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Lucia Simone – Cellar Door
IAGA Contemporary Art è lieta di presentare in galleria la seconda mostra personale di Lucia Simone (Perugia, 1986), dal titolo Cellar Door, a cura di Chiara Canali.
Comunicato stampa
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Uno dei presupposti su cui si basa la ricerca artistica di Lucia Simone è la distorsione del reale, che deriva dal desiderio di presentare una visione autonoma basata su percezioni e sentimenti personali oltre che su storie e immagini prelevate dal reale. A livello tecnico ed espressivo, i mezzi utilizzati dall’artista per esprimere questa distorsione percettiva sono da un lato l’impiego del colore e della composizione in senso esagerato e astratto, dall’altro la combinazione di metodologie sia manuali che digitali.
A livello processuale, l’artista si muove con disinvoltura fra mondi diversi, ricostruendo vecchie tecnologie e sovvertendo le nuove, giocando con nuovi modelli, codici e forme e contribuendo a plasmare un nuovo paradigma estetico. Potremmo definire Lucia Simone un’abile artigiana della postproduzione e della Post-Internet Art. Quasi sempre inizia a creare davanti al computer, le dita che corrono velocissime sulla tastiera o sulla tavoletta digitale. Ma non sempre le opere si fermano lì. Spesso il risultato finale è un olio su tela o una tecnica mista su carta o una stampa fotografica su Hahnemühle. Sullo sfondo si alternano interventi che simulano, di volta in volta, la pittura o il collage, oppure dichiarano sfrontatamente la propria origine digitale.
Le opere di Lucia Simone inglobano materiali analogici della cultura visuale e materiali digitali ritrovati in rete. A volte questi materiali sono sottoposti a un processo di familiarizzazione e di rielaborazione tale che diventa pressoché difficile tracciarne l’origine e l’attenzione si sposta maggiormente verso gli effetti della superficie dipinta piuttosto che verso l’immagine nella sua forma accurata e denotativa.
Nella rielaborazione pittorica finale le forme mantengono la loro enfasi attraverso una rappresentazione relativamente piatta, ottenuta con una rappresentazione superficiale della trama e con una resa tonale minima, giocata esclusivamente sui toni del verde petrolio e del blu ottanio, colori entrambi portavoce di forti contraddizioni tanto da essere al contempo correlati dall’artista sia agli aspetti pacificanti e rilassanti della Natura che a quelli inquietanti e velenosi dell’artificio.
Come nel film “Donnie Darko” il protagonista sperimenta il tempo fuori ordine e fuori sincronia (a volte è nel presente con altre persone e altre volte rivive eventi del suo passato), così nelle opere di Lucia Simone si alternano immagini distopiche di paesaggi, di spazi e di tempi diversi, che ci dimostrano la compresenza di universi paralleli e di storie alternative che si dispiegano sotto i nostri occhi. Queste opere sono come dei portali per altri mondi, dei “Cellar Door” (porta della cantina): nel film di Richard Kelly queste due parole inglesi, già definite dallo scrittore J.R.R. Tolkien come una delle più belle combinazioni della lingua inglese, sono lasciate scritte sulla lavagna quale indizio che servirà a Donnie per adempiere al suo destino. Ed effettivamente potremmo considerare ciascuna opera di Lucia Simone come una “Cellar Door”, una porta percettiva che permette allo spettatore di varcare la soglia fisica della realtà e di entrare in un universo oggettuale e immersivo che esprime, in senso visivo, qualità e sensazioni astratte ed emotive, fornendo un percorso inedito all’immaginazione.
Opere puramente paesaggistiche come Oxygen, Connexion, Grafts, Last Flowers, Matryoshka, The Passenger, attraverso l’intervento pittorico o il photo collage, aprono dei “Cellar Door” di ulteriori universi paralleli e fantastici che dischiudono nuove dimensioni psichiche e percettive a metà strada tra il reale e il virtuale. Una vetrata industriale si slabbra verso una natura boschiva selvaggia e intricata (Oxygen); un portone in legno, immerso in un paesaggio lussureggiante, si sdoppia in due elementi speculari, mettendo in connessione aspetti distopici della realtà (Connexion); una selva di salici piangenti si innesta al di sopra di una cascata generata da una pennellata di colore (Grafts); un’ambiente stagnante porta a galla, come un reperto archeologico, una telecamera appoggiata su un monitor che trasmette immagini provenienti da uno spazio antropico (Last Flowers); e ancora un televisore fa capolino tra una fitta trama vegetativa all’interno di un paesaggio psichedelico completamente realizzato a bic su carta (Matryoshka).
Questa tecnica dell’accumulo distopico sembra talvolta atto a confondere ed esasperare lo spettatore, che non riesce a barcamenarsi e a trovare un fil rouge unitario utile a dare coerenza complessiva alla storia, disseminata di oggetti ed elementi apparentemente sconnessi e isolati, polverosi atomi che viaggiano paralleli e sembrano non dover mai intrecciarsi.
A livello processuale, l’artista si muove con disinvoltura fra mondi diversi, ricostruendo vecchie tecnologie e sovvertendo le nuove, giocando con nuovi modelli, codici e forme e contribuendo a plasmare un nuovo paradigma estetico. Potremmo definire Lucia Simone un’abile artigiana della postproduzione e della Post-Internet Art. Quasi sempre inizia a creare davanti al computer, le dita che corrono velocissime sulla tastiera o sulla tavoletta digitale. Ma non sempre le opere si fermano lì. Spesso il risultato finale è un olio su tela o una tecnica mista su carta o una stampa fotografica su Hahnemühle. Sullo sfondo si alternano interventi che simulano, di volta in volta, la pittura o il collage, oppure dichiarano sfrontatamente la propria origine digitale.
Le opere di Lucia Simone inglobano materiali analogici della cultura visuale e materiali digitali ritrovati in rete. A volte questi materiali sono sottoposti a un processo di familiarizzazione e di rielaborazione tale che diventa pressoché difficile tracciarne l’origine e l’attenzione si sposta maggiormente verso gli effetti della superficie dipinta piuttosto che verso l’immagine nella sua forma accurata e denotativa.
Nella rielaborazione pittorica finale le forme mantengono la loro enfasi attraverso una rappresentazione relativamente piatta, ottenuta con una rappresentazione superficiale della trama e con una resa tonale minima, giocata esclusivamente sui toni del verde petrolio e del blu ottanio, colori entrambi portavoce di forti contraddizioni tanto da essere al contempo correlati dall’artista sia agli aspetti pacificanti e rilassanti della Natura che a quelli inquietanti e velenosi dell’artificio.
Come nel film “Donnie Darko” il protagonista sperimenta il tempo fuori ordine e fuori sincronia (a volte è nel presente con altre persone e altre volte rivive eventi del suo passato), così nelle opere di Lucia Simone si alternano immagini distopiche di paesaggi, di spazi e di tempi diversi, che ci dimostrano la compresenza di universi paralleli e di storie alternative che si dispiegano sotto i nostri occhi. Queste opere sono come dei portali per altri mondi, dei “Cellar Door” (porta della cantina): nel film di Richard Kelly queste due parole inglesi, già definite dallo scrittore J.R.R. Tolkien come una delle più belle combinazioni della lingua inglese, sono lasciate scritte sulla lavagna quale indizio che servirà a Donnie per adempiere al suo destino. Ed effettivamente potremmo considerare ciascuna opera di Lucia Simone come una “Cellar Door”, una porta percettiva che permette allo spettatore di varcare la soglia fisica della realtà e di entrare in un universo oggettuale e immersivo che esprime, in senso visivo, qualità e sensazioni astratte ed emotive, fornendo un percorso inedito all’immaginazione.
Opere puramente paesaggistiche come Oxygen, Connexion, Grafts, Last Flowers, Matryoshka, The Passenger, attraverso l’intervento pittorico o il photo collage, aprono dei “Cellar Door” di ulteriori universi paralleli e fantastici che dischiudono nuove dimensioni psichiche e percettive a metà strada tra il reale e il virtuale. Una vetrata industriale si slabbra verso una natura boschiva selvaggia e intricata (Oxygen); un portone in legno, immerso in un paesaggio lussureggiante, si sdoppia in due elementi speculari, mettendo in connessione aspetti distopici della realtà (Connexion); una selva di salici piangenti si innesta al di sopra di una cascata generata da una pennellata di colore (Grafts); un’ambiente stagnante porta a galla, come un reperto archeologico, una telecamera appoggiata su un monitor che trasmette immagini provenienti da uno spazio antropico (Last Flowers); e ancora un televisore fa capolino tra una fitta trama vegetativa all’interno di un paesaggio psichedelico completamente realizzato a bic su carta (Matryoshka).
Questa tecnica dell’accumulo distopico sembra talvolta atto a confondere ed esasperare lo spettatore, che non riesce a barcamenarsi e a trovare un fil rouge unitario utile a dare coerenza complessiva alla storia, disseminata di oggetti ed elementi apparentemente sconnessi e isolati, polverosi atomi che viaggiano paralleli e sembrano non dover mai intrecciarsi.
03
maggio 2023
Lucia Simone – Cellar Door
Dal 03 maggio al 04 giugno 2023
arte contemporanea
Location
IAGA Contemporary Art
Cluj-Napoca, Strada Cloşca , 9-11
Cluj-Napoca, Strada Cloşca , 9-11
Vernissage
3 Maggio 2023, dalle ore 18.00
Sito web




