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Nel formare #2
Daniel Buren, Jan Dibbets e Giulio Paolini realizzeranno degli interventi site-specific
Comunicato stampa
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Dal 11 ottobre Daniel Buren, Jan Dibbets e Giulio Paolini presentano tre opere inedite e concepite specificatamente per la Galleria Maria Grazia del Prete. Il progetto espositivo che li coinvolge si chiama “Nel Formare”. Esso è stato concepito come un dialogo tra un critico, Mauro Panzera, ed un gruppo di artisti, una conversazione alla quale ognuno partecipa parlando il proprio linguaggio: in un breve testo il critico argomenta la sua posizione in relazione ad alcuni problemi nodali dell'arte contemporanea, gli artisti gli rispondono con un'opera. La prima parte del progetto, Nel formare 1, ha visto protagonisti i lavori di Bizhan Bassiri, Jannis Kounellis e Hidetoshi Nagasawa. Dalle due esposizioni nascerà un volume di presentazione.
* * *
Le considerazioni proposte dal curatore nel breve testo indirizzato agli artisti, frutto di una attiva e solidale collaborazione di Bruno Corà, muovono dalla determinazione di una temperatura, sentire il proprio tempo come drammatico per l'arte. Segno dell'emergere di questioni vitali per la stessa sopravvivenza dell'espressione artistica, ma nella consapevolezza che la vitalità dell'arte dipende in maniera essenziale dalla resistenza che la figura dell'artista sa opporre alle spinte dell'eterno nuovismo; dipende dalle modalità del fare, capaci di rispondere a quelle stesse spinte; e ancora dalla capacità del pubblico di individuare le esperienze artistiche significative in un panorama di proposte sterminato. E' la quantità stessa anarchica delle proposte a minare alla radice quella storia interna dell'arte che colloca al centro, a protagonista della propria storia, la comunità degli artisti? Ma quella stessa quantità ci fa avvertiti della perdita del nucleo essenziale, genetico, da cui sgorga l'arte, il fantasma che dà vita all'immagine. Deprivata di fondatività, l'immagine si tramuta in risultato verificabile e al limite in pura comunicazione; diviene preda degli appetiti del nuovismo, dell'idea originale. E il panorama artistico si tramuta in una Wunderkammer, ma di prodotti artificiali.
Nella sua fenomenologia storica per contro l'artista mantiene il carattere di colui che vede oltre, tra i poeti e gli scienziati. Ma è figura eccentrica perché muove sempre da sé, vale a dire da una individualità. E non basta essere un corpo e una psiche per essere un individuo. E non basta essere colto per vedere contemporaneamente dove va il mondo e indicare con l'opera cosa il mondo non vede o calpesta o vilipende.
Da queste questioni spinose il curatore muove in direzione dell'artista, chiedendo una sua pronuncia, nella speranza di poter ricostituire brandelli di un dialogo all'interno delle arti.
Una tale verifica sarà possibile avviare a conclusione di questo breve ciclo di occasioni espositive ed è precisa volontà esplicitarla in un luogo specifico che sia di presentazione delle opere e di riflessione a più voci sulle stesse.
Per la seconda occasione espositiva del progetto Nel formare, a cura di Mauro Panzera, la Galleria Maria Grazia Del Prete ospita le opere degli artisti Daniel Buren, Jan Dibbets e Giulio Paolini. Inedite e concepite appositamente per il progetto, rispondono con linguaggio proprio al testo ricevuto dal curatore, in cui si sottolineava la necessità di porre nuovamente al centro del dibattito artistico i problemi legati ai processi di formalizzazione dell'opera.
Daniel Buren propone Diagonali incrociate, lavoro in situ in cui la banda di 8,7 centimetri di larghezza si conferma strumento visuale per la lettura dello spazio architettonico.
Jan Dibbets prosegue la sua lettura deformante della percezione ottica, imponendo la figura geometrica regolare all'interno di una scatola ottica in forte scorcio prospettico.
Giulio Paolini infine, all'interno di quella misura a dismisura definita da Disegno geometrico, del 1960, propone A perdita d'occhio, un'opera in cui “il flusso che si deposita ai lati dell'immagine centrale, la scia tracciata sull'acqua dal carico di intenzioni e proiezioni che avanza verso di noi si traduce in disegno, intreccio di linee che evocano altre superfici e altre immagini disperse a perdita d'occhio” (G.Paolini); fedele quindi alla sua propria poetica dell'accennare, del suggerire.
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Le considerazioni proposte dal curatore nel breve testo indirizzato agli artisti, frutto di una attiva e solidale collaborazione di Bruno Corà, muovono dalla determinazione di una temperatura, sentire il proprio tempo come drammatico per l'arte. Segno dell'emergere di questioni vitali per la stessa sopravvivenza dell'espressione artistica, ma nella consapevolezza che la vitalità dell'arte dipende in maniera essenziale dalla resistenza che la figura dell'artista sa opporre alle spinte dell'eterno nuovismo; dipende dalle modalità del fare, capaci di rispondere a quelle stesse spinte; e ancora dalla capacità del pubblico di individuare le esperienze artistiche significative in un panorama di proposte sterminato. E' la quantità stessa anarchica delle proposte a minare alla radice quella storia interna dell'arte che colloca al centro, a protagonista della propria storia, la comunità degli artisti? Ma quella stessa quantità ci fa avvertiti della perdita del nucleo essenziale, genetico, da cui sgorga l'arte, il fantasma che dà vita all'immagine. Deprivata di fondatività, l'immagine si tramuta in risultato verificabile e al limite in pura comunicazione; diviene preda degli appetiti del nuovismo, dell'idea originale. E il panorama artistico si tramuta in una Wunderkammer, ma di prodotti artificiali.
Nella sua fenomenologia storica per contro l'artista mantiene il carattere di colui che vede oltre, tra i poeti e gli scienziati. Ma è figura eccentrica perché muove sempre da sé, vale a dire da una individualità. E non basta essere un corpo e una psiche per essere un individuo. E non basta essere colto per vedere contemporaneamente dove va il mondo e indicare con l'opera cosa il mondo non vede o calpesta o vilipende.
Da queste questioni spinose il curatore muove in direzione dell'artista, chiedendo una sua pronuncia, nella speranza di poter ricostituire brandelli di un dialogo all'interno delle arti.
Una tale verifica sarà possibile avviare a conclusione di questo breve ciclo di occasioni espositive ed è precisa volontà esplicitarla in un luogo specifico che sia di presentazione delle opere e di riflessione a più voci sulle stesse.
Per la seconda occasione espositiva del progetto Nel formare, a cura di Mauro Panzera, la Galleria Maria Grazia Del Prete ospita le opere degli artisti Daniel Buren, Jan Dibbets e Giulio Paolini. Inedite e concepite appositamente per il progetto, rispondono con linguaggio proprio al testo ricevuto dal curatore, in cui si sottolineava la necessità di porre nuovamente al centro del dibattito artistico i problemi legati ai processi di formalizzazione dell'opera.
Daniel Buren propone Diagonali incrociate, lavoro in situ in cui la banda di 8,7 centimetri di larghezza si conferma strumento visuale per la lettura dello spazio architettonico.
Jan Dibbets prosegue la sua lettura deformante della percezione ottica, imponendo la figura geometrica regolare all'interno di una scatola ottica in forte scorcio prospettico.
Giulio Paolini infine, all'interno di quella misura a dismisura definita da Disegno geometrico, del 1960, propone A perdita d'occhio, un'opera in cui “il flusso che si deposita ai lati dell'immagine centrale, la scia tracciata sull'acqua dal carico di intenzioni e proiezioni che avanza verso di noi si traduce in disegno, intreccio di linee che evocano altre superfici e altre immagini disperse a perdita d'occhio” (G.Paolini); fedele quindi alla sua propria poetica dell'accennare, del suggerire.
11
ottobre 2007
Nel formare #2
Dall'undici ottobre 2007 al 15 gennaio 2008
arte contemporanea
Location
GALLERIA MARIA GRAZIA DEL PRETE
Roma, Via Di Monserrato, 21, (Roma)
Roma, Via Di Monserrato, 21, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 13.30-19.30
Vernissage
11 Ottobre 2007, ore 18
Autore
Curatore