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BELLADONNA OF SADNESS
La Galleria Giovanni Bonelli è lieta di presentare nella sua sede di Milano BELLADONNA OF SADNESS, la mostra personale dell’artista Davide Serpetti, a cura di Giorgia Achilarre.
Comunicato stampa
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La Galleria Giovanni Bonelli è lieta di presentare nella sua sede di Milano BELLADONNA OF SADNESS, la mostra personale dell’artista Davide Serpetti, a cura di Giorgia Achilarre.
C’è una pittura che non chiede il permesso di esistere, non pretende di essere attuale, né di assecondare le mode del sistema. Davide Serpetti appartiene a questa categoria di artisti: pittori nel midollo, devoti al gesto, capaci di manipolare l’immagine con una consapevolezza che si nutre di cultura visiva, cinema, archetipi e mitologie personali. Mutuato dal celebre anime psichedelico di Eiichi Yamamoto del 1973, Belladonna of Sadness è un titolo che spiazza e allo stesso tempo affascina, diventando la chiave per comprendere una mostra intensa, ambiziosa e profondamente interiore. La narrazione visiva prende forma proprio a partire da tale suggestione, articolandosi in un percorso fatto di immagini che dialogano fra loro per accostamenti. Alcune opere, in particolare, rafforzano l’idea di un racconto in due tempi, in cui la figura si specchia in sé stessa o in un suo alter ego, alimentando una tensione che allude al concetto junghiano di ombra. È qui che l’artista inserisce i grandi temi della sua ricerca quali la devozione, le relazioni sbilanciate, la dualità, nonché la spiritualità laica di una generazione – la nostra – che ha sostituito la fede con l’immagine. Serpetti lo fa attraverso una pittura che non ha paura di essere lirica e tragica, colta e contaminata, e in dialogo con l’immaginario cinematografico di Stanley Kubrick, Gus Van Sant, David Lynch e Quentin Tarantino, ma anche con i martiri cristiani, gli eroi pop e i santi queer. Echi del Romanticismo si fondono con la sottocultura visiva dei primi anni Duemila, come se William Blake incontrasse il videoclip di un gruppo post-grunge.
Per quanto riguarda la struttura formale, il guerriero, il paesaggio simbolico, il ritratto iconografico rappresentano i cardini di una ricerca che da anni insiste su un tema cruciale — la rappresentazione dell’identità come superficie riflettente, mai definitiva. Le sue figure sembrano apparizioni, e i volti – ispirati all’Ecce Puer di Medardo Rosso – diventano maschere traslucide, inquietanti nella loro ieraticità. Tuttavia, Belladonna of Sadness non è solo uno statement esistenziale; è anche una riflessione sulla pittura nel tempo presente. In un mondo dove tutto scorre su uno schermo, Serpetti rivendica la fisicità dell’immagine, il pigmento, la macchia, l’errore. «La pittura», dice, «non ha bisogno del Wi-Fi». È una pratica arcaica che continua a raccontarci storie, se solo sappiamo ascoltarle. E in queste storie, forse, troviamo ancora uno spazio per riconoscerci.
Davide Serpetti (L’Aquila 1990), Vive e lavora a L’Aquila e a Milano, Il lavoro di Davide Serpetti si configura come una profonda investigazione pittorica del valore dell’immagine, fra icona e simulacro, e del fare pittorico come atto di
creazione, in un mondo già saturo di stimoli visivi. Andando oltre ogni intento di una rappresentazione descrittiva o narrativa, i soggetti di Serpetti sono rielaborazioni mentali che attingono a una serie di archetipi, forme figurative primordiali ricorrenti in secoli di civilizzazione, che si mescolano agilmente a rimandi culturali e simbolici della società contemporanea globale. I lavori più recenti, come l’artista dichiara, sono il risultato di un desiderio, forse utopico, di emanciparsi progressivamente da qualsiasi immagine preesistente.
C’è una pittura che non chiede il permesso di esistere, non pretende di essere attuale, né di assecondare le mode del sistema. Davide Serpetti appartiene a questa categoria di artisti: pittori nel midollo, devoti al gesto, capaci di manipolare l’immagine con una consapevolezza che si nutre di cultura visiva, cinema, archetipi e mitologie personali. Mutuato dal celebre anime psichedelico di Eiichi Yamamoto del 1973, Belladonna of Sadness è un titolo che spiazza e allo stesso tempo affascina, diventando la chiave per comprendere una mostra intensa, ambiziosa e profondamente interiore. La narrazione visiva prende forma proprio a partire da tale suggestione, articolandosi in un percorso fatto di immagini che dialogano fra loro per accostamenti. Alcune opere, in particolare, rafforzano l’idea di un racconto in due tempi, in cui la figura si specchia in sé stessa o in un suo alter ego, alimentando una tensione che allude al concetto junghiano di ombra. È qui che l’artista inserisce i grandi temi della sua ricerca quali la devozione, le relazioni sbilanciate, la dualità, nonché la spiritualità laica di una generazione – la nostra – che ha sostituito la fede con l’immagine. Serpetti lo fa attraverso una pittura che non ha paura di essere lirica e tragica, colta e contaminata, e in dialogo con l’immaginario cinematografico di Stanley Kubrick, Gus Van Sant, David Lynch e Quentin Tarantino, ma anche con i martiri cristiani, gli eroi pop e i santi queer. Echi del Romanticismo si fondono con la sottocultura visiva dei primi anni Duemila, come se William Blake incontrasse il videoclip di un gruppo post-grunge.
Per quanto riguarda la struttura formale, il guerriero, il paesaggio simbolico, il ritratto iconografico rappresentano i cardini di una ricerca che da anni insiste su un tema cruciale — la rappresentazione dell’identità come superficie riflettente, mai definitiva. Le sue figure sembrano apparizioni, e i volti – ispirati all’Ecce Puer di Medardo Rosso – diventano maschere traslucide, inquietanti nella loro ieraticità. Tuttavia, Belladonna of Sadness non è solo uno statement esistenziale; è anche una riflessione sulla pittura nel tempo presente. In un mondo dove tutto scorre su uno schermo, Serpetti rivendica la fisicità dell’immagine, il pigmento, la macchia, l’errore. «La pittura», dice, «non ha bisogno del Wi-Fi». È una pratica arcaica che continua a raccontarci storie, se solo sappiamo ascoltarle. E in queste storie, forse, troviamo ancora uno spazio per riconoscerci.
Davide Serpetti (L’Aquila 1990), Vive e lavora a L’Aquila e a Milano, Il lavoro di Davide Serpetti si configura come una profonda investigazione pittorica del valore dell’immagine, fra icona e simulacro, e del fare pittorico come atto di
creazione, in un mondo già saturo di stimoli visivi. Andando oltre ogni intento di una rappresentazione descrittiva o narrativa, i soggetti di Serpetti sono rielaborazioni mentali che attingono a una serie di archetipi, forme figurative primordiali ricorrenti in secoli di civilizzazione, che si mescolano agilmente a rimandi culturali e simbolici della società contemporanea globale. I lavori più recenti, come l’artista dichiara, sono il risultato di un desiderio, forse utopico, di emanciparsi progressivamente da qualsiasi immagine preesistente.
29
maggio 2025
BELLADONNA OF SADNESS
Dal 29 maggio al 15 luglio 2025
arte contemporanea
Location
GALLERIA GIOVANNI BONELLI
Milano, Via Luigi Porro Lambertenghi, 6, (Milano)
Milano, Via Luigi Porro Lambertenghi, 6, (Milano)
Orario di apertura
Martedi al Sabato 11-19
Vernissage
29 Maggio 2025, 18:00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico




