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Endre Rozsda – Tracce di Memoria
Un viaggio intorno all’umanità del ’56 attraverso i disegni di uno dei più celebrati artisti del ‘900 ungherese
Comunicato stampa
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Dopo la mostra del 2004, l’arte di Endre Rozsda, uno tra i più celebri pittori del ‘900 ungherese, torna in Italia con una esposizione di opere grafiche di grande valore artistico e sociale: disegni a matita realizzati durante gli anni ’50, sotto il Comunismo sovietico, che rappresentano la vita pubblica ufficiale e non ufficiale. E che rendono immortali e carichi di significato i volti, i luoghi e i gesti della quotidianità, nell’intento di esprimere quel desiderio di normalità che nel 1956 è esploso, come una forza elementare, nella rivoluzione popolare. Schizzi, bozze, note visuali: i disegni, che Rozsda aveva conservato nel suo diario di lavoro senza un ordine preciso, si possono raggruppare secondo gli ambienti tipici della vita sotto il regime, come il tribunale, l’ospedale, il caffè letterario, la sala da concerto, le terme, le riunioni politiche, la campagna.
Nei suoi disegni Rozsda analizza gli uomini e gli oggetti in modo particolarmente realistico. E’ di questo periodo la produzione di ritratti a carboncino e nature morte. In questa fase l’artista si preoccupa di imprimere le caratteristiche figurative fondamentali di ciascuno dei suoi modelli, siano essi sconosciuti o familiari. E’ questo che lo spinge alla dovizia di particolari con cui rappresenta, ad esempio, il mondo agricolo ungherese, dove le contadine vengono raffigurate in ogni minimo dettaglio.
La vena surrealista di Rozsda emerge invece nella descrizione di volti e figure, come nei disegni ambientati nel Tribunale, al fine di dar vita artistica a giudici, membri della giuria, accusati e testimoni.
Nei suoi schizzi Roszda offre un elemento che sembra assente nelle sue tele o che, se pure lo si intuisce, è nascosto a un primo sguardo: l'umorismo. L’artista riesce a trasformare, nella sapienza del tratto grafico, attraverso questa sottile arte, gli aspetti della realtà che cadono sotto il suo sguardo. Riesce a spingersi al limite estremo, dove piacere e dolore, riso e paura si toccano.
In occasione del 50° anniversario della rivoluzione ungherese, nel 2006 l’OSA (Open Social Archives) di Budapest ha scelto di riportare in una pubblicazione, insieme a questo straordinario patrimonio di opere grafiche fino ad allora mai presentato al pubblico, le interviste dei rifugiati ungheresi realizzate nel 1957 e 1958 nell’ambito del CURPH (Columbia Research Project Hungary): una sorta di diario scritto e visuale, che racconta e ritrae la vita di tutti i giorni negli anni ’50. L’idea era di combinare la testimonianza orale dei rifugiati con la testimonianza pittorica di un’artista della stessa epoca, che aveva vissuto la medesima esperienza. Rozsda era stato infatti costretto a lasciare l’Ungheria nel 1956, a seguito della repressione della rivoluzione, così come almeno duecentomila cittadini ungheresi scelsero di fuggire e crearsi una nuova vita all’estero. Erano in assoluto i primi a portare fuori dall’Ungheria una testimonianza della rivoluzione, ma anche, e soprattutto, della vita sotto il regime Comunista. I rifugiati ungheresi avevano visto con i loro occhi qualcosa di straordinario per l’epoca: il popolo aveva rovesciato in un soffio un regime da sempre ritenuto incrollabile. Gli occidentali speravano così che i racconti e le testimonianze degli ungheresi avrebbero rivelato il meccanismo occulto dello Stalinismo, e il mistero del suo collasso.
Più di seicento interviste sono state realizzate, in Europa e negli Stati Uniti. Le interviste erano basate su un dettagliato questionario realizzato da sociologi ed esperti di sondaggi. A quei tempi queste discipline non erano molto sviluppate. Tuttavia, alcuni specialisti di questo settore unirono le risorse per la realizzazione del progetto: Henry Roberts e Paul Zinner, precursori di “Kremlinology”, e i sociologi e filosofi della scuola di Francoforte, Siegfried Kracauer e Paul Lazarsfeld. I ricercatori non limitarono la ricerca agli eventi della rivoluzione. Centinaia di domande sui dettagli della vita quotidiana, lo stile di vita, le condizioni di lavoro, i mutamenti sociali, gli sviluppi culturali, i cambiamenti nella morale e nell’opinione pubblica, ideologia e dottrina, religione e sopravvivenza dei valori tradizionali. In sintesi, la condizione umana sotto il regime totalitario.
Il contributo pittorico di Rozsda nella realizzazione di questo documento si colloca sullo stesso piano delle interviste a personaggi ungheresi celebri: intellettuali, artisti come Zoltán Benko, prigioniero di un campo di concentramento, il poeta György Faludy (recentemente scomparso all’età di 96 anni), il compositore di musica leggera Imre Gordon, Tamás Aczélil, disilluso scrittore stalinista che divenne importante cronista della rivoluzione, il regista Istán Erdélyi, che diresse il primo film documentario sulla rivoluzione presentato in Occidente.
Nei suoi disegni Rozsda analizza gli uomini e gli oggetti in modo particolarmente realistico. E’ di questo periodo la produzione di ritratti a carboncino e nature morte. In questa fase l’artista si preoccupa di imprimere le caratteristiche figurative fondamentali di ciascuno dei suoi modelli, siano essi sconosciuti o familiari. E’ questo che lo spinge alla dovizia di particolari con cui rappresenta, ad esempio, il mondo agricolo ungherese, dove le contadine vengono raffigurate in ogni minimo dettaglio.
La vena surrealista di Rozsda emerge invece nella descrizione di volti e figure, come nei disegni ambientati nel Tribunale, al fine di dar vita artistica a giudici, membri della giuria, accusati e testimoni.
Nei suoi schizzi Roszda offre un elemento che sembra assente nelle sue tele o che, se pure lo si intuisce, è nascosto a un primo sguardo: l'umorismo. L’artista riesce a trasformare, nella sapienza del tratto grafico, attraverso questa sottile arte, gli aspetti della realtà che cadono sotto il suo sguardo. Riesce a spingersi al limite estremo, dove piacere e dolore, riso e paura si toccano.
In occasione del 50° anniversario della rivoluzione ungherese, nel 2006 l’OSA (Open Social Archives) di Budapest ha scelto di riportare in una pubblicazione, insieme a questo straordinario patrimonio di opere grafiche fino ad allora mai presentato al pubblico, le interviste dei rifugiati ungheresi realizzate nel 1957 e 1958 nell’ambito del CURPH (Columbia Research Project Hungary): una sorta di diario scritto e visuale, che racconta e ritrae la vita di tutti i giorni negli anni ’50. L’idea era di combinare la testimonianza orale dei rifugiati con la testimonianza pittorica di un’artista della stessa epoca, che aveva vissuto la medesima esperienza. Rozsda era stato infatti costretto a lasciare l’Ungheria nel 1956, a seguito della repressione della rivoluzione, così come almeno duecentomila cittadini ungheresi scelsero di fuggire e crearsi una nuova vita all’estero. Erano in assoluto i primi a portare fuori dall’Ungheria una testimonianza della rivoluzione, ma anche, e soprattutto, della vita sotto il regime Comunista. I rifugiati ungheresi avevano visto con i loro occhi qualcosa di straordinario per l’epoca: il popolo aveva rovesciato in un soffio un regime da sempre ritenuto incrollabile. Gli occidentali speravano così che i racconti e le testimonianze degli ungheresi avrebbero rivelato il meccanismo occulto dello Stalinismo, e il mistero del suo collasso.
Più di seicento interviste sono state realizzate, in Europa e negli Stati Uniti. Le interviste erano basate su un dettagliato questionario realizzato da sociologi ed esperti di sondaggi. A quei tempi queste discipline non erano molto sviluppate. Tuttavia, alcuni specialisti di questo settore unirono le risorse per la realizzazione del progetto: Henry Roberts e Paul Zinner, precursori di “Kremlinology”, e i sociologi e filosofi della scuola di Francoforte, Siegfried Kracauer e Paul Lazarsfeld. I ricercatori non limitarono la ricerca agli eventi della rivoluzione. Centinaia di domande sui dettagli della vita quotidiana, lo stile di vita, le condizioni di lavoro, i mutamenti sociali, gli sviluppi culturali, i cambiamenti nella morale e nell’opinione pubblica, ideologia e dottrina, religione e sopravvivenza dei valori tradizionali. In sintesi, la condizione umana sotto il regime totalitario.
Il contributo pittorico di Rozsda nella realizzazione di questo documento si colloca sullo stesso piano delle interviste a personaggi ungheresi celebri: intellettuali, artisti come Zoltán Benko, prigioniero di un campo di concentramento, il poeta György Faludy (recentemente scomparso all’età di 96 anni), il compositore di musica leggera Imre Gordon, Tamás Aczélil, disilluso scrittore stalinista che divenne importante cronista della rivoluzione, il regista Istán Erdélyi, che diresse il primo film documentario sulla rivoluzione presentato in Occidente.
19
aprile 2007
Endre Rozsda – Tracce di Memoria
Dal 19 aprile al 19 maggio 2007
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ISTITUTO BALASSI – ACCADEMIA D’UNGHERIA – PALAZZO FALCONIERI
Roma, Via Giulia, 1, (Roma)
Roma, Via Giulia, 1, (Roma)
Orario di apertura
da Lunedì a Venerdì 10.00-19.30, Sabato 16.30 - 19.30 (domenica chiuso)
Vernissage
19 Aprile 2007, ore 19
Autore
Curatore