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Solakov | Whettnall | Cecchini
tre personali
Comunicato stampa
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Galleria Continua è lieta di ospitare nei suoi spazi espositivi Wrong Material, una nuova mostra personale dell’artista bulgaro Nedko Solakov.
Entrato ormai di diritto nell’establishment artistico internazionale, Solakov si muove tra i più importanti eventi espostivi destando ogni volta col suo lavoro, finemente ironico e provocatorio, curiosità e clamore. Chi non ricorda, infatti, la sua partecipazione alla 49° Biennale di Venezia con ‘A Life (Black & White)’, la stanza ininterrottamente tinteggiata di bianco e di nero; o ancora l’opera presenta all’ultima Biennale di Venezia, ‘Discussion (Property)’, 2007. Qui l’attenzione è catturata da un kalashnikov appeso al muro: attraverso video, parole e disegni Solakov racconta e indaga l’ormai annosa diatriba tra Ex Unione Sovietica e Bulgaria per la produzione e la vendita dei kalashnikov. Ma l’esempio decisamente più emblematico ce lo regala la più recente partecipazione a Documenta 12. Kassel dedica ampio spazio all’artista invitandolo ad esporre ‘Fears’, un gruppo di 99 disegni e un’opera storica, ‘Top Secret’ (1989-90), un’installazione costituita da una ricca documentazione –carteggi, oggetti, disegni- attraverso i quali l’artista dichiara la sua collaborazione con la polizia segreta bulgara durata fino al 1983.
Se nel 2005 con ‘Dead-lock stories’ , un percorso narrativo animato da creature minuscole e storie surreali, l’intervento di Solakov a San Gimignano si concentrava nello spazio dedicato ai progetti site specific di durata annuale, in questa nuova occasione espositiva l’intento progettuale si moltiplica e si amplia andando ad occupare, con una serie di nuove opere scultoree e installative, l’intero spazio della galleria.
Per il primo piano Solakov commissiona la produzione di 7 sculture da realizzarsi con materiali diversi (terracotta, alabastro, metallo, mattoni, giornali). L’artista decide quali debbano essere gli oggetti, li disegna e ne sceglie la collocazione nello spazio sottraendosi però volutamente alla fase produttiva, per la quale delega invece la moglie e la galleria. In questo modo, Solakov, rinuncia al controllo sull’oggetto così da stabilire con queste sculture il distacco necessario per potersi, in un secondo momento, nuovamente relazionare in modo immediato e spontaneo, quasi fossero dei ready made. L’opera prende forma finita esattamente in questa fase quando la scultura, lo spazio che l’accoglie e le sensazioni e lo stato d’animo contingente dell’artista confluiscono in un’unica direzione dando vita ad una storia.
‘I Love Them’, la grande installazione che Solakov concepisce espressamente per la platea al piano inferiore della galleria ricrea quella atmosfera magica, buia e silenziosa tipica di una sala cinematografica durante la proiezione. Sette postazioni video non sincronizzate e allestite con modalità diverse (dai grandi schermi, alle proiezioni a parete, a quelle sospese, al plasma ed altro) si collocano nello spazio creando un avvicendarsi di punti di luce e di colore che appaiono e scompaiono. La lettura dell’opera si coglie nella sua dimensione più ampia, ovvero nella visione simultanea delle 7 proiezioni. Ciascuna proiezione rappresenta idealmente un film, o più precisamente, la sensazione che l‘artista ha provato nel vedere un certo passaggio di quel film. I film sono appunto sette scelti da Solakov, come preferiti, tra un’ampia filmografia di cui è appassionato cultore e sono: ‘Le luci della città’, ‘Il grande Lebowski’, ‘Rocco Flickt Rio’, ‘I sette Samurai’, ‘Fawlty Towers’, ‘Amadeus’ e ‘Amarcord’.
In concomitanza della personale ‘Wrong Material’ Nedko Solakov interviene al Castello di Ama. La prestigiosa collezione del Castello di Ama per l’Arte Contemporanea –un progetto nato nel 2000 in collaborazione con Galleria Continua- si arricchisce dunque con ‘Amadoodles’ di una nuova, l’ottava, installazione permanente. Per informazioni: Castello di Ama per l’Arte Contemporanea, tel. 0577 746031, info@castellodiama.com.
Sin dai primi anni Novanta Nedko Solakov (nato a Tcherven Briag nel 1957, Bulgaria; vive a Sofia) ha partecipato a numerose esposizioni sia in Europa che negli Stati Uniti.
Il suo lavoro è stato presentato a Aperto ‘93 (Biennale di Venezia); alla 48°, 49°, 50° e 52° Biennale di Venezia; alla 3°, 4° e 9° Biennale di Istanbul; a São Paulo ‘94; a Manifesta 1, Rotterdam; alla 2° and 4° Biennale di Gwangju; alla 5° Biennale di Lyon, a Sonsbeek 9, Arnhem, alla 4° and 5° Biennale di Cetinje e alla prima Biennale di Lodz, alla 7° Biennale di Sharjah, Emirati Arabi, alla 3° Biennale di Tirana, alla 2° Biennale di Siviglia, alla 2° Biennale di Mosca, a Documenta 12. Recentemente ha avuto mostre personali al Museu do Chiado, Lisbona; De Appel, Amsterdam; CCA Kitakyushu, Giappone; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, Israel Museum, Gerusalemme e al Centre d’Art Santa Monica, Barcelona e alla Kunsthaus di Zurigo.
Nel 2003-2005 un’ampia mostra personale "A 12 1/3 (and even more) Year Survey" è stata presentata al Casino Luxembourg, Rooseum Malmoe e O.K Centrum Linz.
Prossima personale in programma: ‘A Group Show’, 29 settembre 17 novembre, Galleria Massimo Minini, Brescia.
_______________________________________________
Galleria Continua ha il piacere di annunciare la prima mostra personale italiana dell’artista belga Sophie Whettnall (Bruxelles, 1973).
Nonostante la giovane età Sophie Whettnall ha già avuto modo di presentare il suo lavoro in mostre personali e collettive a New York, Madrid, Barcellona (The Video Art Foundation), Londra (ICA), Toronto (Video Underground Zero), Parigi, Anversa, Atene, Santiago de Compostela. Selezionata da Robert Storr per la 52° edizione della Biennale di Venezia espone ‘Shadow boxing’, un video realizzato nel 2004. Il film, girato in 16mm e riversato su DVD, offre l’immagine di una giovane donna che, impassibile e immobile eccetto qualche lieve movimento che si coglie negli occhi, viene ripetutamente quasi sfiorata dai pugni di un boxer. Una sorta di duello metaforico giocato sulla rappresentazione di una violenza implicita ma non esibita. In questo, come in molti altri suoi lavori, la Whettnall riflette sui rapporti interpersonali, sulla definizione di identità individuale in relazione all’altro, sul problema della comunicazione ma anche su quello sottile della percezione.
A partire dalla fine degli anni ’90 il lavoro di Sophie Whettnall si sviluppa seguendo due tematiche principali. La prima, l’autoritratto e la performance; la seconda il paesaggio.
La video camera è lo strumento con cui documenta i suoi viaggi, con cui si racconta, con cui riprende paesaggi che trasforma in paesaggi emozionali. Le sue opere -video, fotografie, video installazioni- si esprimo nella prospettiva dell’autobiografismo rimanendo costantemente sospese tra realismo e astrazione, tra rappresentazione del reale e creazione, tra movimento e staticità.
La Whettnall interviene nello spazio dell’Arco dei Becci con la video installazione ‘red snow’, realizzata nel corso del 2006 durante il soggiorno-residenza presso Casa Velasquez a Madrid. Un cortile, una lunga nevicata, un paesaggio che lentamente e silenziosamente si trasforma per farci entrare in una dimensione ipnotica e surreale.
_____________________________________________
Negli ultimi anni la pratica artistica di Loris Cecchini, da sempre tesa all’indagine dello spazio e dell’oggetto virtualizzato, si è fatta naturalmente e consequenzialmente più vicina a certe istanze dell’architettura contemporanea. Progetti espostivi come ‘Cloudless’ - la mostra itinerante che nel corso del 2006/2007 ha toccato alcune delle principali metropoli mondiali, da Pechino (Galleria Continua) a Shanghai (Duolun MoMA) fino New York (PS1) e a Parigi (Palais de Tokyo) - rendono evidente come la poetica di Cecchini sia ormai proiettata verso l’indagine di uno spazio fisico-esperenziale, dove la funzionalità sembra estendersi al sogno, sempre determinato dalla componente emotiva e ludica della progettazione.
Nell’ambito di questa ricerca si inquadra l’intervento dell’artista nello spazio del palcoscenico della Galleria Continua.
Cecchini attraversa tridimensionalmente il palcoscenico progettando una struttura aerea sospesa. Costituita da circa 25.000 sfere di polietilene, Morphing wave, si presenta come un elemento organico, diventando palesemente un tessuto cellulare progressivo e informe, fluido ed in espansione. Ad una percezione immaginifica dell’oggetto, in cui la suggestione visuale ci porta esiti differenti, si sovrappone l’immagine di cellula resa formalmente come assemblaggio di moduli replicati e quindi come organismo artificiale. La dimensione organica che fa pensare ad una proliferazione frattale è per Cecchini un modo di alludere ad una scultura che abbandona la stasi assoluta del corpo plastico per assumere, tramite un istantaneo adattamento, una forma variabile. Il modulo (in questo caso la sfera), non è un’unità iconica ma strumento per dar vita ad una concatenazione germinale che può assumere configurazioni multiple. Qui lo scarto, qui l’abituale attitudine di Cecchini a muoversi sul confine tra naturale e artificiale, tra produzione seriale e sospensione poetica.
Nel lavoro di Loris Cecchini (Milano 1969) fotografia, disegno, scultura e installazione si fondono in una poetica unitaria dove la trasfigurazione è l’elemento cardine. Collages multipli e dettagliati modelli architettonici, oggetti in gomma, roulottes reinventate e case sugli alberi, spazi strutturalmente distorti, coperture e superfici dalle trasparenze prismatiche sono i soggetti che ritroviamo nel suo lavoro. La varietà e la morfologia degli elementi si relazionano continuamente gli uni agli altri, in un continuo processo alternato di decostruzione e ricostruzione localizzato nell’interscambio tra realtà fisica dei materiali e presenza virtualizzata.
Sia nelle fotografie che nelle sculture, la revisione di un’idea ampia di “modello”, passa per la rielaborazione di forme familiari del nostro quotidiano trasferite in una visione alterata che sfida la percezione dello spettatore. Tramite sottili elaborazioni in digitale, l’artista sovrappone brani di realtà a scenari fisici/virtuali ricostruiti tramite modelli in studio, creando situazioni diverse tra il plausibile ed il paradossale.
L’idea di modellizzazione e di paradosso la ritroviamo negli oggetti replicati in scala reale e riprodotti in gomma uretanica grigia: come fantasmi e ombre del loro referente reale, gli oggetti appaiono inermi, ripiegati su se stessi, ma allo stesso tempo assumono un carattere, una ironia, che li rende meno oggetti e più umani.
Loris Cecchini ha preso parte a numerosi eventi espostivi di portata internazionale, tra i più recenti ricordiamo: Empty walls, just doors, Palais de Tokyo, Paris, 2007; Hyper design, VI Biennale di Shanghai, Shanghai, 2006; Italy Made in art: Now, a cura di Achille Bonito Oliva, MOCA, Shanghai, 2006; Giardino, Luoghi della piccola realtà, PAN, Napoli, 2006; Space - Now and Then. Art and architecture, Fundament Foundation, AaBe Fabrieken, Tilburg, 2005; 51° Biennale di Venezia, Premio per la giovane arte italiana 2004-2005, Padiglione Venezia, Venezia, 2005.
Entrato ormai di diritto nell’establishment artistico internazionale, Solakov si muove tra i più importanti eventi espostivi destando ogni volta col suo lavoro, finemente ironico e provocatorio, curiosità e clamore. Chi non ricorda, infatti, la sua partecipazione alla 49° Biennale di Venezia con ‘A Life (Black & White)’, la stanza ininterrottamente tinteggiata di bianco e di nero; o ancora l’opera presenta all’ultima Biennale di Venezia, ‘Discussion (Property)’, 2007. Qui l’attenzione è catturata da un kalashnikov appeso al muro: attraverso video, parole e disegni Solakov racconta e indaga l’ormai annosa diatriba tra Ex Unione Sovietica e Bulgaria per la produzione e la vendita dei kalashnikov. Ma l’esempio decisamente più emblematico ce lo regala la più recente partecipazione a Documenta 12. Kassel dedica ampio spazio all’artista invitandolo ad esporre ‘Fears’, un gruppo di 99 disegni e un’opera storica, ‘Top Secret’ (1989-90), un’installazione costituita da una ricca documentazione –carteggi, oggetti, disegni- attraverso i quali l’artista dichiara la sua collaborazione con la polizia segreta bulgara durata fino al 1983.
Se nel 2005 con ‘Dead-lock stories’ , un percorso narrativo animato da creature minuscole e storie surreali, l’intervento di Solakov a San Gimignano si concentrava nello spazio dedicato ai progetti site specific di durata annuale, in questa nuova occasione espositiva l’intento progettuale si moltiplica e si amplia andando ad occupare, con una serie di nuove opere scultoree e installative, l’intero spazio della galleria.
Per il primo piano Solakov commissiona la produzione di 7 sculture da realizzarsi con materiali diversi (terracotta, alabastro, metallo, mattoni, giornali). L’artista decide quali debbano essere gli oggetti, li disegna e ne sceglie la collocazione nello spazio sottraendosi però volutamente alla fase produttiva, per la quale delega invece la moglie e la galleria. In questo modo, Solakov, rinuncia al controllo sull’oggetto così da stabilire con queste sculture il distacco necessario per potersi, in un secondo momento, nuovamente relazionare in modo immediato e spontaneo, quasi fossero dei ready made. L’opera prende forma finita esattamente in questa fase quando la scultura, lo spazio che l’accoglie e le sensazioni e lo stato d’animo contingente dell’artista confluiscono in un’unica direzione dando vita ad una storia.
‘I Love Them’, la grande installazione che Solakov concepisce espressamente per la platea al piano inferiore della galleria ricrea quella atmosfera magica, buia e silenziosa tipica di una sala cinematografica durante la proiezione. Sette postazioni video non sincronizzate e allestite con modalità diverse (dai grandi schermi, alle proiezioni a parete, a quelle sospese, al plasma ed altro) si collocano nello spazio creando un avvicendarsi di punti di luce e di colore che appaiono e scompaiono. La lettura dell’opera si coglie nella sua dimensione più ampia, ovvero nella visione simultanea delle 7 proiezioni. Ciascuna proiezione rappresenta idealmente un film, o più precisamente, la sensazione che l‘artista ha provato nel vedere un certo passaggio di quel film. I film sono appunto sette scelti da Solakov, come preferiti, tra un’ampia filmografia di cui è appassionato cultore e sono: ‘Le luci della città’, ‘Il grande Lebowski’, ‘Rocco Flickt Rio’, ‘I sette Samurai’, ‘Fawlty Towers’, ‘Amadeus’ e ‘Amarcord’.
In concomitanza della personale ‘Wrong Material’ Nedko Solakov interviene al Castello di Ama. La prestigiosa collezione del Castello di Ama per l’Arte Contemporanea –un progetto nato nel 2000 in collaborazione con Galleria Continua- si arricchisce dunque con ‘Amadoodles’ di una nuova, l’ottava, installazione permanente. Per informazioni: Castello di Ama per l’Arte Contemporanea, tel. 0577 746031, info@castellodiama.com.
Sin dai primi anni Novanta Nedko Solakov (nato a Tcherven Briag nel 1957, Bulgaria; vive a Sofia) ha partecipato a numerose esposizioni sia in Europa che negli Stati Uniti.
Il suo lavoro è stato presentato a Aperto ‘93 (Biennale di Venezia); alla 48°, 49°, 50° e 52° Biennale di Venezia; alla 3°, 4° e 9° Biennale di Istanbul; a São Paulo ‘94; a Manifesta 1, Rotterdam; alla 2° and 4° Biennale di Gwangju; alla 5° Biennale di Lyon, a Sonsbeek 9, Arnhem, alla 4° and 5° Biennale di Cetinje e alla prima Biennale di Lodz, alla 7° Biennale di Sharjah, Emirati Arabi, alla 3° Biennale di Tirana, alla 2° Biennale di Siviglia, alla 2° Biennale di Mosca, a Documenta 12. Recentemente ha avuto mostre personali al Museu do Chiado, Lisbona; De Appel, Amsterdam; CCA Kitakyushu, Giappone; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, Israel Museum, Gerusalemme e al Centre d’Art Santa Monica, Barcelona e alla Kunsthaus di Zurigo.
Nel 2003-2005 un’ampia mostra personale "A 12 1/3 (and even more) Year Survey" è stata presentata al Casino Luxembourg, Rooseum Malmoe e O.K Centrum Linz.
Prossima personale in programma: ‘A Group Show’, 29 settembre 17 novembre, Galleria Massimo Minini, Brescia.
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Galleria Continua ha il piacere di annunciare la prima mostra personale italiana dell’artista belga Sophie Whettnall (Bruxelles, 1973).
Nonostante la giovane età Sophie Whettnall ha già avuto modo di presentare il suo lavoro in mostre personali e collettive a New York, Madrid, Barcellona (The Video Art Foundation), Londra (ICA), Toronto (Video Underground Zero), Parigi, Anversa, Atene, Santiago de Compostela. Selezionata da Robert Storr per la 52° edizione della Biennale di Venezia espone ‘Shadow boxing’, un video realizzato nel 2004. Il film, girato in 16mm e riversato su DVD, offre l’immagine di una giovane donna che, impassibile e immobile eccetto qualche lieve movimento che si coglie negli occhi, viene ripetutamente quasi sfiorata dai pugni di un boxer. Una sorta di duello metaforico giocato sulla rappresentazione di una violenza implicita ma non esibita. In questo, come in molti altri suoi lavori, la Whettnall riflette sui rapporti interpersonali, sulla definizione di identità individuale in relazione all’altro, sul problema della comunicazione ma anche su quello sottile della percezione.
A partire dalla fine degli anni ’90 il lavoro di Sophie Whettnall si sviluppa seguendo due tematiche principali. La prima, l’autoritratto e la performance; la seconda il paesaggio.
La video camera è lo strumento con cui documenta i suoi viaggi, con cui si racconta, con cui riprende paesaggi che trasforma in paesaggi emozionali. Le sue opere -video, fotografie, video installazioni- si esprimo nella prospettiva dell’autobiografismo rimanendo costantemente sospese tra realismo e astrazione, tra rappresentazione del reale e creazione, tra movimento e staticità.
La Whettnall interviene nello spazio dell’Arco dei Becci con la video installazione ‘red snow’, realizzata nel corso del 2006 durante il soggiorno-residenza presso Casa Velasquez a Madrid. Un cortile, una lunga nevicata, un paesaggio che lentamente e silenziosamente si trasforma per farci entrare in una dimensione ipnotica e surreale.
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Negli ultimi anni la pratica artistica di Loris Cecchini, da sempre tesa all’indagine dello spazio e dell’oggetto virtualizzato, si è fatta naturalmente e consequenzialmente più vicina a certe istanze dell’architettura contemporanea. Progetti espostivi come ‘Cloudless’ - la mostra itinerante che nel corso del 2006/2007 ha toccato alcune delle principali metropoli mondiali, da Pechino (Galleria Continua) a Shanghai (Duolun MoMA) fino New York (PS1) e a Parigi (Palais de Tokyo) - rendono evidente come la poetica di Cecchini sia ormai proiettata verso l’indagine di uno spazio fisico-esperenziale, dove la funzionalità sembra estendersi al sogno, sempre determinato dalla componente emotiva e ludica della progettazione.
Nell’ambito di questa ricerca si inquadra l’intervento dell’artista nello spazio del palcoscenico della Galleria Continua.
Cecchini attraversa tridimensionalmente il palcoscenico progettando una struttura aerea sospesa. Costituita da circa 25.000 sfere di polietilene, Morphing wave, si presenta come un elemento organico, diventando palesemente un tessuto cellulare progressivo e informe, fluido ed in espansione. Ad una percezione immaginifica dell’oggetto, in cui la suggestione visuale ci porta esiti differenti, si sovrappone l’immagine di cellula resa formalmente come assemblaggio di moduli replicati e quindi come organismo artificiale. La dimensione organica che fa pensare ad una proliferazione frattale è per Cecchini un modo di alludere ad una scultura che abbandona la stasi assoluta del corpo plastico per assumere, tramite un istantaneo adattamento, una forma variabile. Il modulo (in questo caso la sfera), non è un’unità iconica ma strumento per dar vita ad una concatenazione germinale che può assumere configurazioni multiple. Qui lo scarto, qui l’abituale attitudine di Cecchini a muoversi sul confine tra naturale e artificiale, tra produzione seriale e sospensione poetica.
Nel lavoro di Loris Cecchini (Milano 1969) fotografia, disegno, scultura e installazione si fondono in una poetica unitaria dove la trasfigurazione è l’elemento cardine. Collages multipli e dettagliati modelli architettonici, oggetti in gomma, roulottes reinventate e case sugli alberi, spazi strutturalmente distorti, coperture e superfici dalle trasparenze prismatiche sono i soggetti che ritroviamo nel suo lavoro. La varietà e la morfologia degli elementi si relazionano continuamente gli uni agli altri, in un continuo processo alternato di decostruzione e ricostruzione localizzato nell’interscambio tra realtà fisica dei materiali e presenza virtualizzata.
Sia nelle fotografie che nelle sculture, la revisione di un’idea ampia di “modello”, passa per la rielaborazione di forme familiari del nostro quotidiano trasferite in una visione alterata che sfida la percezione dello spettatore. Tramite sottili elaborazioni in digitale, l’artista sovrappone brani di realtà a scenari fisici/virtuali ricostruiti tramite modelli in studio, creando situazioni diverse tra il plausibile ed il paradossale.
L’idea di modellizzazione e di paradosso la ritroviamo negli oggetti replicati in scala reale e riprodotti in gomma uretanica grigia: come fantasmi e ombre del loro referente reale, gli oggetti appaiono inermi, ripiegati su se stessi, ma allo stesso tempo assumono un carattere, una ironia, che li rende meno oggetti e più umani.
Loris Cecchini ha preso parte a numerosi eventi espostivi di portata internazionale, tra i più recenti ricordiamo: Empty walls, just doors, Palais de Tokyo, Paris, 2007; Hyper design, VI Biennale di Shanghai, Shanghai, 2006; Italy Made in art: Now, a cura di Achille Bonito Oliva, MOCA, Shanghai, 2006; Giardino, Luoghi della piccola realtà, PAN, Napoli, 2006; Space - Now and Then. Art and architecture, Fundament Foundation, AaBe Fabrieken, Tilburg, 2005; 51° Biennale di Venezia, Premio per la giovane arte italiana 2004-2005, Padiglione Venezia, Venezia, 2005.
15
settembre 2007
Solakov | Whettnall | Cecchini
Dal 15 settembre al 16 novembre 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA CONTINUA
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 14-19
Vernissage
15 Settembre 2007, ore 16-20
Ufficio stampa
SILVIA PICHINI
Autore