Le scoperte quiete e fondamentali, le verità rivelate, le sorprese lente e rivoluzionarie, non giungono quasi mai nei tempi e negli spazi deputati ai grandi eventi ma spesso negli antri caldi dell’intimità. E’ forse per questo che Victor Kastelic ha voluto che la sua arcadia privata, la sua personale teoria della Genesi, non fosse inchiodata da un faro imperioso sulle pareti del Talbot Rice Museum di Edimburgo, né augustamente incorniciati sui muri nobili di Palazzo Bricherasio, e neppure confezionata con scrupolo e precisione fiamminga dalla galleria belga che regolarmente ospita le sue opere. Perché non è ai critici, non agli editori né agli sponsor, che va rivelata la primavera sorridente e crudele di questi minuti quadri del Creato, e meno che mai la vera e sorprendente identità del Creatore. Solo gli occhi degli amici, ravvicinati da muri complici e quieti di una esposizione intima quasi quanto un hortus conclusus, possono godere della rivelazione: una nube leggera di creazioni - creazioni e creature al tempo stesso - che sorridono in apparente ingenuità orbitando attorno a uno stupefacente, e a sua volta stupito, Creatore. Sorrisi fatti dai colori di una primavera del tutto imprevista, rigenerata in questi sospiri finali d’autunno canavesano in uno spazio insolito, e con un’intera stagione di anticipo. Non sono fili d’erba nuova quelli che si sentono sotto i piedi avvicinandosi ai quadri, non sono canti lontani di uccelli quelli che gli orecchi registrano, e non sono reali profumi gli odori d’infanzia lontana che sembrano invadere prepotentemente le narici; sono invece azioni e reazioni, umori e sensazioni estratte dal senso di creazione e di bellezza. Bellezza imprevista e strana, imprevista e non richiesta, come un regalo senza festa. Bellezza ironica e imprevedibile, soprattutto, perché il sogno, il ricordo e il desiderio non coincidono mai con la realtà, ma non per questo le sono inferiori.


Piero Fabbri, Vische , Dicembre 2007