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Donatella Lombardo / Caterina Morelli
Doppia personale nella quale esordiranno Pan Ke e Mohini Pettinato, classe V dell’Istituto Statale d’Arte di Bologna
Comunicato stampa
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Donatella Lombardo.
Durante gli anni accademici, trascorsi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, nasce l’interesse per l’utilizzo del filo nell’opera d’arte, attraverso una ricerca che mi piace chiamare “Geografie dell’Immagine”. Una ricerca che transita nei luoghi della memoria, spaziando in quel tempo dilatato e apparentemente vuoto del ricordo-immagine. È un modo per “ricordare” attraverso alcuni elementi (come i frammenti di carta, le forme di aquiloni etc.) quelli che erano i giochi semplici della propria infanzia. L’atto del cucire si pone, dunque, come recupero di un ricordo/passato che ‘scompare’:
…il filo e la stoffa riaprono e ricuciono quei ricordi raffreddati dal tempo.
Le forme che emergono sono distorsioni, tracce vuote e paralizzate… gusci
abbandonati nei luoghi-non luoghi della memoria…
«L’arte povera ha ri-costruito il contatto con la semplicità delle cose e con la loro “calda” materialità. Questa artista ama la manualità compositiva e la realizzazione del manufatto che è rivelazione della gioia del fare e del tradurre l’arte in azione, sapendo cogliere le evocazioni che in essa si specchiano: nelle piccole tracce della memoria l’arte si fa bambina».
Prof. Franchino Falsetti
Caterina Morelli.
Una finestra dalle lunghe tende. Una vasca di pesci rossi su di un comodino. Una sedia a dondolo, e l’armadio accanto a essa. E poi ancora un termosifone e un televisore. Oggetti e arredamenti, rapiti dagli interni di luoghi vissuti e liberati dalla reclusione delle mura domestiche. Infissi e suppellettili che si accaparrano il ruolo di protagonisti rendendo aperto quello spazio considerato per antonomasia come il chiuso.
Questo è quanto si materializza sulle tele di Caterina Morelli.
Quasi un processo di personificazione, atto a distruggere la condizione subalterna vissuta dagli arredi e a esaltarne il carattere di unicità attraverso la tecnica mista che pare caratterizzarli alla stregua di personaggi letterari, osservati sin dalle tensioni profonde che li contraddistinguono e dall’ossatura richiamata dal tratto a matita nudo e visibile al di sotto del colore. Ma nessun ordine gerarchico intende imporsi all’occhio che osservi la struttura dell’oggetto rappresentato: filo, segno a matita, vernice e pittura ad olio intraprendono una convivenza serena e scevra da intenti prevaricatori di una tecnica rispetto all’altra. Spesso esaltazione e occultamento si confondono sotto la copertura di una vernice bianca e cangiante, volenterosa di custodire gli oggetti sotto il suo mantello, mentre il nascondiglio costituito dal colore ad olio viene alle volte strappato via quasi con violenza per rendere manifesto il tratto originario. L’atto del cucire tesse le trame su di una pittura che diviene ciò che dipinge e ne assume le forme, assottigliandosi sino a divenire filo di lana e ingrossandosi fino a marcare le asperità e la nodosità del legno. E se il tratto pittorico segue la materia e le sue evoluzioni, ecco che invece il filo diviene segno e contorno, o ancora si diverte ad ammantare superfici e dettagli. La rivincita di quegli oggetti sui quali il nostro sguardo si pone giorno per giorno in maniera distaccatamente naturale è dunque compiuta. E non solo attraverso la rivalsa della rappresentazione, ma finalmente attraverso la percezione del loro essere spettatori e compagni della nostra esistenza.
Sara Dragani
Durante gli anni accademici, trascorsi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, nasce l’interesse per l’utilizzo del filo nell’opera d’arte, attraverso una ricerca che mi piace chiamare “Geografie dell’Immagine”. Una ricerca che transita nei luoghi della memoria, spaziando in quel tempo dilatato e apparentemente vuoto del ricordo-immagine. È un modo per “ricordare” attraverso alcuni elementi (come i frammenti di carta, le forme di aquiloni etc.) quelli che erano i giochi semplici della propria infanzia. L’atto del cucire si pone, dunque, come recupero di un ricordo/passato che ‘scompare’:
…il filo e la stoffa riaprono e ricuciono quei ricordi raffreddati dal tempo.
Le forme che emergono sono distorsioni, tracce vuote e paralizzate… gusci
abbandonati nei luoghi-non luoghi della memoria…
«L’arte povera ha ri-costruito il contatto con la semplicità delle cose e con la loro “calda” materialità. Questa artista ama la manualità compositiva e la realizzazione del manufatto che è rivelazione della gioia del fare e del tradurre l’arte in azione, sapendo cogliere le evocazioni che in essa si specchiano: nelle piccole tracce della memoria l’arte si fa bambina».
Prof. Franchino Falsetti
Caterina Morelli.
Una finestra dalle lunghe tende. Una vasca di pesci rossi su di un comodino. Una sedia a dondolo, e l’armadio accanto a essa. E poi ancora un termosifone e un televisore. Oggetti e arredamenti, rapiti dagli interni di luoghi vissuti e liberati dalla reclusione delle mura domestiche. Infissi e suppellettili che si accaparrano il ruolo di protagonisti rendendo aperto quello spazio considerato per antonomasia come il chiuso.
Questo è quanto si materializza sulle tele di Caterina Morelli.
Quasi un processo di personificazione, atto a distruggere la condizione subalterna vissuta dagli arredi e a esaltarne il carattere di unicità attraverso la tecnica mista che pare caratterizzarli alla stregua di personaggi letterari, osservati sin dalle tensioni profonde che li contraddistinguono e dall’ossatura richiamata dal tratto a matita nudo e visibile al di sotto del colore. Ma nessun ordine gerarchico intende imporsi all’occhio che osservi la struttura dell’oggetto rappresentato: filo, segno a matita, vernice e pittura ad olio intraprendono una convivenza serena e scevra da intenti prevaricatori di una tecnica rispetto all’altra. Spesso esaltazione e occultamento si confondono sotto la copertura di una vernice bianca e cangiante, volenterosa di custodire gli oggetti sotto il suo mantello, mentre il nascondiglio costituito dal colore ad olio viene alle volte strappato via quasi con violenza per rendere manifesto il tratto originario. L’atto del cucire tesse le trame su di una pittura che diviene ciò che dipinge e ne assume le forme, assottigliandosi sino a divenire filo di lana e ingrossandosi fino a marcare le asperità e la nodosità del legno. E se il tratto pittorico segue la materia e le sue evoluzioni, ecco che invece il filo diviene segno e contorno, o ancora si diverte ad ammantare superfici e dettagli. La rivincita di quegli oggetti sui quali il nostro sguardo si pone giorno per giorno in maniera distaccatamente naturale è dunque compiuta. E non solo attraverso la rivalsa della rappresentazione, ma finalmente attraverso la percezione del loro essere spettatori e compagni della nostra esistenza.
Sara Dragani
29
maggio 2009
Donatella Lombardo / Caterina Morelli
Dal 29 maggio al 29 luglio 2009
arte contemporanea
Location
INA ASSITALIA – VIA DE’ PIGNATTARI
Bologna, Via De' Pignattari, 3 , (Bologna)
Bologna, Via De' Pignattari, 3 , (Bologna)
Orario di apertura
lunedì-giovedì, 9.00-13.00 14.30-17.30, venerdì, 9.00-13.00
Vernissage
29 Maggio 2009, ore 18.30
Autore