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PRIMITIVO FEMMINILE
In questa nuova produzione, Andrea De Luca prende distacco dalla sensibilità emotiva e lirica che caratterizzava i suoi lavori precedenti, per abbracciare una narrazione più arcaica e universale, densa di simbolismi tribali e reminiscenze primitive.
Comunicato stampa
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Il ciclo pittorico di opere realizzate per il Want dal pittore e musicista Andrea De Luca (Bologna, 1964) esplora l’essenza della donna migrante come eroina e guerriera alla conquista di un territorio, una casa, un senso di appartenenza alla comunità che la accoglie e la nutre. Un tema già trattato in passato, quello dei migranti, in virtù del ruolo di docenza che De Luca svolge a contatto con gli studenti di varie nazionalità ed estrazione socio-culturale, studenti dell’ente regionale di formazione professionale CEFAL Emilia- Romagna.
In questa nuova produzione, l’artista prende distacco dalla sensibilità emotiva e lirica che caratterizzava i suoi lavori precedenti, per abbracciare una narrazione più arcaica e universale, densa di simbolismi tribali e reminiscenze primitive. Un viaggio pittorico che attraversa la forza primordiale della figura femminile che – per questa mostra al Want - dialoga con la simbologia dei tatuaggi tribali: dall’iniezione di inchiostri sottopelle al tratto a carboncino che incide la carne della tela, ogni segno diventa un racconto, un messaggio codificato che parla di resilienza e sacralità.
In Primitivo Femminile non troviamo più l’abbraccio delicato, il ricongiungimento tra corpi lontani o la rappresentazione dei sentimenti di partenza e approdo. Emerge un nuovo universo mitologico ed epico dove la donna è protagonista di un’impresa titanica che la vede solitaria e vittoriosa, non più solo madre ancestrale, ma donna-sciamana e guerriera capace di riscrivere le leggi del proprio destino e di farsi portatrice di un nuovo ordine, inscritto nei nomi delle opere che descrivono i tratti di questo “manifesto”: Indomita, Amazzone, Riemersa, Epica, Mai resa...
Le tecniche miste utilizzate dall’artista spaziano dalle resine ai pigmenti, dal carboncino al gesso, fino agli acrilici su tela e tessuti di juta o jeans, conferiscono un’intensità materica che sembra evocare il passaggio dal sacro al quotidiano, dall’ancestrale al contemporaneo. Il supporto stesso, con l’inclusione di tessuti poveri come la juta e il denim, rinvia all’idea di un ritorno alle origini, alla terra, alla lotta per la sopravvivenza e alla resistenza in un contesto di emarginazione e difficoltà.
Le immagini che emergono sono intrise di archetipi universali. Le scene di caccia, dove donne con forme prorompenti, evocative delle divinità primordiali, emergono dall’acqua o si stagliano contro fondi neri e rosso carminio, rinviano alle pitture rupestri delle prime forme di espressione umana. La donna qui non è solo portatrice di vita, ma anche di protezione, capace di dominare la natura e di incarnare animali feroci come la tigre, simbolo di forza incontrollata. Accanto a queste figure, altrettanto potenti, si stagliano le figure maschili, che non prevaricano, non domano, cacciano o frenano la corsa libera e potente della Fiera-Donna (la tigre, il toro, il cavallo...).
Anche la scelta dei colori materici, mediante l’utilizzo di resine e pigmenti naturali, carboncino e gesso è una scelta coerente con il tema trattato. Il rosso carminio, simbolo di passione e violenza, si mescola con il verde bottiglia e l’ocra, tonalità che richiamano alla terra, al sangue e al fuoco, mentre l'oro, nella sua sacralità, traccia la linea che separa il mondo terreno da quello divino. Il nero, usato sia per i tratti a carboncino che per gli sfondi, diventa l’elemento che incornicia e definisce, conferendo una monumentalità primitiva alle immagini e, al contempo, rendendo il fondo come una caverna ancestrale, il luogo dell'inconscio e della memoria storica.
L’arte assume così una dimensione universale oltre il quotidiano, trascende le singole storie individuali per diventare la narrazione collettiva di tutte le donne che abbracciano l’umanità per affermare la propria identità, conquistando la propria terra e la propria dignità. Dalla carezza all'affermazione della forza, Andrea De Luca ci restituisce un’opera che è al contempo un atto di denuncia e un inno alla resilienza dedicato a tutte le donne, erigendo la pittura ad un palcoscenico su cui si svolge l’epopea di ogni donna, un luogo che racchiude le cicatrici del passato, ma anche le speranze per il futuro.
In questa nuova produzione, l’artista prende distacco dalla sensibilità emotiva e lirica che caratterizzava i suoi lavori precedenti, per abbracciare una narrazione più arcaica e universale, densa di simbolismi tribali e reminiscenze primitive. Un viaggio pittorico che attraversa la forza primordiale della figura femminile che – per questa mostra al Want - dialoga con la simbologia dei tatuaggi tribali: dall’iniezione di inchiostri sottopelle al tratto a carboncino che incide la carne della tela, ogni segno diventa un racconto, un messaggio codificato che parla di resilienza e sacralità.
In Primitivo Femminile non troviamo più l’abbraccio delicato, il ricongiungimento tra corpi lontani o la rappresentazione dei sentimenti di partenza e approdo. Emerge un nuovo universo mitologico ed epico dove la donna è protagonista di un’impresa titanica che la vede solitaria e vittoriosa, non più solo madre ancestrale, ma donna-sciamana e guerriera capace di riscrivere le leggi del proprio destino e di farsi portatrice di un nuovo ordine, inscritto nei nomi delle opere che descrivono i tratti di questo “manifesto”: Indomita, Amazzone, Riemersa, Epica, Mai resa...
Le tecniche miste utilizzate dall’artista spaziano dalle resine ai pigmenti, dal carboncino al gesso, fino agli acrilici su tela e tessuti di juta o jeans, conferiscono un’intensità materica che sembra evocare il passaggio dal sacro al quotidiano, dall’ancestrale al contemporaneo. Il supporto stesso, con l’inclusione di tessuti poveri come la juta e il denim, rinvia all’idea di un ritorno alle origini, alla terra, alla lotta per la sopravvivenza e alla resistenza in un contesto di emarginazione e difficoltà.
Le immagini che emergono sono intrise di archetipi universali. Le scene di caccia, dove donne con forme prorompenti, evocative delle divinità primordiali, emergono dall’acqua o si stagliano contro fondi neri e rosso carminio, rinviano alle pitture rupestri delle prime forme di espressione umana. La donna qui non è solo portatrice di vita, ma anche di protezione, capace di dominare la natura e di incarnare animali feroci come la tigre, simbolo di forza incontrollata. Accanto a queste figure, altrettanto potenti, si stagliano le figure maschili, che non prevaricano, non domano, cacciano o frenano la corsa libera e potente della Fiera-Donna (la tigre, il toro, il cavallo...).
Anche la scelta dei colori materici, mediante l’utilizzo di resine e pigmenti naturali, carboncino e gesso è una scelta coerente con il tema trattato. Il rosso carminio, simbolo di passione e violenza, si mescola con il verde bottiglia e l’ocra, tonalità che richiamano alla terra, al sangue e al fuoco, mentre l'oro, nella sua sacralità, traccia la linea che separa il mondo terreno da quello divino. Il nero, usato sia per i tratti a carboncino che per gli sfondi, diventa l’elemento che incornicia e definisce, conferendo una monumentalità primitiva alle immagini e, al contempo, rendendo il fondo come una caverna ancestrale, il luogo dell'inconscio e della memoria storica.
L’arte assume così una dimensione universale oltre il quotidiano, trascende le singole storie individuali per diventare la narrazione collettiva di tutte le donne che abbracciano l’umanità per affermare la propria identità, conquistando la propria terra e la propria dignità. Dalla carezza all'affermazione della forza, Andrea De Luca ci restituisce un’opera che è al contempo un atto di denuncia e un inno alla resilienza dedicato a tutte le donne, erigendo la pittura ad un palcoscenico su cui si svolge l’epopea di ogni donna, un luogo che racchiude le cicatrici del passato, ma anche le speranze per il futuro.
01
marzo 2025
PRIMITIVO FEMMINILE
Dal primo al 15 marzo 2025
arte contemporanea
Location
Want unconventional lab
Bologna, Via Saffi , 16/2E, (BO)
Bologna, Via Saffi , 16/2E, (BO)
Orario di apertura
da Martedì a Sabato ore 10.30-19.30
Vernissage
1 Marzo 2025, dalle 19.30 alle 23.30
Sito web
Autore
Curatore





