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Presepi di Napoli
In collaborazione con la sezione napoletana della Associazione Italiana Amici del Presepio, in mostra a Bassano esempi presepiali napoletani dall’Ottocento al contemporaneo che costituiscono una prova tangibile della passione e della continuità di una importantissima tradizione
Comunicato stampa
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SACRO E PROFANO NELL’ARTE PRESEPIALE NAPOLETANA
È di nuovo Natale: e, di nuovo, l’Assessorato alla Cultura di Bassano del Grappa – mantenendo una tradizione quasi ventennale – si rivolge all’arte presepiale italiana e straniera per allestire un nuovo esempio di tradizione e di fede.
Già da tempo era nel cuore il desiderio di riservare particolare attenzione al presepio napoletano, celebre in tutto il mondo: ora possiamo fortunatamente disporre di alcuni importanti esemplari di “Natività”, di gruppi caratteristici, di figure tipiche della vita popolare, di “scarabattola” e di “scoglio”.
Ripercorrere la storia del presepe napoletano significa ripercorrere la storia stessa di Napoli e del suo territorio, dagli Angioini alla capitale borbonica e alle isole, dalle chiese tardogotiche ai palazzi nobiliari, alle case della borghesia e del popolo minuto.
A Napoli la tradizione presepiale risale al 1300, con gruppi lignei policromi di “Natività”( grotta, Sacra Famiglia, asino, bue a angeli adoranti ) a grandezza naturale secondo i modelli consueti, provenienti dalle chiese gotiche di S.Maria la Nova, S.Giuseppe Maggiore, S.Giovanni a Carbonara e si mantenne ancorata al culto esclusivamente religioso fino alla metà del cinquecento.
Fu proprio un religioso veneto, San Gaetano Thiene (Vicenza 1480 - Napoli 1547) fondatore dei Teatini e amico del cardinale Gian Pietro Carafa, poi Papa Pio IV, ad accelerare, durante il suo periodo partenopeo (1533-47), l’evoluzione formale del presepio immettendovi l’elemento corale popolare e favorendo l’introduzione di figure tratte dalla vita quotidiana che nascevano dal libero estro dei devoti: si ebbe così un doppio sistema presepiale con i presepi “canonici” e quelli “familiari”, con l’introduzione di personaggi non più vestiti come i Giudei del tempo di Gesù ma alla foggia del tempo di San Gaetano e l’innovazione ebbe un tale riscontro da far ritenere che il santo stesso fosse l”inventore” del presepio napoletano.
Il ciclo evolutivo che rende il “pastore” un esemplare del tutto originale ha inizio verso il seicento, quando per “pastore” si intende ogni figura accessoria non esclusivamente pertinente il sacro gruppo; quindi non solo custodi di greggi ma contadini, rustici, villici e cittadini, osti e mercanti, con personaggi tipici come “il pastore della meraviglia”, sgomento davanti all’Evento o, al contrario, il “benino” che indifferente dorme in un canto mentre gli angeli osannano.
Avviene quindi un processo di dinamicizzazione che si sviluppa in due aspetti: sul piano tecnico le figure rimpiccioliscono, gli arti si snodano, il corpo si forma da un’anima in filo di ferro imbottito di stoppa e stoffa e viene opportunamente rivestito e abbigliato; sul piano estetico inizia a crearsi la scenografia entro cui disporre le figure.
Con il settecento si ebbe un’ulteriore, decisiva innovazione: alle teste e agli arti di legno si sostituirono arti e testine modellate in terracotta con occhi di vetro, ottenendo quindi maggiore espressività e possibilità di posture e situazioni; si stabilisce inoltre la “misura terzina” (circa 40 cm.) che crea maggiore armonia d’insieme. Il massimo splendore, anche scenografico, del presepe napoletano si ebbe con Carlo III di Borbone (1734-59, poi Carlo I di Spagna) che ne fece strumento di propaganda religiosa e favorì la moda dei grandi presepi privati nelle dimore principesche e borghesi: una intera stanza del palazzo riservata all’esposizione permanente del presepio come gioiello di famiglia. Tuttavia il diffuso consenso popolare mutò il fine religioso e morale in “scena di genere” introducendo una variegata corte dei miracoli con personaggi eleganti e straccioni, taverne e mercati ricchi di frutta, ortaggi e animali; “drezzate” e “tammoriate”, cortei di orientali, mori e odalische, cani, cammelli, elefanti e scene di vita familiare e sociale; gli usi, i costumi e i mestieri del popolo napoletano ambientati non più in una remota Palestina ma nei vicoli o nelle isole campane.
Ne nasce quello che ancor oggi è considerato il caratteristico “presepe napoletano”: tradizionalissimo e nel contempo antitradizionale, religioso e altrettanto laico, contemplativo e altrettanto rumoroso e dissacrante; arricchito, talvolta anche con la presenza di personaggi emergenti del quotidiano; in grado di accrescersi continuamente di nuove figure e nuove situazioni.
Una creazione unica e originalissima che viene tradotta anche in pittura; che, nella pratica costruttiva si avvale della tecnica dello “scoglio”, struttura in legno e colla rivestita di sughero che costituisce la scenografia fondamentale e contiene, tra grotte, rocce e anfratti i vari momenti topici della storia religiosa e profana, dall’Annuncio alla taverna dove gli “sciacquanti” (banchettanti) festeggiano l’Evento tra abbondanza di cibi e bevande. Altro contenitore caratteristico è lo “scarabattolo”, teca in vetro di dimensioni più ridotte, in cui sono succintamente contenuti i momenti salienti dall’Annuncio al “Diversorium” (osteria).
Un caso a parte è inoltre costituito dalle “figure accademiche” modellati anatomici completamente in creta volti ad esaltare la struttura corporea e parzialmente o totalmente abbigliati di cui fortunatamente abbiamo in mostra un significativo esemplare.
Alla realizzazione di quest’ arte eterogenea concorrono quindi, fin dagli inizi, artisti diversi: ebanisti, ceramisti, pittori, modellatori, sarti e scenografi; specialisti quali gli esperti in testine in creta, “pettiglie” (teste con spalle), mani e piedi; modellatori di “cavi”, forme in gesso rifinite e dipinte; sarti per realizzare gli abiti spesso ricavati dalle celebri sete di San Leucio; e ancora specialisti per gli strumenti musicali, per i cestini di frutta e ortaggi in cera, per le figure di animali, per gli allestimenti e le scenografie.
Arte che continua tutt’oggi: e siamo grati alla sezione napoletana della Associazione Italiana Amici del Presepio se siamo ora in grado di esporre a Bassano esempi presepiali napoletani dall’ottocento al contemporaneo che costituiscono una prova tangibile della passione e della continuità di una importantissima tradizione che, dal sacro al profano, impegna tuttora artisti specialisti ed esclusivi, unici al mondo in questa particolarissima testimonianza di arte e di fede.
Bibliografia essenziale
B. Molajoli, La scultura nel presepe napoletano del 700, Napoli, 1950.
F. Mancini, Il presepe napoletano nella collezione Eugenio Catello, Firenze, 1965.
N. Spinosa, Il presepe come prodotto d’arte, “La collezione del Banco di Napoli”, Napoli, 1987.
U. Grillo, Il presepe napoletano dalle origini a San Gregorio Armeno, Napoli, 1999.
E.Riccomini, Un presepe napoletano del 700, Bologna, 1999.
G.Pegoraro, Il Presepio, “Il Giornale di Vicenza”, 28 dicembre 2006.
Ventiduesima Mostra di Arte Presepiale, 5 dicembre 2007 - 8 gennaio 2008. Catalogo della Mostra a cura dell’Associazione Italiana Amici del Presepio, sezione di Napoli, complesso monumentale di S.Severo al Pendino; con scritti di S.E. Card. C.Sepe, E.Fariello, G.Barria, U.Grillo, M.D’Orta, G.Rovito, R.Catello, Napoli, 2007.
Flavia Casagranda
È di nuovo Natale: e, di nuovo, l’Assessorato alla Cultura di Bassano del Grappa – mantenendo una tradizione quasi ventennale – si rivolge all’arte presepiale italiana e straniera per allestire un nuovo esempio di tradizione e di fede.
Già da tempo era nel cuore il desiderio di riservare particolare attenzione al presepio napoletano, celebre in tutto il mondo: ora possiamo fortunatamente disporre di alcuni importanti esemplari di “Natività”, di gruppi caratteristici, di figure tipiche della vita popolare, di “scarabattola” e di “scoglio”.
Ripercorrere la storia del presepe napoletano significa ripercorrere la storia stessa di Napoli e del suo territorio, dagli Angioini alla capitale borbonica e alle isole, dalle chiese tardogotiche ai palazzi nobiliari, alle case della borghesia e del popolo minuto.
A Napoli la tradizione presepiale risale al 1300, con gruppi lignei policromi di “Natività”( grotta, Sacra Famiglia, asino, bue a angeli adoranti ) a grandezza naturale secondo i modelli consueti, provenienti dalle chiese gotiche di S.Maria la Nova, S.Giuseppe Maggiore, S.Giovanni a Carbonara e si mantenne ancorata al culto esclusivamente religioso fino alla metà del cinquecento.
Fu proprio un religioso veneto, San Gaetano Thiene (Vicenza 1480 - Napoli 1547) fondatore dei Teatini e amico del cardinale Gian Pietro Carafa, poi Papa Pio IV, ad accelerare, durante il suo periodo partenopeo (1533-47), l’evoluzione formale del presepio immettendovi l’elemento corale popolare e favorendo l’introduzione di figure tratte dalla vita quotidiana che nascevano dal libero estro dei devoti: si ebbe così un doppio sistema presepiale con i presepi “canonici” e quelli “familiari”, con l’introduzione di personaggi non più vestiti come i Giudei del tempo di Gesù ma alla foggia del tempo di San Gaetano e l’innovazione ebbe un tale riscontro da far ritenere che il santo stesso fosse l”inventore” del presepio napoletano.
Il ciclo evolutivo che rende il “pastore” un esemplare del tutto originale ha inizio verso il seicento, quando per “pastore” si intende ogni figura accessoria non esclusivamente pertinente il sacro gruppo; quindi non solo custodi di greggi ma contadini, rustici, villici e cittadini, osti e mercanti, con personaggi tipici come “il pastore della meraviglia”, sgomento davanti all’Evento o, al contrario, il “benino” che indifferente dorme in un canto mentre gli angeli osannano.
Avviene quindi un processo di dinamicizzazione che si sviluppa in due aspetti: sul piano tecnico le figure rimpiccioliscono, gli arti si snodano, il corpo si forma da un’anima in filo di ferro imbottito di stoppa e stoffa e viene opportunamente rivestito e abbigliato; sul piano estetico inizia a crearsi la scenografia entro cui disporre le figure.
Con il settecento si ebbe un’ulteriore, decisiva innovazione: alle teste e agli arti di legno si sostituirono arti e testine modellate in terracotta con occhi di vetro, ottenendo quindi maggiore espressività e possibilità di posture e situazioni; si stabilisce inoltre la “misura terzina” (circa 40 cm.) che crea maggiore armonia d’insieme. Il massimo splendore, anche scenografico, del presepe napoletano si ebbe con Carlo III di Borbone (1734-59, poi Carlo I di Spagna) che ne fece strumento di propaganda religiosa e favorì la moda dei grandi presepi privati nelle dimore principesche e borghesi: una intera stanza del palazzo riservata all’esposizione permanente del presepio come gioiello di famiglia. Tuttavia il diffuso consenso popolare mutò il fine religioso e morale in “scena di genere” introducendo una variegata corte dei miracoli con personaggi eleganti e straccioni, taverne e mercati ricchi di frutta, ortaggi e animali; “drezzate” e “tammoriate”, cortei di orientali, mori e odalische, cani, cammelli, elefanti e scene di vita familiare e sociale; gli usi, i costumi e i mestieri del popolo napoletano ambientati non più in una remota Palestina ma nei vicoli o nelle isole campane.
Ne nasce quello che ancor oggi è considerato il caratteristico “presepe napoletano”: tradizionalissimo e nel contempo antitradizionale, religioso e altrettanto laico, contemplativo e altrettanto rumoroso e dissacrante; arricchito, talvolta anche con la presenza di personaggi emergenti del quotidiano; in grado di accrescersi continuamente di nuove figure e nuove situazioni.
Una creazione unica e originalissima che viene tradotta anche in pittura; che, nella pratica costruttiva si avvale della tecnica dello “scoglio”, struttura in legno e colla rivestita di sughero che costituisce la scenografia fondamentale e contiene, tra grotte, rocce e anfratti i vari momenti topici della storia religiosa e profana, dall’Annuncio alla taverna dove gli “sciacquanti” (banchettanti) festeggiano l’Evento tra abbondanza di cibi e bevande. Altro contenitore caratteristico è lo “scarabattolo”, teca in vetro di dimensioni più ridotte, in cui sono succintamente contenuti i momenti salienti dall’Annuncio al “Diversorium” (osteria).
Un caso a parte è inoltre costituito dalle “figure accademiche” modellati anatomici completamente in creta volti ad esaltare la struttura corporea e parzialmente o totalmente abbigliati di cui fortunatamente abbiamo in mostra un significativo esemplare.
Alla realizzazione di quest’ arte eterogenea concorrono quindi, fin dagli inizi, artisti diversi: ebanisti, ceramisti, pittori, modellatori, sarti e scenografi; specialisti quali gli esperti in testine in creta, “pettiglie” (teste con spalle), mani e piedi; modellatori di “cavi”, forme in gesso rifinite e dipinte; sarti per realizzare gli abiti spesso ricavati dalle celebri sete di San Leucio; e ancora specialisti per gli strumenti musicali, per i cestini di frutta e ortaggi in cera, per le figure di animali, per gli allestimenti e le scenografie.
Arte che continua tutt’oggi: e siamo grati alla sezione napoletana della Associazione Italiana Amici del Presepio se siamo ora in grado di esporre a Bassano esempi presepiali napoletani dall’ottocento al contemporaneo che costituiscono una prova tangibile della passione e della continuità di una importantissima tradizione che, dal sacro al profano, impegna tuttora artisti specialisti ed esclusivi, unici al mondo in questa particolarissima testimonianza di arte e di fede.
Bibliografia essenziale
B. Molajoli, La scultura nel presepe napoletano del 700, Napoli, 1950.
F. Mancini, Il presepe napoletano nella collezione Eugenio Catello, Firenze, 1965.
N. Spinosa, Il presepe come prodotto d’arte, “La collezione del Banco di Napoli”, Napoli, 1987.
U. Grillo, Il presepe napoletano dalle origini a San Gregorio Armeno, Napoli, 1999.
E.Riccomini, Un presepe napoletano del 700, Bologna, 1999.
G.Pegoraro, Il Presepio, “Il Giornale di Vicenza”, 28 dicembre 2006.
Ventiduesima Mostra di Arte Presepiale, 5 dicembre 2007 - 8 gennaio 2008. Catalogo della Mostra a cura dell’Associazione Italiana Amici del Presepio, sezione di Napoli, complesso monumentale di S.Severo al Pendino; con scritti di S.E. Card. C.Sepe, E.Fariello, G.Barria, U.Grillo, M.D’Orta, G.Rovito, R.Catello, Napoli, 2007.
Flavia Casagranda
29
novembre 2008
Presepi di Napoli
Dal 29 novembre 2008 al primo febbraio 2009
Location
CHIESETTA DELL’ANGELO
Bassano Del Grappa, Via Roma, 80, (Vicenza)
Bassano Del Grappa, Via Roma, 80, (Vicenza)
Vernissage
29 Novembre 2008, ore 17 con la partecipazione del coro della Scuola media J. Vittorelli