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L’Ara Pacis a colori
Tornano alla luce i colori forti e vivaci dei marmi antichi dell’Ara Pacis, grazie ad una nuova e sofisticata tecnologia virtuale applicata per la prima volta nella storia dell’archeologia su un monumento di età romana e grazie anche al considerevole supporto di GROS – Gruppo Romano Supermercati.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L'Ara Pacis a colori
domenica 22 novembre 2009 alle ore 21
Roma, Museo dell'Ara Pacis
Comunicato stampa
Un nuovo sistema di illuminazione
restituisce i colori ai marmi dell’Ara Pacis
Iniziativa promossa dal Comune di Roma,
Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali,
realizzata grazie al contributo del GROS - Gruppo Romano Supermercati,
con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura
Roma, venerdì 20 novembre 2009
Tornano alla luce i colori forti e vivaci dei marmi antichi dell’Ara Pacis, grazie ad una nuova e sofisticata tecnologia virtuale applicata per la prima volta nella storia dell’archeologia su un monumento di età romana e grazie anche al considerevole supporto di GROS - Gruppo Romano Supermercati.
Domenica 22 novembre 2009 alle ore 21 per un pubblico di “addetti ai lavori” e dalle ore 22 a mezzanotte con ingresso libero, l’emozione di vedere “l’Ara Pacis a colori” sarà un’“anteprima” di ciò che, prossimamente, gli amanti di uno dei monumenti simbolo della Capitale potranno vivere sempre più spesso, in occasioni particolari legate alle festività e alla storia della città di Roma.
Prime prove di proiezione furono effettuate nel corso del 2007 e del 2008, fino a quando, il 23 settembre 2008, giorno del natale di Augusto, il fronte occidentale dell’Ara Pacis fu “colorato” per la prima volta. Il 22 novembre del 2009 l’evento si completa.
Verranno illuminati a colori sia il fronte occidentale sia quello orientale raffiguranti i pannelli di Enea sacrificante ai Penati e del Lupercale sul fronte occidentale, i pannelli della Tellus e della Dea Roma sul fronte orientale e il grande fregio vegetale su entrambi i fronti.
La tecnica di proiezione è stata aggiornata e rinnovata grazie a proiettori digitali che consentono di modificare e modulare i profili e i colori in tempo reale.
Anche se gli oltre mille anni di permanenza nel sottosuolo del Campo Marzio hanno cancellato dal monumento dell’Ara Pacis ogni traccia visibile di colore, non sussistono dubbi sul fatto che in origine l’altare fosse variopinto. Innanzitutto perché è ormai assodato che l’utilizzo dei colori per i monumenti fosse abituale. Inoltre, nel corso del 2008/2009 è stato effettuato un ciclo di ricerche (analisi chimiche e spettroscopiche realizzate con tecnologia adeguata) eseguite dai Laboratori Scientifici dei Musei Vaticani per conto della Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma che hanno provato senza dubbio l’esistenza di colore sull’altare e su alcuni suoi frammenti, mai restaurati in quanto non reinseriti nella ricostruzione del 1938.
La scelta delle singole tinte per “l’Ara Pacis a colori” è stata operata sulla base di confronti con la pittura romana, specialmente pompeiana, studi condotti su monumenti più tardi ma influenzati dall’Ara Pacis e ricerche cromatiche svolte sulle architetture e sulla scultura greco-romana.
Particolare attenzione è stata dedicata al grande fregio vegetale, capolavoro assoluto dell’arte decorativa romana. A questo scopo la cattedra di Botanica dell’Università degli Studi Roma 3 ha condotto un dettagliato riconoscimento delle specie rappresentate, individuandone oltre settanta e la colorazione risulta impostata su una base di veridicità, rispettando i colori naturali delle piante raffigurate.
Sull’ipotesi della colorazione originaria dell’Ara Pacis ha in questi anni lavorato un gruppo di studio che si formò in occasione dell’allestimento del nuovo Museo progettato da Richard Meier. In particolare fu approntato un modello tridimensionale dell’altare – oggi inserito nell’apparato didattico permanente – su cui è stata applicata una restituzione del colore realizzata in base a criteri filologici e storico-stilistici. Da questo modello è nata l’idea di proiettare direttamente sulle superfici dell’altare raggi di luce colorata, in modo tale da far rivivere, senza rischio per la conservazione del monumento, l’effetto totale e realistico della colorazione originaria.
Anche in questo caso si è inteso mantenere un approccio critico, non al fine di “colorare” l’Ara Pacis, ma con l’obiettivo di restituirne, per quanto in via ipotetica, l’aspetto originale. A questo spirito si conforma anche la scelta di proiettare sulle superfici non solo il colore delle parti pervenute, ma anche completare le parti perdute a fronte di ipotesi condivise e acquisizioni consolidate.
La ricostruzione ipotetica del colore per ciascuno dei quattro principali pannelli dell’Ara ha coinvolto molte competenze: Orietta Rossini per l’ideazione della ricostruzione del colore e delle proiezioni; Stefano Borghini, Raffaele Carlani per lo studio del colore; Giulia Caneva, Paolo Liverani, Eugenio La Rocca, Alessandro Viscogliosi quali consulenti; Ulderico Santamaria per le analisi scientifiche e di laboratorio; Angelo Merante per la restituzione in grafica digitale; Renata Piccininni per il coordinamento; Enzo Serrani per l’allestimento; Stefano Castellani per il rilievo fotografico; Gianluca Zanzi per la collaborazione tecnico-scientifica; Studio V7 per la realizzazione.
“L’Ara Pacis a colori” è un’iniziativa promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali, realizzata grazie al contributo del GROS - Gruppo Romano Supermercati, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.
L'Ara Pacis a colori
Roma, Museo dell'Ara Pacis
Descrizione dei pannelli illuminati a colori
Fronte Occidentale
Enea sacrificante ai Penati
“Un sacerdote disceso da Enea tocca numi che gli sono parenti” così Ovidio nei Fasti sintetizza il probabile significato intrinseco del rilievo detto di Enea sacrificante ai Penati, cioè l’identificazione di Augusto con il fondatore mitico e capostipite della gens Iulia.
Punto di partenza è l’VIII libro dell’Eneide e le vicissitudini del principe troiano narrate da Virgilio attraverso cui si compie la fondazione di Roma. Gli studiosi hanno accolto in passato la tesi dello studioso J. Sieveking che per primo ha creduto di riconoscere la figura Enea nel sacrificante al centro di questo pannello. Recentemente tuttavia questa ipotesi è stata contestata da Paul Rehak (2001) che ha suggerito in Numa Pompilio – secondo re di Roma - la reale identità di questo personaggio.
Dando credito alla prima tesi, la più probabile, in questo rilievo - uno dei più integri dell’intera composizione - appare al centro il pater Enea in veste sacerdotale, il capo coperto dal mantello, l’aspetto venerabile, raffigurato mentre onora gli dei con un’offerta su un altare rustico.
Due giovani lo assistono, l’uno recando un vassoio e una brocca, l’altro sospingendo una scrofa verso il sacrificio. Alle spalle del principe troiano è a stento visibile una figura, identificabile con Ascanio, il figlio di Enea, con l’aspetto tuttavia non più del bambino fuggito da Troia con il padre, bensì di uomo ormai adulto.
Sullo sfondo di questa composizione, la presenza del tempio dei Penati – numi troiani progenitori della casa d’Enea e della gens Iulia - attribuisce all’opera un valore che va al di là della semplice rappresentazione del mito. Per un gioco di rimandi fortemente allusivo, infatti, le due divinità che assistono al sacrificio dall’alto sono gli stessi antenati protettori della casa e della persona di Augusto e ne confermano quindi le origini divine. Un legame parentale lega dunque l’immagine di Enea, fondatore mitico di Roma, ad Augusto - nel marzo del 12 a.C. eletto pontifex maximus – rendendo sovrapponibili le due entità.
Lupercale
Accanto al pannello di Enea è rappresentato un altro momento saliente del mito della Fondazione di Roma: Romolo e Remo allattati dalla Lupa. Sono pochi frammenti, estratti negli scavi effettuati nel 1859, 1903 e 1937 dalle fondamenta di palazzo Fiano-Almagià, in Piazza S. Lorenzo in Lucina al Rione Colonna.
Al centro della composizione un frammento della ficus ruminalis, albero che inquadra la scena mitologica, con alla destra il pastore Faustolo, tutore dei gemelli, simbolo del legame tra le popolazioni autoctone - che popolavano il Palatino prima della fondazione di Roma - e i discendenti di Enea.
A sinistra dell’albero appare la testa del dio Marte – genitore di Romolo e Remo insieme alla vestale Rea Silvia - in vesti guerriere, il frammento più significativo della composizione. Ritrovato nel 1859 e venduto ad un collezionista privato, solo nel 1938, dopo essere stata riportata a Roma da Vienna, la testa ritrova la sua collocazione come parte essenziale della scena del Lupercale, insieme a frammenti della corazza e del ginocchio.
Il programma augusteo di riforma religiosa e morale comprendeva, oltre al restauro della grotta ai piedi del Palatino - luogo fisico del mito dei gemelli - il ripristino degli antichi rituali ad esso connessi. In questo contesto si inserisce anche la collocazione in Campo Marzio, sull’Ara Pacis, di immagini “devozionali” , Lupercale e Enea sacrificante, offerte al culto dei romani che potevano così ritrovare le proprie origini mitiche.
Fronte Orientale
Pannello della Tellus
Summa visiva del programma propagandistico e di riforma religiosa di Augusto, a questa immagine sono state, nel corso del tempo, attribuite molteplici interpretazioni.
Alcuni studiosi hanno scorto nell’immagine la personificazione di Venere genitrice, che farebbe coppia col rilievo simmetrico della dea Roma, i cui culti saranno poi accoppiati. Altri vedono l’immagine come rappresentazione della Pax Augusta, dispensatrice di fertilità, o come Tellus, personificazione della terra madre.
In realtà in questa figura di dea seduta sulle rocce si sommano tutte queste interpretazioni in una sorta di voluta ambiguità, mirante alla glorificazione dell’età dell’oro augustea. La composizione, con al centro la dea vestita con un leggero chitone e incoronata di fiori e frutta, è uno dei rilievi meglio conservati dell'insieme.
La dea sostiene due putti e sul grembo ha un grappolo d’uva e melograni. Ai lati due giovani donne stringono i lembi di un mantello, l’una seduta sopra un drago marino, l’altra su un cigno, simboli di mare e di terra. In basso, ai piedi delle figure femminili, un bue e una pecora. I simboli alludono complessivamente alla fertilità e alla pace come ben sintetizzano i versi del De rerum natura di Lucrezio: “Madre dei romani, voluttuoso piacere degli uomini e degli dei, Venere nutrice…davanti a te, o dea, …fuggono i venti….. sotto i tuoi passi la terra si copre dei fiori più soavi….”
Il rilievo, rinvenuto nel XVI secolo presso palazzo Fiano-Almagià, in Piazza S. Lorenzo in Lucina, entrò a far parte delle collezioni dei Medici acquistate a Roma. Venne in seguito trasportato a Firenze e conservato nel vestibolo monumentale degli Uffizi. Negli anni '30, con il rinvenimento e la ricostruzione dell'Ara Pacis, venne restituito a Roma.
Pannello della Dea Roma
Di questo rilievo, il più lacunoso dei quattro, nel 1903 sono stati ritrovati solo due frammenti – uno scudo e il grembo di una figura femminile seduta - estratti anch’essi dalle fondamenta di Palazzo Fiano-Almagià. Lo studioso Pasqui ne attribuì subito l’origine al pannello dell’Ara Pacis a destra della Tellus intuendo la corrispondenza speculare e simbolica delle due divinità rappresentate.
La ricomposizione fu completata nel 1938, quando, attraverso fonti coeve all’Ara Pacis, si identificò la figura come dea Roma, insieme alla dea Tellus al suo fianco simbolo di prosperità e pace nella Roma vittoriosa di Augusto.
Il disegno che sostituisce il rilievo perduto è stato eseguito da O. Ferretti nel 1949 e rappresenta la dea seduta in veste di amazzone con il seno nudo, con spada e asta nelle mani. Sono stati omessi Honos e Virtus, divinità maschili probabilmente presenti nel rilievo originale, tradizionalmente rappresentati nelle scene di trionfo.
Il grande fregio vegetale
Il lussureggiante fregio vegetale lungo i lati esterni dell’Ara Pacis è la parte più rilevante di tutto il ciclo scultoreo del monumento. La ricchezza cromatica originaria doveva renderlo straordinariamente dinamico: possiamo immaginare il rosa per i fiori d’acanto, il bianco per il loto, il rosso delle bacche e delle rosacee, il viola degli iris, forse il blu o l’oro dello sfondo.
A partire da un cespo di acanto si dispiegano volute di edera, di alloro, di vite, si dipartono viticci e palmette, sboccia una grande varietà di fiori. Tra le piante intrecciate trovano spazio piccoli animali, quali rane, scorpioni, lumache, lucertole, farfalle, serpenti e uccelli.
Nessun monumento antico ha dedicato un così ampio spazio a un motivo vegetale, chiaramente di significato che travalica l’ornamentale. Il seculum aureum di Augusto si annuncia con questa ampia produzione di frutti e messi come Virgilio canta nella IV Ecloga: “Per te, o fanciullo, la terra non coltivata effonderà i primi piccoli doni….”.
Ma non solo: anche la pax deorum è resa possibile grazie al princeps, non basta dunque una legittimità politica per la persona di Augusto, bensì è necessaria una legittimazione divina che giustifichi la sua necessità cosmica. Tutta la composizione vegetale si compendia così nel tridente con fiore centrale aperto a due boccioli in corrispondenza di Augusto e Agrippa, futuri reggitori dello Stato.
Il fregio vegetale è stato in gran parte recuperato a partire dal 1859, salvo la porzione sotto alla Tellus ritrovata nel XVI secolo. Le parti perdute sono sostituite da calchi o da rimodellazioni.
GROS
Gruppo Romano Supermercati (aderente a Federlazio)
Il GROS è nato come Consorzio nel 2001, quando 12 aziende, di cui 11 romane ed 1 operante nel frusinate, hanno deciso di riunirsi per ottimizzare le condizioni di acquisto e migliorare la propria competitività nei confronti della G.D., per lo più di origine straniera, in forte espansione allora sul territorio romano.
Le 12 aziende hanno finora operato con marchi ben noti ai consumatori romani, PIM-PEWEX-CTS- IPERTRISCOUNT- IL CASTORO- MA - SACOPH- SPENDI BENE - EFFE PIU’-TER-IDROMARKET-DEM.
Oggi il Gruppo Romano Supermercati opera attraverso 125 punti vendita, 93.000 mq di area di vendita, 575 casse, oltre 3.000 dipendenti. Nel 1° semestre del 2009 ha raggiunto un fatturato di 400 milioni di Euro ed a fine anno supererà gli 850 milioni, grazie anche alle nuove aperture in programma. Questo fatturato rappresenta il 20% circa del totale vendite dei supermercati a Roma, con l’obiettivo di raggiungere il 25% aprendo a nuovi soci con caratteristiche simili.
Il segreto di questo successo è dovuto all’attività svolta nei propri punti vendita da 12 imprenditori e dai propri familiari, e ad un’intensissima attività promozionale che prevede nell’anno 31 periodi promozionali, pubblicizzati da milioni di volantini distribuiti nel territorio.
domenica 22 novembre 2009 alle ore 21
Roma, Museo dell'Ara Pacis
Comunicato stampa
Un nuovo sistema di illuminazione
restituisce i colori ai marmi dell’Ara Pacis
Iniziativa promossa dal Comune di Roma,
Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali,
realizzata grazie al contributo del GROS - Gruppo Romano Supermercati,
con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura
Roma, venerdì 20 novembre 2009
Tornano alla luce i colori forti e vivaci dei marmi antichi dell’Ara Pacis, grazie ad una nuova e sofisticata tecnologia virtuale applicata per la prima volta nella storia dell’archeologia su un monumento di età romana e grazie anche al considerevole supporto di GROS - Gruppo Romano Supermercati.
Domenica 22 novembre 2009 alle ore 21 per un pubblico di “addetti ai lavori” e dalle ore 22 a mezzanotte con ingresso libero, l’emozione di vedere “l’Ara Pacis a colori” sarà un’“anteprima” di ciò che, prossimamente, gli amanti di uno dei monumenti simbolo della Capitale potranno vivere sempre più spesso, in occasioni particolari legate alle festività e alla storia della città di Roma.
Prime prove di proiezione furono effettuate nel corso del 2007 e del 2008, fino a quando, il 23 settembre 2008, giorno del natale di Augusto, il fronte occidentale dell’Ara Pacis fu “colorato” per la prima volta. Il 22 novembre del 2009 l’evento si completa.
Verranno illuminati a colori sia il fronte occidentale sia quello orientale raffiguranti i pannelli di Enea sacrificante ai Penati e del Lupercale sul fronte occidentale, i pannelli della Tellus e della Dea Roma sul fronte orientale e il grande fregio vegetale su entrambi i fronti.
La tecnica di proiezione è stata aggiornata e rinnovata grazie a proiettori digitali che consentono di modificare e modulare i profili e i colori in tempo reale.
Anche se gli oltre mille anni di permanenza nel sottosuolo del Campo Marzio hanno cancellato dal monumento dell’Ara Pacis ogni traccia visibile di colore, non sussistono dubbi sul fatto che in origine l’altare fosse variopinto. Innanzitutto perché è ormai assodato che l’utilizzo dei colori per i monumenti fosse abituale. Inoltre, nel corso del 2008/2009 è stato effettuato un ciclo di ricerche (analisi chimiche e spettroscopiche realizzate con tecnologia adeguata) eseguite dai Laboratori Scientifici dei Musei Vaticani per conto della Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma che hanno provato senza dubbio l’esistenza di colore sull’altare e su alcuni suoi frammenti, mai restaurati in quanto non reinseriti nella ricostruzione del 1938.
La scelta delle singole tinte per “l’Ara Pacis a colori” è stata operata sulla base di confronti con la pittura romana, specialmente pompeiana, studi condotti su monumenti più tardi ma influenzati dall’Ara Pacis e ricerche cromatiche svolte sulle architetture e sulla scultura greco-romana.
Particolare attenzione è stata dedicata al grande fregio vegetale, capolavoro assoluto dell’arte decorativa romana. A questo scopo la cattedra di Botanica dell’Università degli Studi Roma 3 ha condotto un dettagliato riconoscimento delle specie rappresentate, individuandone oltre settanta e la colorazione risulta impostata su una base di veridicità, rispettando i colori naturali delle piante raffigurate.
Sull’ipotesi della colorazione originaria dell’Ara Pacis ha in questi anni lavorato un gruppo di studio che si formò in occasione dell’allestimento del nuovo Museo progettato da Richard Meier. In particolare fu approntato un modello tridimensionale dell’altare – oggi inserito nell’apparato didattico permanente – su cui è stata applicata una restituzione del colore realizzata in base a criteri filologici e storico-stilistici. Da questo modello è nata l’idea di proiettare direttamente sulle superfici dell’altare raggi di luce colorata, in modo tale da far rivivere, senza rischio per la conservazione del monumento, l’effetto totale e realistico della colorazione originaria.
Anche in questo caso si è inteso mantenere un approccio critico, non al fine di “colorare” l’Ara Pacis, ma con l’obiettivo di restituirne, per quanto in via ipotetica, l’aspetto originale. A questo spirito si conforma anche la scelta di proiettare sulle superfici non solo il colore delle parti pervenute, ma anche completare le parti perdute a fronte di ipotesi condivise e acquisizioni consolidate.
La ricostruzione ipotetica del colore per ciascuno dei quattro principali pannelli dell’Ara ha coinvolto molte competenze: Orietta Rossini per l’ideazione della ricostruzione del colore e delle proiezioni; Stefano Borghini, Raffaele Carlani per lo studio del colore; Giulia Caneva, Paolo Liverani, Eugenio La Rocca, Alessandro Viscogliosi quali consulenti; Ulderico Santamaria per le analisi scientifiche e di laboratorio; Angelo Merante per la restituzione in grafica digitale; Renata Piccininni per il coordinamento; Enzo Serrani per l’allestimento; Stefano Castellani per il rilievo fotografico; Gianluca Zanzi per la collaborazione tecnico-scientifica; Studio V7 per la realizzazione.
“L’Ara Pacis a colori” è un’iniziativa promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali, realizzata grazie al contributo del GROS - Gruppo Romano Supermercati, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.
L'Ara Pacis a colori
Roma, Museo dell'Ara Pacis
Descrizione dei pannelli illuminati a colori
Fronte Occidentale
Enea sacrificante ai Penati
“Un sacerdote disceso da Enea tocca numi che gli sono parenti” così Ovidio nei Fasti sintetizza il probabile significato intrinseco del rilievo detto di Enea sacrificante ai Penati, cioè l’identificazione di Augusto con il fondatore mitico e capostipite della gens Iulia.
Punto di partenza è l’VIII libro dell’Eneide e le vicissitudini del principe troiano narrate da Virgilio attraverso cui si compie la fondazione di Roma. Gli studiosi hanno accolto in passato la tesi dello studioso J. Sieveking che per primo ha creduto di riconoscere la figura Enea nel sacrificante al centro di questo pannello. Recentemente tuttavia questa ipotesi è stata contestata da Paul Rehak (2001) che ha suggerito in Numa Pompilio – secondo re di Roma - la reale identità di questo personaggio.
Dando credito alla prima tesi, la più probabile, in questo rilievo - uno dei più integri dell’intera composizione - appare al centro il pater Enea in veste sacerdotale, il capo coperto dal mantello, l’aspetto venerabile, raffigurato mentre onora gli dei con un’offerta su un altare rustico.
Due giovani lo assistono, l’uno recando un vassoio e una brocca, l’altro sospingendo una scrofa verso il sacrificio. Alle spalle del principe troiano è a stento visibile una figura, identificabile con Ascanio, il figlio di Enea, con l’aspetto tuttavia non più del bambino fuggito da Troia con il padre, bensì di uomo ormai adulto.
Sullo sfondo di questa composizione, la presenza del tempio dei Penati – numi troiani progenitori della casa d’Enea e della gens Iulia - attribuisce all’opera un valore che va al di là della semplice rappresentazione del mito. Per un gioco di rimandi fortemente allusivo, infatti, le due divinità che assistono al sacrificio dall’alto sono gli stessi antenati protettori della casa e della persona di Augusto e ne confermano quindi le origini divine. Un legame parentale lega dunque l’immagine di Enea, fondatore mitico di Roma, ad Augusto - nel marzo del 12 a.C. eletto pontifex maximus – rendendo sovrapponibili le due entità.
Lupercale
Accanto al pannello di Enea è rappresentato un altro momento saliente del mito della Fondazione di Roma: Romolo e Remo allattati dalla Lupa. Sono pochi frammenti, estratti negli scavi effettuati nel 1859, 1903 e 1937 dalle fondamenta di palazzo Fiano-Almagià, in Piazza S. Lorenzo in Lucina al Rione Colonna.
Al centro della composizione un frammento della ficus ruminalis, albero che inquadra la scena mitologica, con alla destra il pastore Faustolo, tutore dei gemelli, simbolo del legame tra le popolazioni autoctone - che popolavano il Palatino prima della fondazione di Roma - e i discendenti di Enea.
A sinistra dell’albero appare la testa del dio Marte – genitore di Romolo e Remo insieme alla vestale Rea Silvia - in vesti guerriere, il frammento più significativo della composizione. Ritrovato nel 1859 e venduto ad un collezionista privato, solo nel 1938, dopo essere stata riportata a Roma da Vienna, la testa ritrova la sua collocazione come parte essenziale della scena del Lupercale, insieme a frammenti della corazza e del ginocchio.
Il programma augusteo di riforma religiosa e morale comprendeva, oltre al restauro della grotta ai piedi del Palatino - luogo fisico del mito dei gemelli - il ripristino degli antichi rituali ad esso connessi. In questo contesto si inserisce anche la collocazione in Campo Marzio, sull’Ara Pacis, di immagini “devozionali” , Lupercale e Enea sacrificante, offerte al culto dei romani che potevano così ritrovare le proprie origini mitiche.
Fronte Orientale
Pannello della Tellus
Summa visiva del programma propagandistico e di riforma religiosa di Augusto, a questa immagine sono state, nel corso del tempo, attribuite molteplici interpretazioni.
Alcuni studiosi hanno scorto nell’immagine la personificazione di Venere genitrice, che farebbe coppia col rilievo simmetrico della dea Roma, i cui culti saranno poi accoppiati. Altri vedono l’immagine come rappresentazione della Pax Augusta, dispensatrice di fertilità, o come Tellus, personificazione della terra madre.
In realtà in questa figura di dea seduta sulle rocce si sommano tutte queste interpretazioni in una sorta di voluta ambiguità, mirante alla glorificazione dell’età dell’oro augustea. La composizione, con al centro la dea vestita con un leggero chitone e incoronata di fiori e frutta, è uno dei rilievi meglio conservati dell'insieme.
La dea sostiene due putti e sul grembo ha un grappolo d’uva e melograni. Ai lati due giovani donne stringono i lembi di un mantello, l’una seduta sopra un drago marino, l’altra su un cigno, simboli di mare e di terra. In basso, ai piedi delle figure femminili, un bue e una pecora. I simboli alludono complessivamente alla fertilità e alla pace come ben sintetizzano i versi del De rerum natura di Lucrezio: “Madre dei romani, voluttuoso piacere degli uomini e degli dei, Venere nutrice…davanti a te, o dea, …fuggono i venti….. sotto i tuoi passi la terra si copre dei fiori più soavi….”
Il rilievo, rinvenuto nel XVI secolo presso palazzo Fiano-Almagià, in Piazza S. Lorenzo in Lucina, entrò a far parte delle collezioni dei Medici acquistate a Roma. Venne in seguito trasportato a Firenze e conservato nel vestibolo monumentale degli Uffizi. Negli anni '30, con il rinvenimento e la ricostruzione dell'Ara Pacis, venne restituito a Roma.
Pannello della Dea Roma
Di questo rilievo, il più lacunoso dei quattro, nel 1903 sono stati ritrovati solo due frammenti – uno scudo e il grembo di una figura femminile seduta - estratti anch’essi dalle fondamenta di Palazzo Fiano-Almagià. Lo studioso Pasqui ne attribuì subito l’origine al pannello dell’Ara Pacis a destra della Tellus intuendo la corrispondenza speculare e simbolica delle due divinità rappresentate.
La ricomposizione fu completata nel 1938, quando, attraverso fonti coeve all’Ara Pacis, si identificò la figura come dea Roma, insieme alla dea Tellus al suo fianco simbolo di prosperità e pace nella Roma vittoriosa di Augusto.
Il disegno che sostituisce il rilievo perduto è stato eseguito da O. Ferretti nel 1949 e rappresenta la dea seduta in veste di amazzone con il seno nudo, con spada e asta nelle mani. Sono stati omessi Honos e Virtus, divinità maschili probabilmente presenti nel rilievo originale, tradizionalmente rappresentati nelle scene di trionfo.
Il grande fregio vegetale
Il lussureggiante fregio vegetale lungo i lati esterni dell’Ara Pacis è la parte più rilevante di tutto il ciclo scultoreo del monumento. La ricchezza cromatica originaria doveva renderlo straordinariamente dinamico: possiamo immaginare il rosa per i fiori d’acanto, il bianco per il loto, il rosso delle bacche e delle rosacee, il viola degli iris, forse il blu o l’oro dello sfondo.
A partire da un cespo di acanto si dispiegano volute di edera, di alloro, di vite, si dipartono viticci e palmette, sboccia una grande varietà di fiori. Tra le piante intrecciate trovano spazio piccoli animali, quali rane, scorpioni, lumache, lucertole, farfalle, serpenti e uccelli.
Nessun monumento antico ha dedicato un così ampio spazio a un motivo vegetale, chiaramente di significato che travalica l’ornamentale. Il seculum aureum di Augusto si annuncia con questa ampia produzione di frutti e messi come Virgilio canta nella IV Ecloga: “Per te, o fanciullo, la terra non coltivata effonderà i primi piccoli doni….”.
Ma non solo: anche la pax deorum è resa possibile grazie al princeps, non basta dunque una legittimità politica per la persona di Augusto, bensì è necessaria una legittimazione divina che giustifichi la sua necessità cosmica. Tutta la composizione vegetale si compendia così nel tridente con fiore centrale aperto a due boccioli in corrispondenza di Augusto e Agrippa, futuri reggitori dello Stato.
Il fregio vegetale è stato in gran parte recuperato a partire dal 1859, salvo la porzione sotto alla Tellus ritrovata nel XVI secolo. Le parti perdute sono sostituite da calchi o da rimodellazioni.
GROS
Gruppo Romano Supermercati (aderente a Federlazio)
Il GROS è nato come Consorzio nel 2001, quando 12 aziende, di cui 11 romane ed 1 operante nel frusinate, hanno deciso di riunirsi per ottimizzare le condizioni di acquisto e migliorare la propria competitività nei confronti della G.D., per lo più di origine straniera, in forte espansione allora sul territorio romano.
Le 12 aziende hanno finora operato con marchi ben noti ai consumatori romani, PIM-PEWEX-CTS- IPERTRISCOUNT- IL CASTORO- MA - SACOPH- SPENDI BENE - EFFE PIU’-TER-IDROMARKET-DEM.
Oggi il Gruppo Romano Supermercati opera attraverso 125 punti vendita, 93.000 mq di area di vendita, 575 casse, oltre 3.000 dipendenti. Nel 1° semestre del 2009 ha raggiunto un fatturato di 400 milioni di Euro ed a fine anno supererà gli 850 milioni, grazie anche alle nuove aperture in programma. Questo fatturato rappresenta il 20% circa del totale vendite dei supermercati a Roma, con l’obiettivo di raggiungere il 25% aprendo a nuovi soci con caratteristiche simili.
Il segreto di questo successo è dovuto all’attività svolta nei propri punti vendita da 12 imprenditori e dai propri familiari, e ad un’intensissima attività promozionale che prevede nell’anno 31 periodi promozionali, pubblicizzati da milioni di volantini distribuiti nel territorio.
22
novembre 2009
L’Ara Pacis a colori
22 novembre 2009
serata - evento
Location
MUSEO DELL’ARA PACIS
Roma, Lungotevere In Augusta, (Roma)
Roma, Lungotevere In Augusta, (Roma)
Vernissage
22 Novembre 2009, ore 21
Ufficio stampa
ZETEMA