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Maurizio Dusio
personale
Comunicato stampa
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Maurizio Dusio espone da più di vent’anni.
Egli domina con padronanza perfetta la tecnica sia in pittura che in scultura e ceramica, conoscenza mutuata dalla conoscenza dell’antichità.
La cera, la fuliggine, a volte mischiata al bitume, concorrono a far nascere un mondo in bianco e nero, talvolta dall’aspetto di vecchie foto virate in seppia.
Con i semplici medium della fuliggine e della cera calda, Dusio dipinge sia paesaggi che composizioni puramente astratte.
Le sculture in terra cotta o in bronzo ridonano a questo universo ricomposto le figure androgine che
lo abitano.
Dall’oscurità emergono visi, spiagge, nubi, mari, città ed alberi che, allo sguardo francese, si rivelano di una incosciente parentela con l’universo di Eugène Carrière.
Convergenza da non ricercarsi all’interno dei temi quanto nel loro immaginario e nella loro oggettività. Elemento comune è la tensione verso la monocromia.
Soprattutto ambedue si sforzano di afferrare ciò che sfugge, l’essenza, lo spirito delle cose immutabili.
Afferrare un attimo di eternità, questa la sua ossessione.
E Dusio ha scelto di fissare questa in temporalità avvalendosi della materia la più fugace, la più effimera che ci sia : il nero fumo.
La più conturbante, perché essa stessa è al contempo materia dell’apocalisse.
L’inizio e la fine, la cenere, la polvere, la nuvola, ciò che si eleva, ricade e ricopre, quel che si perde
e ciò che seppellisce . La plasticità della materia permette il rimando ad una grande varietà di
significati.
Fluidità del senso, fluidità dei materiali: le sue opere rinviano a Bergson, un Bergson che, la fine delle certezze, a reso più poeta che filosofo. Ma l’artista si appropria delle forme produttrici di senso, significazioni che i concetti del filosofo faticano a conchiudere.
I paesaggi ed i personaggi calcinati di Dusio portano le stigmate di una Europa dal passato incendiario di cui ha velato le rovine annerite.
L’artista può rivivere il passato che sta scomparendo se ha avuto uno stretto contatto con la generazione passata, con i luoghi della memoria che sono le dimore ancestrali, i villaggi conservati.
Abitare la vecchia scuola del paese, recuperare i vecchi muri di un’antica casa dove persiste l’impronta di lavori immemorabili del luogo, prendere possesso di una fabbrica dimessa di mattoni,
assistere al restauro di una basilica dove tutte le famiglie del luogo hanno apportato il loro concorso grazie al loro lavoro di falegnami muratori, scultori, dove i drammi personali sono inscritti negli
ex voto conservati.
C’è come una la presenza avvincente di generazioni passate, delle loro speranze, miserie, e dei loro morti che abitano l’inconscio dell’artista.
Ma Dusio non è semplice ricettore di un passato, è anzi quello che trasforma i ricordi in progetto, che resuscita l’antico nel nuovo, che crea un futuro, che si fa veggente.
Il bianco ed il nero generano senso ai loro margini grigi, a volte ceneri vulcaniche e bitumi dell’arca di Noè …
Da quale diluvio e da quale apocalisse siamo minacciati ?
Dietro qualche albero, in un dipinto, Dusio lascia intravedere il bagliore che nasce dalla terra.
Quella di una eruzione, di un’aurora, di un incendio ?
Davanti a queste città divorate da scure nuvole, scorre il ricordo di Dresda sull’Elba o l’inquietudine sui porti di Genova o Napoli od ancora a Firenze sull’Arno.
Le luci, il calore, le città, tutto veicola senso multiplo e complesso, rassicurante e minaccioso.
Quella è la libertà.
Le radici di Maurizio Dusio servono per elevare i suoi lavori verso l’alto, verso il futuro.
I villaggi divengono città, l’istante, eternità.
La sua opera è , prima e dopo, succede alle rovine del XX secolo, come precorre nuove ricadute,
altre eruzioni, altri diluvi.
E di fronte a tutto ciò, l’artista afferma la sua libertà.
Yvon Birster
Egli domina con padronanza perfetta la tecnica sia in pittura che in scultura e ceramica, conoscenza mutuata dalla conoscenza dell’antichità.
La cera, la fuliggine, a volte mischiata al bitume, concorrono a far nascere un mondo in bianco e nero, talvolta dall’aspetto di vecchie foto virate in seppia.
Con i semplici medium della fuliggine e della cera calda, Dusio dipinge sia paesaggi che composizioni puramente astratte.
Le sculture in terra cotta o in bronzo ridonano a questo universo ricomposto le figure androgine che
lo abitano.
Dall’oscurità emergono visi, spiagge, nubi, mari, città ed alberi che, allo sguardo francese, si rivelano di una incosciente parentela con l’universo di Eugène Carrière.
Convergenza da non ricercarsi all’interno dei temi quanto nel loro immaginario e nella loro oggettività. Elemento comune è la tensione verso la monocromia.
Soprattutto ambedue si sforzano di afferrare ciò che sfugge, l’essenza, lo spirito delle cose immutabili.
Afferrare un attimo di eternità, questa la sua ossessione.
E Dusio ha scelto di fissare questa in temporalità avvalendosi della materia la più fugace, la più effimera che ci sia : il nero fumo.
La più conturbante, perché essa stessa è al contempo materia dell’apocalisse.
L’inizio e la fine, la cenere, la polvere, la nuvola, ciò che si eleva, ricade e ricopre, quel che si perde
e ciò che seppellisce . La plasticità della materia permette il rimando ad una grande varietà di
significati.
Fluidità del senso, fluidità dei materiali: le sue opere rinviano a Bergson, un Bergson che, la fine delle certezze, a reso più poeta che filosofo. Ma l’artista si appropria delle forme produttrici di senso, significazioni che i concetti del filosofo faticano a conchiudere.
I paesaggi ed i personaggi calcinati di Dusio portano le stigmate di una Europa dal passato incendiario di cui ha velato le rovine annerite.
L’artista può rivivere il passato che sta scomparendo se ha avuto uno stretto contatto con la generazione passata, con i luoghi della memoria che sono le dimore ancestrali, i villaggi conservati.
Abitare la vecchia scuola del paese, recuperare i vecchi muri di un’antica casa dove persiste l’impronta di lavori immemorabili del luogo, prendere possesso di una fabbrica dimessa di mattoni,
assistere al restauro di una basilica dove tutte le famiglie del luogo hanno apportato il loro concorso grazie al loro lavoro di falegnami muratori, scultori, dove i drammi personali sono inscritti negli
ex voto conservati.
C’è come una la presenza avvincente di generazioni passate, delle loro speranze, miserie, e dei loro morti che abitano l’inconscio dell’artista.
Ma Dusio non è semplice ricettore di un passato, è anzi quello che trasforma i ricordi in progetto, che resuscita l’antico nel nuovo, che crea un futuro, che si fa veggente.
Il bianco ed il nero generano senso ai loro margini grigi, a volte ceneri vulcaniche e bitumi dell’arca di Noè …
Da quale diluvio e da quale apocalisse siamo minacciati ?
Dietro qualche albero, in un dipinto, Dusio lascia intravedere il bagliore che nasce dalla terra.
Quella di una eruzione, di un’aurora, di un incendio ?
Davanti a queste città divorate da scure nuvole, scorre il ricordo di Dresda sull’Elba o l’inquietudine sui porti di Genova o Napoli od ancora a Firenze sull’Arno.
Le luci, il calore, le città, tutto veicola senso multiplo e complesso, rassicurante e minaccioso.
Quella è la libertà.
Le radici di Maurizio Dusio servono per elevare i suoi lavori verso l’alto, verso il futuro.
I villaggi divengono città, l’istante, eternità.
La sua opera è , prima e dopo, succede alle rovine del XX secolo, come precorre nuove ricadute,
altre eruzioni, altri diluvi.
E di fronte a tutto ciò, l’artista afferma la sua libertà.
Yvon Birster
14
aprile 2007
Maurizio Dusio
Dal 14 aprile al 24 maggio 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA ZAION – LANIFICIO PRIA
Biella, Salita Di Riva, 3, (Biella)
Biella, Salita Di Riva, 3, (Biella)
Orario di apertura
dal mercoledì al venerdì 16.30-19.30; festivi su app.
Vernissage
14 Aprile 2007, ore 18-21
Autore