comprende perché certe città abbiano stregato, e streghino ancora, le visionarie menti degli artisti…“ Guardai le strade, le luci abbaglianti e gli edifici imponenti di New York. Fu in quella occasione che concepii Metropolis..” (Fritz Lang)
Jonathan Guaitamacchi ha avuto queste visioni. I suoi sono racconti rubati in sogno e riportati sulla tela. Il suo dipingere ossessivamente vedute di città dall’alto o da più punti di vista, come in una regia, sembra sgorgare da un inconscio lontano e “pre-vitale”. Le sue vedute sono ricche dello stesso delicato e forte intimismo delle - altrettanto ossessive - “Nature Morte” di Giorgio Morandi.
Attraverso la narrazione in bianco e nero, Guaitamacchi tenta di riappropriarsi di luoghi già suoi, carichi di forti significati personali, “quasi dei “varchi” – dice – “legati ad emozioni e ricordi antichi ed inspiegabili”… forse abitati in qualche precedente Vita (?).
Aiuta ad accentuare quel senso di perdita e di oblio, che il Tempo inevitabilmente comporta, il dripping, che usa nella serie “Target” o “Londra”, come se, persino il colore, fosse destinato a scomparire insieme alla memoria di quei luoghi.
In un estremo tentativo di cogliere queste sue “ossessive visioni”, inserisce schizzi di progetti ai lati della tela o scritte che ne solcano i cieli bianchi o sovrastano le immagini, come una voce narrante fuori campo.
Benché s’ispiri a metropoli esistenti e vissute personalmente, Milano, Johannesburg, Londra, quelli che dipinge sono luoghi possibili solo sulla tela. Non sono vivibili.
Le sue, diventano “città della mente”, appartenenti ad un passato ben radicato in qualche angolo della sua anima, pur senza un effettivo e lucido ricordo. Sono solo un ”ovunque” perso nel labirinto dei suoi sogni. Nessuna di queste è, infatti, riconoscibile.
Tranne Londra - sua città natale - grazie a quella bianca lingua che rappresenta il Tamigi che scorre lunga da un lontanissimo orizzonte, benché più simile ad un fiume Amazzonico, insidioso ma ricco di antiche energie sommerse.
Navigando quel fiume con lo sguardo, ci si aspetta da un momento all’altro l’apparizione di una cascata immensa - forse proprio quel dripping - o di rapide che segnano il limite ultimo di ogni viaggio di scoperta. Ma pochi sono gli animi visionari e ribelli che vivono inseguendo un Sogno, come il “Fitzcarraldo” di Herzog, pronti ad issare, contro tutto e tutti, la (loro) nave sulla montagna per aggirare le rapide.
Il prezzo è il non ritorno,forse. O, forse, il non ritorno è proprio non provarci nemmeno.
Claudio Composti.
12
aprile 2007
Jonathan Guaitamacchi
Dal 12 aprile al 12 maggio 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA CA’ DI FRA’
Milano, Via Carlo Farini, 2, (Milano)
Milano, Via Carlo Farini, 2, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 10-13 e 15-19
Vernissage
12 Aprile 2007, ore 18
Autore