“Oggi l’arte digitale entra dunque ufficialmente nei musei, eppure inizialmente, proprio per sua natura sembrava snobbare il tempio dell’accademia per quel mezzo più rivoluzionario e libero rappresentato da Internet. Mezzo, oltretutto, con valenze più democratiche, come dimostrano i siti, ovvero quella forma d’arte digitale povera, che utilizza il linguaggio dei segni della tastiera per creare o manipolare figure e immagini.

Il Whitney Museum di New York, nel 2000, ha aperto ufficialmente le porte all’arte digitale esponendo nove opere di gruppi o singoli artisti. In Italia ci sono stati alcuni segnali di attenzione a questo fenomeno con due mostre di web art a Roma:

l’esposizione Ambienti Sensibili al Palazzo delle Esposizioni e EMM, Eventi multimediali alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna.

Certo, entrare nei musei dalla porta principale significa anche elevare il pixel al livello dell’olio, tendenza che va di pari passo con la ricerca di temi e iconografie classiche .

L’opera realizzata al computer per sua natura ed essenza è riproducibile eppure, nonostante i collezionisti sappiano che di quell’ opera ne esistano infinite copie, le acquistano comunque.”


Marco Marello