08 febbraio 2002

Intervista ad Alain Elkann

 
Il consigliere del Ministro della Cultura Giuliano Urbani parla delle linee guida della nuova Biennale di Venezia, in cui la pittura avrà un ruolo decisivo e preponderante e di uno scoppiettante meeting internazionale che si terrà a Palermo a maggio...

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Ho elaborato un progetto per portare a Palermo alcune tra le maggiori personalità del mondo della cultura internazionale. Ci saranno Martin Scorsese, Mario Vargas Llosa, Gerard Depardieu, Bernard- Henri Lévy e molti altri ancora“. Alain Elkann, giornalista, scrittore e consigliere del Ministro della Cultura Giuliano Urbani, a Palermo su invito della Fondazione Salvare Palermo per tenere una relazione sui Serpotta negli antichi saloni di Palazzo Butera, anticipa una importante iniziativa che coinvolgerà la città, con l’appoggio del Ministero, della Regione Siciliana, del Comune e della Fondazione Rosselli.

Come si articolerà questo meeting?
Abbiamo in programma già le date per le tre giornate. Dall’8 al10 maggio porteremo nel capoluogo siciliano alcuni tra i più noti intellettuali europei e americani. Sarà un incontro molto importante, per riflettere sulla situazione mondiale dopo l’11 settembre. E’ un progetto che abbiamo elaborato insieme con Vittorio Sgarbi.

Da cosa è dettata la scelta del capoluogo siciliano?
Personalmente, amo molto Palermo, ho amici e affetti. Per la sua storia può essere considerata esemplare nel connettere genti e religioni diverse. Quindi ci è sembrato subito il luogo più adatto. Posso dire che molti degli ospiti hanno accettato l’invito proprio per l’interesse e il desiderio di conoscere la città. Chi vuole scoprire gli oratori dei Serpotta, ad esempio, non può che venire a Palermo.

Altri progetti per la Sicilia?
Stiamo pensando anche ad altre città, come ad esempio Noto e Siracusa. Anche se la Sicilia è una regione a statuto speciale, staremo sempre attenti, per non permettere nuovi scempi edilizi.

Ad esempio?
Recentemente sono stato ad Alcamo e ho visto la piazza sconvolta da alcuni lavori in cemento che turbano profondamente il luogo. Di molte cose ci rammarichiamo, e per il resto vigiliamo affinché non avvengano altri scempi. Del resto è un’attenzione che poniamo nei confronti di ogni Regione, per ora stiamo seguendo ad esempio Firenze con le nuove porte degli Uffizi. Alain elkann

Cosa succede al progetto?
Le nuove porte sono state affidate a Tarizaki, ma adesso stiamo parlando con lui per alcuni problemi. Combattiamo l’idea che gli architetti contemporanei impongano strutture dissennate, come è accaduto negli ultimi anni.

Ci sono novità per quanto riguarda la privatizzazione dei musei? E’ un problema aperto che ha sollevato molte polemiche…
Di questo ne parlerebbe meglio il Ministro… posso dire che si tratta di un allargamento della Legge Ronchey, con delle migliorie. Si vogliono affidare ai privati quei servizi aggiuntivi che un museo spesso non ha modo di seguire. Sarebbe bene che i sovrintendenti fossero affiancati dai manager. Questo non toglierebbe loro la strettissima vigilianza su strutture e contenuti.

L’impegno del Ministero per le antichità mi sembra molto chiaro… e per il contemporaneo?
C’è ad esempio il progetto del nuovo museo, il cui edificio sarà progettato da Zhaha Hadid, e poi stiamo lavorando alla nuova Biennale.Abbiamo appena fatto le nuove nomine.

Franco Bernabè ha la presidenza che è stata di Paolo Baratta e per la direzione adesso circola il nome di Robert Hughes al posto di Harald Szeeman…
Sarà una Biennale dove tornerà la pittura. Proprio in questi giorni Bernabè è in America, per degli incontri e per cercare nuove idee. Nella Biennale del 2003 si ritroveranno quei linguaggi che non sono stati considerati avanguardia.

Dunque si tornerà indietro?
No, molti artisti hanno continuato sempre a dipingere o scolpire.

Quindi saranno penalizzati i linguaggi che in questi anni hanno fatto la parte del leone, come i video e la fotografia?
Una cosa non esclude l’altra. Sarà semplicemente una rivalutazione di quei linguagggi che sono stati messi da parte.

Paola Nicita

[exibart]

11 Commenti

  1. mi trovo molto d’accordo con la linea di Elkann. per quanto riguarda la Sicilia si spera che i buoni propositi vadano in porto anche se a dire il vero si dovrebbe SEMPRE vigilare su TUTTE le regioni, buttando anche e soprattutto l’occhio sulle realtà meno conosciute perchè è lì che spesso accadono in silenzio le più grandi tragedie! purtroppo siamo ancora lontani dal considerare il nostro patrimonio culturale, paesaggistico, ambientale, come vera risorsa da difendere a spada tratta!

  2. a questo Alain Elkann preferisco A. Prost!
    chi è Elkann? Bello, garbato, elegante, saggio, alto e distinto, voce vellutata e tono pacato..solo che nulla dice..parlare è rischiare, gettare sassi, sorprendere, sviscerare e prevedere…Elkann sembra il PR della cultura di facciata di questo governo..Elkann in Sicilia? Ci vorrebbe Celine e..magari una buona legge contro l’abusivismo
    WW chi soft non è..e chi non ha bisogno del salotto per pensare!

  3. Se la critica alla mancanza di pittura e’ quella di escludere programmaticamente un genere – benche’ con ragioni storicamente articolate – includerla forzatamente come piu’ importante punto programmatico mi sembra una caricatura dell’atteggiamento che si vuole evitare. La morte della pitturanon e’ mai stata portata a compimento ma postularne la vitalita’ programmaticamente per una manifestazione come la biennale mi sembra quantomeno infantile.

  4. ma la biennale d’arte di venezia non dovrebbe avere il compito di proporre nuove tendenze e di render conto di qunato è stato fatto nell’arte dei due anni precedenti?
    Dunque se per due anni tutti gli artisti e similia si mettono in testa di fare solamente, mettiamo, performances ebbene la Biennale ha il dovere di seguire tutto ciò. Che senso ha imporre alla manifestazione veneziana dei paletti (50% pittura, 30%scultura, 10% installazioni 5%video 5%foto ad esempio) ?

  5. Non sapevo chi fosse questo Elkann per fortuna ho trovato su Clarence.it questa illuminante recensione della sua ultima fatica…

    Copio da http://www.Clarence.it (http://www.clarence.com/contents/cultura-spettacolo/societamenti/recensioni/0111/elkann.html)

    JOHN STAR di A. ELKANN

    Ahahahahahahahahahahahahahahahahah! Alain Elkann scrittore! Non è possibile! Davvero? No: infatti è un brutto scherzo giocato dai craponi lecchini della Bompiani. Ora, è chiaro che il genero di Gianni Agnelli deve per forza godere, per gli imperscrutabili meccanismi dell’ipocrisia e della piaggeria, di porte aperte e favoritismi d’ogni sorta. Se poi si aggiunge che Bompiani fa parte del gruppo Rizzoli, in pratica un’appendice controllata delle viscere di Villar Perosa, è anche comprensibile che il genero di Agnelli, se gli viene la mattana di credersi scrittore, finisca per pubblicare lì. Ma poi bisogna tenere conto che, essendo morto Indro Montanelli, adesso John Elkann si annoia una cifra e ha un sacco di tempo libero, visto che non può effettuare le sue lunghissime e iperpallose interviste a un cadavere reazionario magro. Allora che fa, Elkann? Viaggia, anzitutto. E siccome è uno che, di cattivo gusto, se ne intende parecchio, sceglie come compagno di viaggio l’onorevole Vittorio Sgarbi, facendogli le moine per tutta la spedizione giapponese che lo vede accanto all’icona trash del Parlamento italiano. Aggiungendo che Vittorio Sgarbi è il fratello della plenipotenziaria bompiana, l’equazione ha una soluzione semplice semplice. Ed è così che si arriva alla pubblicazione del grottesco John Star di Alain Elkann per i tipi Bompiani.
    Lanciato con l’irresistibile slogan (che fa molto marketing, fa molto brand) “Nella vita si cerca soltanto l’amore”, frase che testimonia bene che chi la pronuncia non ha bisogno di cercare il pane, John Star è il Topolino della paraletteratura, l’harmony della cattiva narrativa, una sorta di stella collassata su se stessa nella galassia del kitsch: insomma, è una sonora bufala, buona soltanto a fare credere a Elkann di essere un romanziere e a permettere ai suoi accoliti di fare finta di credere che Elkann sia un romanziere.
    Avete voglia di umorismo supplettivo? Volete affrontare la vostra giornata con un misto di surrealtà comica e di nausea? Beh, leggetevi la quarta di copertina del nuovo capolavoro di Elkann: “Chi non ha mai provato il desiderio di cambiare vita, sparire, eclissarsi da chiunque, perfino da se stesso? Nel nuovo romanzo di Alain Elkann, il protagonista incarna questa inquietudine. Sulla soglia della maturità, deluso da un’esistenza che gli sembra inutile, quest’uomo abbandona tutto: la città nella quale ha vissuto, i figli, la professione, persino il proprio volto. Prima destinazione il Brasile, dove in una clinica compiacente lo trasformeranno in un altro: John Star è infatti la sua nuova identità, vissuta in una New York fatta di pochi isolati, labirinto in cui si rincorrono coffee shop, solitudini e fantasie di evasioni impossibili. E’ lì che John Star ricomincia a vivere e dove, quasi a disprezzo del proprio passato, si mette a fare il taxista, come Robert De Niro in Taxi Driver, dove va a ballare stancamente, come John Travolta in Pulp Fiction, dove incontra molte donne che gli scivolano tutte fra le dita, per distrazione o indifferenza. Ed è in quelle notti passate a guardare le televendite, nei giorni trascorsi a girare a vuoto che, quasi per caso, scrive un romanzo. Di successo. La storia potrebbe ricominciare dal punto di partenza. Ma non è quello che vuole John Star. Così, il lettore riprende a fuggire con lui, fra colpi di scena, capitali del mondo e monasteri remoti. Alla ricerca di un centro perduto”.
    Esistenza che sembra inutile? Ma quella di Elkann lo è! Come Robert De Niro in Taxi driver? Ma Elkann non c’entra niente! Come John Travolta in Pulp Fiction? Ma Elkann semmai somiglia a Travolta nel periodo in cui nessuno si cacava l’attore italoamericano, che non godeva di un ingaggio uno a Hollywood. Vabbè, non è giusto risparmiarvi una parte significativa del repertorio cabarettistico di John Elkann: per cui, riproduciamo la sua biobibliografia originale. “Alain Elkan è nato a New York nel 1950. Collabora a ‘La Stampa’, ‘Lo Specchio’, ‘Nuovi Argomenti’, ‘Capital’, ‘Panta’ e a varie altre riviste. Bompiani ha pubblicato, tra gli altri: Vita di Moravia (1990, tradotto in oltre quindici lingue), Rotocalco (romanzo, 1991), Delitto a Capri (romanzo, 1992), Vendita all’asta (racconti, 1993), Cambiare il cuore, con Carlo Maria Martini (1993, nuova edizione accresciuta 1997), Essere ebreo, con Elio Toaff (1994), Emma, intervista a una bambina di undici anni (1995), I soldi devono restare in famiglia (romanzo, 1996), Diario verosimile (1997), Il Messia e gli ebrei, con Elio Toaff (1998), Il padre francese (romanzo, 1999), Le mura di Gerusalemme (2000), Interviste 1989-2000 (2000), Essere Musulmano, con Sua Altezza reale il Principe di Giordania El Hassan in Talal (2001)”.
    Così è sufficiente?

    Alen Elkàn – Giòn Star – Bompiani – la bellezza di 24.000 lire

    di G. Genna

  6. Evviva la pittura e la scultura con ogni tecnica o materiale utilizzato.
    E’ assurdo che fotografie, video, raggi luminosi, fiamme ed altre strane ed orride trovate(che solo per correttezza per chi legge non definisco con termini scurrili assai piu’ appropriati)possano avere il monopolio alla biennale di Venezia. Ritengo che questa anomalia dipenda da una parte del mercato statunitense e giapponese che pretende di imporre che il resto del mondo si appiattisca sulle sue assurde posizioni.
    A prescindere da chi in futuro decidera’ sulla biennale veneziana, spero che da quest’anno venga dato spazio ai tanti grandi artisti storicizzati ,ingiustamente recentemente ignorati, ed ai tanti validi giovani emergenti che sono davvero in grado di trasmettere emozioni con la pittura e scutura di ogni tipo e con ogni tecnica.

  7. Il commento di Giuseppe è sacrosanto, e lo condivido appieno.
    Da mò che dico quanto insulse siano certe proposte alle quali il sussiego modaiolo dà eccessivo merito.
    Con l’alibi della sperimentazione, e della storia dell’Arte, peraltro quantomai misconosciuta ed ab-usata, assistiamo ad un vero sfacelo del buon gusto e, spesso, della serietà.
    E chi dice che l’Arte debba essere buon gusto e serietà?
    Eh no, non è questo intendo.
    Non è nell’Arte che ricerco quelle qualità, ma è nell’uomo, è nell’artista che le pretendo.
    Non chiedo al David di Donatello di non uccidere Golia, ma è a Donatello che chiedo serietà nel trattare la sfera dell’Arte.
    Mi pare, almeno, il minimo.
    Non è un feroce assassino Shakespeare che crea Lady Macbeth, o Calibano.

    A costo di essere noioso, e per qualcuno certamente lo sono, ribadisco che la considerazione dell’Arte, se si vuole che Essa a lungo andare paghi, deve essere sottoposta ad un severo criterio ciritico.
    L’Arte, come tutte le cose, è fatta per essere criticata. Nel senso cartesiano, e poi kantiano e poi crociano dell’assunto.
    Insomma, queste nuove divinità plastificate dei nuovi mondi, questi ragazzetti che non difettano certo in fantasia e ardimento (e che Dio gliene renda merito!) non pretendano di annichilire il mio senso critico, il nostro senso critico.
    Ma, attenzione, una considerazione trascendente, avulsa da ogni norma, regola, gusto… comprese quelle del mercato, dei vernissage, delle riviste e delle grandi firme.
    L’Arte è l’espressione più egoistica ed individuale che ci sia, e tutto quel rumore sa di Martini Party.
    Ciao, Biz.

  8. candele e non lampade alogene, lavandaie e non lavatrici, calamai e non computer, cavalli e non automobili, diligenze e non treni superveloci, carri postali e non e-mail, monarchia assoluta e non democrazia avanzata, schiavitù e non libertà, Balthus invece di Picasso e Duchamp, pennelli e tavolozze invece di videocamere e macchine fotografiche, morte invece di penicillina e vaccini.
    Tornateci voi in quel mondo, cari sgarbati (nel senso di seguaci di Sgarbi) antimoderni. Fate andare avanti chi ha le spalle per farlo, fatevi la vostra biennale di tempere, cornici, gessi e pastelli. Verremo a visitarla…

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