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Inaugurazione di Palazzo Grimani
Il palazzo sarà finalmente visibile al pubblico dopo lunghi e laboriosi restauri diretti dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Venezia e Laguna, restauri illustrati in una preziosa pubblicazione, curata dalla stessa Soprintendenza, e presentata in questa occasione.
Comunicato stampa
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Il palazzo sarà finalmente visibile al pubblico dopo lunghi e laboriosi restauri diretti dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Venezia e Laguna, restauri illustrati in una preziosa pubblicazione, curata dalla stessa Soprintendenza, e presentata in questa occasione.
In considerazione della particolarità e dell’importanza che Palazzo Grimani riveste nella storia della città e nel cuore dei veneziani, da martedì 23 dicembre 2008 a martedì 6 gennaio 2009 la Soprintendenza speciale PSAE e per il Polo Museale di Venezia sarà lieta di far visitare gratuitamente ed esclusivamente il palazzo a tutti i cittadini nati e/o residenti a Venezia. La visita sarà consentita solo previa prenotazione telefonica al n. 041 5200345 e la presentazione di un documento di identità all’ingresso.
La principesca dimora dei Grimani a Santa Maria Formosa venne acquistata dallo Stato nel 1981 in stato di grave degrado. Eccezionale scrigno di antichità e di opere d’arte, il palazzo fu meta sin dal Cinquecento di visite di stato e oggetto di un’entusiastica descrizione nella Venetia di Francesco Sansovino. La famiglia Grimani era una delle più in vista di Venezia, annoverando tra i suoi membri personalità illustri come il doge Antonio, il cardinale Domenico, suo figlio, e i nipoti Vettore, procuratore di San Marco, e Giovanni, patriarca di Aquileia. Grazie alla fortuna finanziaria accumulata dal doge Antonio, i Grimani poterono diventare mecenati d'arte e raffinati collezionisti.
Domenico, oltre alle opere antiche e moderne, acquistò la biblioteca di Pico della Mirandola e lo splendido Breviario di scuola ganto-bruggese oggi conservato nella Biblioteca Marciana.
Giovanni, che negli anni sessanta del Cinquecento decise di ampliare il palazzo secondo modi improntati all'architettura di matrice centro italiana, ideò forse lui stesso quella splendida Tribuna, una sorta di “museo” a pianta centrale, che alloggiava più di centotrenta sculture tra opere greche e romane e costituiva un unicum dal punto di vista stilistico privo di riscontri a Venezia: rigorosa, solenne, illuminata dalla luce che spioveva dalla lanterna centrale. Le antichità della collezione divennero parte integrante del palazzo ed esaltavano ancor più gli ambienti in cui erano esposte. Dalla donazione di queste raccolte archeologiche nacque lo Statuario Pubblico della Serenissima, nucleo originario dell’odierno Museo Archeologico Nazionale di Venezia.
Palazzo Grimani con gli straordinari elementi architettonici e con le decorazioni murali di Francesco Salviati, Federico Zuccari e Camillo Mantovano, gli stucchi e le pitture di Giovanni da Udine è, prima di tutto, il “museo di se stesso”.
Grazie anche agli studi più recenti di Irene Favaretto, Giovanna Ravagnan, Marcella De Paoli e Eva Socal, si è in grado di ricreare con una buona approssimazione la disposizione delle opere d’arte antica nel palazzo, di cui rimarranno dei “segni” nell’attuale allestimento: ad esempio, nella Tribuna verrà sospeso alla lanterna il famoso gruppo scultoreo di Ganimede rapito dall’aquila, una delle opere più ammirate della raccolta. Ma come tutte le collezioni dei principi del Rinascimento, quella dei Grimani non si limitava alle antichità greche e romane, estendendosi anche alla pittura fiamminga: Memling, Bosch, Patinir; al grande tedesco Dürer, al geniale Jacopo de’ Barbari, e ai maggiori artisti italiani del Cinquecento: Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Giorgione, Tiziano, Tintoretto. E anche disegni, arazzi, gemme, cammei, ceramiche e molto altro. Si intende ricostruire, grazie alla selezione di opere iniziata da Daniele Ferrara e completata da Maria Cristina Dossi, almeno in piccola parte il gusto collezionistico dei Grimani. Torneranno “a casa”, dopo un attento restauro a cura di Alfeo Michieletto, le straordinarie quattro Visioni dell’aldilà di Hieronimus Bosch che il Michiel aveva annotato nel 1521 descrivendo la raccolta.
Si segnalano alcune stanze, fra le molte, particolarmente affascinanti: i camerini di Callisto e di Apollo con gli stucchi e le pitture murali di Giovanni da Udine e di Francesco Salviati, nella parte vecchia del palazzo, caratterizzata da interventi databili intorno agli anni Quaranta del Cinquecento; le stanze da pranzo e "delle verzure" di Camillo Mantovano, la sala del doge Antonio con la cappella nell’ala nuova, risalente agli anni sessanta del secolo, ove Giovanni volle affermare la sua integrità dottrinale segnata dal sospetto di eresia, figurando una complessa trama iconografica con l’impiego del simbolo, dell’emblema, del rebus, di elementi della cabala, dall’alchimia, dalla scienza cosmo astrologica, geroglifica, biblica a lui ben familiari.
A partire dal 1984 i restauri dell'intera fabbrica, supportati da un'approfondita attività interdisciplinare di ricerca, hanno portato al risanamento di tetti, fondazioni, murature, infissi, solai, intonaci, pavimenti e decorazioni e si sono conclusi con la dotazione impiantistica e con le opere di difesa dalle maree. La progettazione e direzione dei lavori è stata affidata ai tecnici della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici Mario Piana, Claudio Menichelli e Annalisa Bristot, con la collaborazione di Alessandro Longega, Ferdinando Rizzardo, Francesco Zullo e Natale Frattin e alcuni qualificati apporti esterni per gli aspetti strutturali e impiantistici.
Nel 2008, grazie a Barbara Accordi, con il contributo di Andrea Missori per la parte della sicurezza e dei funzionari del Polo per la movimentazione delle opere e l’organizzazione del museo –Roberto Fontanari, Riccardo Campion, Sandra Rossi-, si è riusciti a creare un allestimento museale estremamente discreto e rigoroso, che non distoglie l’attenzione dalla contemplazione delle opere e soprattutto dagli ambienti, adottando i corpi tecnologici studiati dal Laboratorio Museotecnico di Goppion nell’ottica del minor impatto possibile con le fragili strutture del palazzo.
Il nuovo museo sarà legato al Museo Archeologico con un fil-rouge: le opere appartenenti ai Grimani verranno contrassegnate in modo da essere immediatamente riconoscibili ed entrambi potranno usufruire di un biglietto comune. Postazioni con ricostruzioni virtuali della sezione archeologica a cura di Marcella De Paoli, col generoso sostegno del Venice in Peril Fund, saranno consultabili in entrambi gli istituti. Numerosi calchi verranno messi a disposizione dei non vedenti in una saletta “amica” e un ascensore consentirà il superamento delle barriere architettoniche per l’accesso al piano nobile.
In considerazione della particolarità e dell’importanza che Palazzo Grimani riveste nella storia della città e nel cuore dei veneziani, da martedì 23 dicembre 2008 a martedì 6 gennaio 2009 la Soprintendenza speciale PSAE e per il Polo Museale di Venezia sarà lieta di far visitare gratuitamente ed esclusivamente il palazzo a tutti i cittadini nati e/o residenti a Venezia. La visita sarà consentita solo previa prenotazione telefonica al n. 041 5200345 e la presentazione di un documento di identità all’ingresso.
La principesca dimora dei Grimani a Santa Maria Formosa venne acquistata dallo Stato nel 1981 in stato di grave degrado. Eccezionale scrigno di antichità e di opere d’arte, il palazzo fu meta sin dal Cinquecento di visite di stato e oggetto di un’entusiastica descrizione nella Venetia di Francesco Sansovino. La famiglia Grimani era una delle più in vista di Venezia, annoverando tra i suoi membri personalità illustri come il doge Antonio, il cardinale Domenico, suo figlio, e i nipoti Vettore, procuratore di San Marco, e Giovanni, patriarca di Aquileia. Grazie alla fortuna finanziaria accumulata dal doge Antonio, i Grimani poterono diventare mecenati d'arte e raffinati collezionisti.
Domenico, oltre alle opere antiche e moderne, acquistò la biblioteca di Pico della Mirandola e lo splendido Breviario di scuola ganto-bruggese oggi conservato nella Biblioteca Marciana.
Giovanni, che negli anni sessanta del Cinquecento decise di ampliare il palazzo secondo modi improntati all'architettura di matrice centro italiana, ideò forse lui stesso quella splendida Tribuna, una sorta di “museo” a pianta centrale, che alloggiava più di centotrenta sculture tra opere greche e romane e costituiva un unicum dal punto di vista stilistico privo di riscontri a Venezia: rigorosa, solenne, illuminata dalla luce che spioveva dalla lanterna centrale. Le antichità della collezione divennero parte integrante del palazzo ed esaltavano ancor più gli ambienti in cui erano esposte. Dalla donazione di queste raccolte archeologiche nacque lo Statuario Pubblico della Serenissima, nucleo originario dell’odierno Museo Archeologico Nazionale di Venezia.
Palazzo Grimani con gli straordinari elementi architettonici e con le decorazioni murali di Francesco Salviati, Federico Zuccari e Camillo Mantovano, gli stucchi e le pitture di Giovanni da Udine è, prima di tutto, il “museo di se stesso”.
Grazie anche agli studi più recenti di Irene Favaretto, Giovanna Ravagnan, Marcella De Paoli e Eva Socal, si è in grado di ricreare con una buona approssimazione la disposizione delle opere d’arte antica nel palazzo, di cui rimarranno dei “segni” nell’attuale allestimento: ad esempio, nella Tribuna verrà sospeso alla lanterna il famoso gruppo scultoreo di Ganimede rapito dall’aquila, una delle opere più ammirate della raccolta. Ma come tutte le collezioni dei principi del Rinascimento, quella dei Grimani non si limitava alle antichità greche e romane, estendendosi anche alla pittura fiamminga: Memling, Bosch, Patinir; al grande tedesco Dürer, al geniale Jacopo de’ Barbari, e ai maggiori artisti italiani del Cinquecento: Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Giorgione, Tiziano, Tintoretto. E anche disegni, arazzi, gemme, cammei, ceramiche e molto altro. Si intende ricostruire, grazie alla selezione di opere iniziata da Daniele Ferrara e completata da Maria Cristina Dossi, almeno in piccola parte il gusto collezionistico dei Grimani. Torneranno “a casa”, dopo un attento restauro a cura di Alfeo Michieletto, le straordinarie quattro Visioni dell’aldilà di Hieronimus Bosch che il Michiel aveva annotato nel 1521 descrivendo la raccolta.
Si segnalano alcune stanze, fra le molte, particolarmente affascinanti: i camerini di Callisto e di Apollo con gli stucchi e le pitture murali di Giovanni da Udine e di Francesco Salviati, nella parte vecchia del palazzo, caratterizzata da interventi databili intorno agli anni Quaranta del Cinquecento; le stanze da pranzo e "delle verzure" di Camillo Mantovano, la sala del doge Antonio con la cappella nell’ala nuova, risalente agli anni sessanta del secolo, ove Giovanni volle affermare la sua integrità dottrinale segnata dal sospetto di eresia, figurando una complessa trama iconografica con l’impiego del simbolo, dell’emblema, del rebus, di elementi della cabala, dall’alchimia, dalla scienza cosmo astrologica, geroglifica, biblica a lui ben familiari.
A partire dal 1984 i restauri dell'intera fabbrica, supportati da un'approfondita attività interdisciplinare di ricerca, hanno portato al risanamento di tetti, fondazioni, murature, infissi, solai, intonaci, pavimenti e decorazioni e si sono conclusi con la dotazione impiantistica e con le opere di difesa dalle maree. La progettazione e direzione dei lavori è stata affidata ai tecnici della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici Mario Piana, Claudio Menichelli e Annalisa Bristot, con la collaborazione di Alessandro Longega, Ferdinando Rizzardo, Francesco Zullo e Natale Frattin e alcuni qualificati apporti esterni per gli aspetti strutturali e impiantistici.
Nel 2008, grazie a Barbara Accordi, con il contributo di Andrea Missori per la parte della sicurezza e dei funzionari del Polo per la movimentazione delle opere e l’organizzazione del museo –Roberto Fontanari, Riccardo Campion, Sandra Rossi-, si è riusciti a creare un allestimento museale estremamente discreto e rigoroso, che non distoglie l’attenzione dalla contemplazione delle opere e soprattutto dagli ambienti, adottando i corpi tecnologici studiati dal Laboratorio Museotecnico di Goppion nell’ottica del minor impatto possibile con le fragili strutture del palazzo.
Il nuovo museo sarà legato al Museo Archeologico con un fil-rouge: le opere appartenenti ai Grimani verranno contrassegnate in modo da essere immediatamente riconoscibili ed entrambi potranno usufruire di un biglietto comune. Postazioni con ricostruzioni virtuali della sezione archeologica a cura di Marcella De Paoli, col generoso sostegno del Venice in Peril Fund, saranno consultabili in entrambi gli istituti. Numerosi calchi verranno messi a disposizione dei non vedenti in una saletta “amica” e un ascensore consentirà il superamento delle barriere architettoniche per l’accesso al piano nobile.
23
dicembre 2008
Inaugurazione di Palazzo Grimani
Dal 23 dicembre 2008 al 06 gennaio 2009
Location
PALAZZO GRIMANI
Venezia, Castello, 4858, (Venezia)
Venezia, Castello, 4858, (Venezia)
Biglietti
Da mercoledì 7 gennaio 2009 il costo del biglietto sarà di 8 euro, 4 euro il ridotto.
Orario di apertura
gruppi di 25 persone, accompagnate da una guida con partenze fisse alle ore 09.30, 11.30, 13.30 di ogni giorno, lunedì escluso.
Vernissage
20 Dicembre 2008, ore 11
Editore
MARSILIO