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Duccio Berti – Il cervello globalizzato
Personale di Duccio Berti
Comunicato stampa
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Il processo della scienza, cominciato oramai da anni, per studiare i processi di funzionamento del cervello e da qui volerne copiare le capacità intellettive e selettive, ci sta portando lentamente, ma inesorabilmente verso quell'impalpabile "Labirinto", che farà di tutti noi simili a dei robots, futura colonizzazione di se stessi! Di fatto spersonalizzazione del proprio "ego".
Tutto questo è già n atto, lontano dai nostri occhi e purtroppo pochissimi si rendono conto di questo processo di "essiccamento" della propria personalità, dove la rapidità dell'esibizionismo computerizzato sembra avere avuto il sopravvento su tutti gli altri comportamenti.
In questo impoverimento della caduta dei valori e di una forte disgregazione culturale, quindi inadempimento morale e sociale a tutti azimut, una delle poche sollecitazioni della nostra "materia grigia", sembra avere avuto priorità la zona cosiddetta del "piacere", quello della nostra sfera sessuale. Questo desiderio impellente di collettivizzazione del sesso dimostra, nella sua democratica diffusione, tutte le caratteristiche di rinuncia "psicologica" di "desertificazione" sentimentale affettiva, morale, di disgregazione schizofrenica dell'amore, di violenza quotidiana diffusa. Contribuendo a sentirsi soddisfatto e nello stesso tempo annullato in questa messa in scena d'autorappresentazione della passività totale, del superficiale, della stupidità e della banalità quotidiane, della volgarità oramai testualizzata come comportamento abituale, sinonimo d'ignoranza e di cattivo gusto. Tutto questo ovviamente sta avverandosi anche nel mondo dell'arte, dove andrà una volta, dove questa schizofrenia globale, non riesce a superare i confini delle proprie autodifese, anzi si riconferma, con insistenza su di un bipolarismo oramai canonizzato: la stoica resistenza di chi vuole resuscitare la nostra razionalità, come unico schema risolutivo, legato ad una "avanguardia di messe in scena d'installazioni e immagini fotografiche dispersive e "ritardatarie" e dall'altra arte con l'intrusione fracassante dì 'nuovi" realismi globalizzati ma molto impoveriti nel loro contesto. E' per tutto questo che un artista della mia generazione imposta la sua attuale ricerca su due elementi da considerarsi "forti": il mito del "Labirinto" e la poesia dell'immagine.
Il mito del Labirinto, non vuole essere una nostalgica riproposizione desueta, bensì, e m'illudo ancora una volta, la confermazione rappresentativa del nostro potenziale cammino labirintico attuato in questo momento di grandi trasformazioni della nostra società e quindi di noi stessi. Una traccia sottile d'inconsce capacità labirintiche che va dal nostro cervello, passa attraverso il nostro destino, la nostra sfera affettiva. Da qui la precisa volontà di proporre un "bestiario" labirintico, come facilitazione immaginativa di combattimenti "feroci" della quotidianità, il tutto integrato da una narrazione e una scrittura poetica, considerate come una specie di "abbecedario" riformulativo in questo processo dì nuovo apprendimento dell'"esistere".
Sarà possibile n questa mia attuale "fabulazione" gioiosa e spettacolare far comprendere quante postulazioni possono ancora sussistere nel nostro cammino umano? Tridimensionalmente io ci provo... fino in fondo.
Duccio Berti
Duccio Berti, nato in Toscana, vive in Francia, ha esposto in spazi pubblici e privati, con numerose mostre collettive e personali, in Italia e all’estero.
Tutto questo è già n atto, lontano dai nostri occhi e purtroppo pochissimi si rendono conto di questo processo di "essiccamento" della propria personalità, dove la rapidità dell'esibizionismo computerizzato sembra avere avuto il sopravvento su tutti gli altri comportamenti.
In questo impoverimento della caduta dei valori e di una forte disgregazione culturale, quindi inadempimento morale e sociale a tutti azimut, una delle poche sollecitazioni della nostra "materia grigia", sembra avere avuto priorità la zona cosiddetta del "piacere", quello della nostra sfera sessuale. Questo desiderio impellente di collettivizzazione del sesso dimostra, nella sua democratica diffusione, tutte le caratteristiche di rinuncia "psicologica" di "desertificazione" sentimentale affettiva, morale, di disgregazione schizofrenica dell'amore, di violenza quotidiana diffusa. Contribuendo a sentirsi soddisfatto e nello stesso tempo annullato in questa messa in scena d'autorappresentazione della passività totale, del superficiale, della stupidità e della banalità quotidiane, della volgarità oramai testualizzata come comportamento abituale, sinonimo d'ignoranza e di cattivo gusto. Tutto questo ovviamente sta avverandosi anche nel mondo dell'arte, dove andrà una volta, dove questa schizofrenia globale, non riesce a superare i confini delle proprie autodifese, anzi si riconferma, con insistenza su di un bipolarismo oramai canonizzato: la stoica resistenza di chi vuole resuscitare la nostra razionalità, come unico schema risolutivo, legato ad una "avanguardia di messe in scena d'installazioni e immagini fotografiche dispersive e "ritardatarie" e dall'altra arte con l'intrusione fracassante dì 'nuovi" realismi globalizzati ma molto impoveriti nel loro contesto. E' per tutto questo che un artista della mia generazione imposta la sua attuale ricerca su due elementi da considerarsi "forti": il mito del "Labirinto" e la poesia dell'immagine.
Il mito del Labirinto, non vuole essere una nostalgica riproposizione desueta, bensì, e m'illudo ancora una volta, la confermazione rappresentativa del nostro potenziale cammino labirintico attuato in questo momento di grandi trasformazioni della nostra società e quindi di noi stessi. Una traccia sottile d'inconsce capacità labirintiche che va dal nostro cervello, passa attraverso il nostro destino, la nostra sfera affettiva. Da qui la precisa volontà di proporre un "bestiario" labirintico, come facilitazione immaginativa di combattimenti "feroci" della quotidianità, il tutto integrato da una narrazione e una scrittura poetica, considerate come una specie di "abbecedario" riformulativo in questo processo dì nuovo apprendimento dell'"esistere".
Sarà possibile n questa mia attuale "fabulazione" gioiosa e spettacolare far comprendere quante postulazioni possono ancora sussistere nel nostro cammino umano? Tridimensionalmente io ci provo... fino in fondo.
Duccio Berti
Duccio Berti, nato in Toscana, vive in Francia, ha esposto in spazi pubblici e privati, con numerose mostre collettive e personali, in Italia e all’estero.
26
ottobre 2007
Duccio Berti – Il cervello globalizzato
Dal 26 ottobre al 15 novembre 2007
arte contemporanea
Location
L’IDIOMA CENTRO D’ARTE
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Orario di apertura
Feriali: 18 - 20. Festivi: 10,30 - 12,00
Vernissage
26 Ottobre 2007, ore 18
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