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Matteo Emery – Involucri
Gli “Involucri”, realizzati con materiali poveri e di recupero, fotografati nel momento del massimo fulgore suggeriscono al visitatore un viaggio all’interno del corpo umano attraverso temi quali la nascita, la morte e le mutazioni che segnano l’evoluzione dell’esistenza
Comunicato stampa
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Incontro con l’autore: giovedì 9 ottobre dalle 20.30, presentazione di Simona Ostinelli
Nell’ambito della VI Biennale dell’Immagine, dedicata al tema “Geografie dell’invisibile” e organizzata in collaborazione con il Comune di Chiasso e altre istituzioni della regione, la Galleria Mosaico di Chiasso presenta un’esposizione dedicata al lavoro recente di Matteo Emery. La mostra, intitolata “Involucri”, propone una trentina di fotografie e un’installazione che l’artista ticinese ha realizzato negli ultimi due anni. Al centro della poetica di Emery piccoli organismi che riportano al complesso e affascinante mondo delle cellule: gli “Involucri” - realizzati con materiali poveri e di recupero quali acqua, stoffa, latex, piume e filo da cucito e fotografati nel momento del massimo fulgore - suggeriscono al visitatore un viaggio all’interno del corpo umano attraverso temi quali la nascita, la morte e le mutazioni che segnano l’evoluzione dell’esistenza. Immagini nascoste e imprevedibili, gli “Involucri” si inseriscono pienamente nel discorso che l’artista sta portando avanti da alcuni anni e possono essere considerati come dei piccoli laboratori dove diventa possibile il dialogo fra visibile e invisibile.
Vi proponiamo qui di seguito un breve testo di presentazione sul lavoro di Matteo Emery.
Viaggio al centro del corpo. Gli Involucri di Matteo Emery
Siamo fatti di carne e sangue, di acqua e cellule, di piccoli organismi autosufficienti nei quali tutto funziona a meraviglia. Gli Involucri di Matteo Emery sono ricoperti da una sottile membrana, hanno dimensioni diverse e forme rese attraverso il colore: il rosso del sangue, il nero della morte, il bianco della luce. Al tatto scopriamo presenze delicate e resistenti al tempo stesso, una bellezza trattenuta quasi sul punto di esplodere; avvicinandosi pare di sentire un lieve movimento, un battito impercettibile, un pulsare leggero ma costante. Sono gli Involucri un punto di partenza o di arrivo nel percorso dell’artista? Sono rivelatori oppure celano - nella loro consistenza un po’ inquietante - un lato di forte segretezza?
Ho conosciuto Matteo Emery qualche anno fa, quando si serviva di radiografie recuperate in ospedali o studi di veterinari per realizzare opere stupefacenti. Lastre, ritagliate e assemblate con ago e filo, davano vita ad enormi insetti, corpi umani dalle membra distese, enormi placente che accoglievano un gruppo di feti. Determinante era l’uso della luce, grazie alla quale l’occhio penetrava nel nuovo organismo, rivelando quello che non si poteva vedere ma solo immaginare. Una ricerca che superava la barriera del visibile per andare oltre, oltre barriere e superfici, oltre il confine del corpo umano, oltre il presente.
Negli ultimi tempi il viaggio di Emery ha preso una direzione ben precisa, in un percorso di riduzione al contempo gestuale e mentale, e che si è indirizzato verso la ricerca del non visibile. Dalla superficie corporea, da quel confine che separa l’esterno dall’interno agli Involucri, che sono luoghi chiusi, stanze dove tutto può accadere. Queste forme sferiche sono ovali dominati da luce purissima, organismi gelatinosi ripresi nel momento del massimo fulgore, energia pura che riporta all’origine della vita. Una condizione destinata però a franare su se stessa: composti da aria e da acqua – oltre che da materiali semplici quali latex, pezzetti di corda, piume e filo da cucito- gli Involucri si deteriorano velocemente e sono destinati a una vita breve. Poche ore, solamente il tempo di uno scatto fotografico, così che l’assenza diviene presenza e l’immagine testimonianza: “io ero quello che voi siete, voi sarete quello che io sono”.
Simona Ostinelli
NOTE BIOGRAFICHE
Matteo Emery è nato a Lugano nel 1955.
Studi di grafica (CSIA - Lugano) e Scuola Superiore di arti visive (ESAV - Ginevra) dal 1972 al 1980. Ottiene tra il 1980 e il 1987 ripetute Borse federali di belle arti e Borse Kiefer-Hablitzel. Tra il 1981 e il 2005 realizza diverse esposizioni personali (Galleria Rivolta - Losanna, Galleria FAC - Sierre, Galleria Golden-Halm - Locarno, Maison Visinand - Montreux) e collettive (Centro d’arte contemporanea - Ginevra, Museo Rath - Ginevra, Fondazione Gulbenkian - Lisbona, Museo Beaux-arts - Losanna).
Lavora come regista RTSI, vive ad Arosio.
Nell’ambito della VI Biennale dell’Immagine, dedicata al tema “Geografie dell’invisibile” e organizzata in collaborazione con il Comune di Chiasso e altre istituzioni della regione, la Galleria Mosaico di Chiasso presenta un’esposizione dedicata al lavoro recente di Matteo Emery. La mostra, intitolata “Involucri”, propone una trentina di fotografie e un’installazione che l’artista ticinese ha realizzato negli ultimi due anni. Al centro della poetica di Emery piccoli organismi che riportano al complesso e affascinante mondo delle cellule: gli “Involucri” - realizzati con materiali poveri e di recupero quali acqua, stoffa, latex, piume e filo da cucito e fotografati nel momento del massimo fulgore - suggeriscono al visitatore un viaggio all’interno del corpo umano attraverso temi quali la nascita, la morte e le mutazioni che segnano l’evoluzione dell’esistenza. Immagini nascoste e imprevedibili, gli “Involucri” si inseriscono pienamente nel discorso che l’artista sta portando avanti da alcuni anni e possono essere considerati come dei piccoli laboratori dove diventa possibile il dialogo fra visibile e invisibile.
Vi proponiamo qui di seguito un breve testo di presentazione sul lavoro di Matteo Emery.
Viaggio al centro del corpo. Gli Involucri di Matteo Emery
Siamo fatti di carne e sangue, di acqua e cellule, di piccoli organismi autosufficienti nei quali tutto funziona a meraviglia. Gli Involucri di Matteo Emery sono ricoperti da una sottile membrana, hanno dimensioni diverse e forme rese attraverso il colore: il rosso del sangue, il nero della morte, il bianco della luce. Al tatto scopriamo presenze delicate e resistenti al tempo stesso, una bellezza trattenuta quasi sul punto di esplodere; avvicinandosi pare di sentire un lieve movimento, un battito impercettibile, un pulsare leggero ma costante. Sono gli Involucri un punto di partenza o di arrivo nel percorso dell’artista? Sono rivelatori oppure celano - nella loro consistenza un po’ inquietante - un lato di forte segretezza?
Ho conosciuto Matteo Emery qualche anno fa, quando si serviva di radiografie recuperate in ospedali o studi di veterinari per realizzare opere stupefacenti. Lastre, ritagliate e assemblate con ago e filo, davano vita ad enormi insetti, corpi umani dalle membra distese, enormi placente che accoglievano un gruppo di feti. Determinante era l’uso della luce, grazie alla quale l’occhio penetrava nel nuovo organismo, rivelando quello che non si poteva vedere ma solo immaginare. Una ricerca che superava la barriera del visibile per andare oltre, oltre barriere e superfici, oltre il confine del corpo umano, oltre il presente.
Negli ultimi tempi il viaggio di Emery ha preso una direzione ben precisa, in un percorso di riduzione al contempo gestuale e mentale, e che si è indirizzato verso la ricerca del non visibile. Dalla superficie corporea, da quel confine che separa l’esterno dall’interno agli Involucri, che sono luoghi chiusi, stanze dove tutto può accadere. Queste forme sferiche sono ovali dominati da luce purissima, organismi gelatinosi ripresi nel momento del massimo fulgore, energia pura che riporta all’origine della vita. Una condizione destinata però a franare su se stessa: composti da aria e da acqua – oltre che da materiali semplici quali latex, pezzetti di corda, piume e filo da cucito- gli Involucri si deteriorano velocemente e sono destinati a una vita breve. Poche ore, solamente il tempo di uno scatto fotografico, così che l’assenza diviene presenza e l’immagine testimonianza: “io ero quello che voi siete, voi sarete quello che io sono”.
Simona Ostinelli
NOTE BIOGRAFICHE
Matteo Emery è nato a Lugano nel 1955.
Studi di grafica (CSIA - Lugano) e Scuola Superiore di arti visive (ESAV - Ginevra) dal 1972 al 1980. Ottiene tra il 1980 e il 1987 ripetute Borse federali di belle arti e Borse Kiefer-Hablitzel. Tra il 1981 e il 2005 realizza diverse esposizioni personali (Galleria Rivolta - Losanna, Galleria FAC - Sierre, Galleria Golden-Halm - Locarno, Maison Visinand - Montreux) e collettive (Centro d’arte contemporanea - Ginevra, Museo Rath - Ginevra, Fondazione Gulbenkian - Lisbona, Museo Beaux-arts - Losanna).
Lavora come regista RTSI, vive ad Arosio.
21
settembre 2008
Matteo Emery – Involucri
Dal 21 settembre al 23 novembre 2008
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
GALLERIA MOSAICO
Chiasso, Via Emilio Bossi, 32, (Mendrisio)
Chiasso, Via Emilio Bossi, 32, (Mendrisio)
Orario di apertura
martedì-venerdì 15-18, sabato 14-18
Vernissage
21 Settembre 2008, dalle 15
Autore