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FUORI GIOCO | Sguardi d’artista sul mondo del calcio
Una rassegna che racchiude più di vent’anni di ricerca artistica e mostra come il calcio possa diventare dispositivo poetico e strumento di denuncia tra ironia e dramma, documentazione e finzione.
Comunicato stampa
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FUORI GIOCO
Sguardi d’artista sul mondo del calcio
a cura di Carolina Latour
“Come ogni lingua, anche il calcio ha un momento puramente strumentale, regolato in modo rigido e astratto da un codice, e un momento espressivo”, scriveva Pier Paolo Pasolini in un saggio pubblicato su Il Giorno nel 1971 paragonando la struttura del gioco a un vero e proprio sistema linguistico. È proprio in quanto linguaggio - dotato di regole precise ma capace al tempo stesso di generare forti espressioni emotive - che il calcio si è affermato come uno dei fenomeni culturali più diffusi, complessi e controversi della contemporaneità, arrivando a rappresentare anche per gli artisti un terreno fertile per raccontare e svelare aspetti spesso sottesi della società.
Realizzata in occasione della mostra Stadi. Architettura e mito, questa rassegna ripercorre oltre vent’anni di ricerca artistica evidenziando come la cultura calcistica sia stata spesso reinterpretata dagli artisti per analizzare dinamiche sociali e politiche più ampie. Prendendo in prestito i diversi codici di questo linguaggio - come l’estetica delle divise, il fenomeno identitario ed emozionale del tifo, l’iconicità del ruolo del calciatore e la sua esposizione mediatica, il culto di alcuni oggetti, i colori dei fumogeni, l’architettura sacrale di alcuni stadi – le opere esposte agiscono come spazi simbolici dove emergono questioni legate al potere, al corpo, all’identità di genere, all’appartenenza e alla memoria.
Una pratica ricorrente nei lavori selezionati consiste nell’alterazione di questo linguaggio in modo da generare cortocircuiti logici e slittamenti di significato, rispetto allo svolgimento convenzionale di una partita, capaci di innescare nuove letture. Attraverso la sottrazione di elementi iconici - come il pallone - la manipolazione della telecronaca o il montaggio di scene isolate e decontestualizzate, si attua uno scollamento e svuotamento di senso che trasforma i movimenti dei giocatori in coreografie grottesche o gesti intimi, rivelando, anche in modo ironico, una costruzione simbolica fondata sull’illusione o sulla fragilità del sistema così come viene invece raccontato. L’intimità infatti, come anche la memoria, la sfera affettiva e l’identità collettiva emergono come fili conduttori di molte delle opere della rassegna; intrecciandosi a una visione poetica del quotidiano trovano la loro narrazione visiva nelle fotografie d’archivio o nella calma rituale del lavaggio delle divise, nel coinvolgimento performativo della propria famiglia oppure in una telecronaca che diventa diario emotivo e personale. In apparenza autentico, il calcio può essere manipolato per veicolare narrazioni fittizie e identitarie, ma può trasformarsi anche in una piattaforma sperimentale per ripensare le relazioni tra precarietà, tempo, comunità e diritti. Un campo instabile, con regole “imperfette”, diventa lo spazio dove riscoprire il valore del gioco come strumento di auto-organizzazione e riflessione collettiva. Il momento del gol come esplosione collettiva e al tempo stesso intima può essere un gesto carico di erotismo, ritualità e appartenenza, che mette in luce la natura ambigua e stratificata degli eventi sportivi di massa.
Attraverso sguardi molteplici e approcci eterogenei, gli artisti interrogano i miti, i riti e le contraddizioni del calcio, restituendone una visione complessa e stratificata, in cui convivono potere e fragilità, spettacolo e intimità, appartenenza e conflitto. Così, il calcio – come l’arte – si conferma strumento capace di generare nuove narrazioni, di sovvertire logiche consolidate e di stimolare uno sguardo critico e poetico sulla realtà che ci circonda.
Da mercoledì a sabato - opere in proiezione di:
Giancarlo Neri, Paola Di Bello, Enzo Umbaca, Stephen Dean, Matteo Peterlini, Cristian Chironi, Santo Tolone, Emma Ciceri, Antoni Muntadas, Giovanni de Cataldo
Tutti i martedì e domenica - proiezioni singole delle opere di:
Danilo Correale, Miguel Calderón, Sara Sjölin, Sam Taylor-Johnson
videogallery | ingresso gratuito | tutte le proiezioni si svolgono in loop dalle 11 alle 19
Opere in proiezione da mercoledì a sabato:
Giancarlo Neri, Il Goal Impossibil (1992 - 6’03’’)
"Il Goal Impossibile" è un’espressione classica del giornalismo sportivo. In questo lavoro Giancarlo Neri esplora la tensione tra desiderio e fallimento, tra gesto sportivo e impossibilità fisica, trasformando il momento iconico del gol in un atto paradossale e visionario. L’opera, sospesa tra ironia e poesia, mette in scena un’azione calcistica che non può compiersi, un gol che non arriverà mai, ma che resta impresso nella mente come simbolo di aspirazione e limite. Attraverso un linguaggio essenziale e fortemente evocativo, Neri traduce l’universo del calcio in metafora dell’esperienza umana, rivelando quanto il gioco – e il suo immaginario – siano capaci di parlare di sogni, frustrazione, slancio e attesa.
Paola Di Bello, Video-Stadio (1997 - 7’30’’)
Spesso la cosa più difficile è vedere ciò che abbiamo sotto gli occhi, come i luoghi che dimentichiamo semplicemente perché li abbiamo visti troppo spesso. Video–Stadio è un’inquadratura fissa su uno dei piloni di sostegno del terzo anello dello Stadio di San Siro, a Milano. Alla fine della partita le persone escono dallo stadio scendendo lungo le rampe a spirale e, per un effetto ottico-percettivo, le fanno letteralmente “girare” su se stesse, al ritmo di una musica blues. Video-Stadio rappresenta lo stadio del video, la materializzazione di ciò che Paola Di Bello pensa sull’assunzione di un punto di vista. L'immagine si compie da sola attraverso il punto di vista di chi la guarda.
Enzo Umbaca, Ioul never uolc alon (2002 - 4’03’’)
Nel video l’artista e sua moglie indossano degli abiti su cui sono ricamate due metà di un centro campo occupando il centro della scena circondati dai parenti di entrambi (Inghilterra e Calabria). Tutti insieme, allineati in una fila orizzontale, formano un coro che canta l’inno della squadra del Liverpool: You’ll never walk alone (italianizzato Ioul never uolch alon). In questo lavoro che pone al centro le relazioni più strette, il campo di calcio diventa un vestito da indossare, abito di sartoria, abito di cerimonia. Indossarlo vuol dire entrare nella parte, assumersi le responsabilità specifiche che questo abito/campo comporta.
Enzo Umbaca, Kick off (2002 - 9’50’’)
Stadio del Piacenza calcio. Due bambini posizionati sulla linea di bordo campo con in mano due bandierine compongono delle frasi usando la comunicazione internazionale del codice nautico, riproponendo in modo non verbale il linguaggio espressivo e canonizzato della tifoseria. Azzerando la componente spettacolare dal punto di vista visuale, lo stadio è vuoto ma l’ambiente della proiezione è riempito dalla registrazione sonora di una partita passata tra Piacenza – Inter. La comunicazione fra gli opposti schieramenti di tifosi tradotta nei gesti dei bambini perde il carattere tribale per trasformarsi in una sorta di gioco dalla connotazione surreale.
Stephen Dean, VOLTA (2003 - 9’)
VOLTA è un video dell’artista franco-americano Stephen Dean che immerge lo spettatore nell’intensità emotiva di una partita di calcio, non attraverso l’azione sul campo, ma tramite lo sguardo della folla.
Realizzato dentro l’iconico Maracanã con una camera portatile, Dean ha filmato esclusivamente il pubblico tifare durante diverse giornate del campionato di Rio de Janeiro, restituendo una visione vibrante e cromaticamente satura del tifo come fenomeno rituale, collettivo e sensoriale. Dominato da colori accesi e una fotografia pulsante, il montaggio trasforma la folla in una massa coreografata, quasi astratta, dove ogni gesto, urlo e movimento diventa parte di una composizione visiva e sonora. VOLTA non è un documentario sul calcio, ma un’esplorazione poetica e immersiva del corpo sociale in stato di trance collettiva.
Matteo Peterlini, zeroazero (2005 - 9’50”)
zeroazero prende spunto dalla finale del Campionato Mondiale di Calcio del 1982. Due squadre si affrontano sul campo, il pubblico esulta, un gol viene segnato - ma la palla non c’è. L’oggetto del gioco è assente, e con esso svaniscono il senso, la direzione, la finalità dell’azione sportiva. Il gesto atletico si trasforma in coreografia assurda, la furia e la tattica in rappresentazione grottesca, lo stadio in un luogo di esaltazione collettiva. L’opera indaga la potenza simbolica del calcio come rito identitario e dispositivo di appartenenza nazionale, in particolare nell’Italia degli anni ’80, quando lo sport diventava narrazione condivisa e celebrazione politica. Ciò che resta in campo, dopo la sottrazione, è una danza collettiva svuotata, esposta nella sua nudità simbolica: un’identità che si regge sull’illusione del gioco e che, privata del suo centro, si svela come pura superficie dello spettacolo.
Cristian Chironi, Poster (2006 - 26’51’’)
Attraverso la ricostruzione e l’interazione con fotografie calcistiche d’archivio del padre, giocatore dilettante in Sardegna tra gli anni ’60 e ’80, Cristian Chironi L’artista esplora il rapporto tra immagine, memoria e identità. L’artista indossa fedelmente le divise d’epoca e si inserisce fisicamente nelle immagini, creando un dialogo tra dimensione bidimensionale e tridimensionale, passato e presente. Attraverso pose ripetute e un uso evocativo di suoni ambientali e documentari, la performance riflette sul tempo, le trasformazioni culturali e i modelli maschili, mettendo in luce la memoria collettiva e personale. Il procedimento lento e metodico invita lo spettatore a soffermarsi sull’immagine, creando uno spazio di riflessione tra adesione e distacco, fino a una conclusione che riunisce simbolicamente generazioni diverse in un’intima narrazione familiare.
Santo Tolone, Italia – Brasile 82’ (2009 - 8’15’’)
Santo Tolone prende ispirazione dalla celebre partita di calcio che ha segnato uno dei momenti più iconici nella storia dello sport mondiale: la partita del Campionato Mondiale di Calcio del 1982 tra Italia e Brasile conosciuta con il nome di Tragedia del Sarriá. Un paesaggio montano viene ripreso seguendo gli stessi movimenti di telecamera e riproducendo le medesime inquadrature di una frazione di gioco della partita di calcio Italia-Brasile, trasmessa durante il Mondiale del 1982. La rigida grammatica visiva di uno spettacolo sportivo si sostituisce al libero movimento dello sguardo.
Emma Ciceri, Lode (2009 - loop, 11’)
Lode cattura l'immagine di uno stadio nel silenzio che segue la fine di una partita, quando il pubblico se n’è già andato e l’evento si è ormai concluso. Emma Ciceri ci costringe a rimanere ancora un attimo sugli spalti e ci invita ad esperire di un momento estremamente delicato e al tempo stesso potentissimo, il “subito dopo”: quello che ci immagineremmo di vedere è finito, la narrazione si è spostata in altri luoghi. Sulle gradinate curve, ormai vuote, rimangono soltanto tracce e piccoli accadimenti: i resti della presenza umana, non ancora rimossi, e una moltitudine di fogli di giornale che si sollevano e fluttuano nell’aria, mossi da un soffio di vento. L’opera ci invita a sostare in questa zona liminale, suggerendo una possibilità di visione periferica, laterale, poetica: uno sguardo che si sofferma su ciò che resta, sui margini, sulle presenze minime che continuano a raccontare, in silenzio, la memoria dell’evento.
Antoni Muntadas, On Translation: Celebracions (2009 - 9’36’’)
Questo lavoro è un’opera-saggio sul calcio inteso come linguaggio globale, capace di trasmettere emozioni e significati oltre ogni barriera culturale. L’opera rientra nel progetto On Translation che Muntadas porta avanti dal 1995 sull’analisi dei processi di traduzione culturale, politica ed emotiva. Il In un collage di sole esultanze estratte dai filmati delle partite e decontestualizzate - abbracci, esultanze, grida di gioia, atti di preghiera – l’artista ci invita a riflettere sul potere del gesto sportivo e sul rito collettivo. Il fulcro dell’opera è l’energia rituale dell’esultanza: fenomeni collettivi, spettacolari ma anche intimi, carichi di emozione ed erotismo. Il calcio, vero linguaggio universale, non necessita di traduzione, e da Muntadas viene utilizzato come lente per riflettere sulle dinamiche di potere, sullo spettacolo mediatico, sul fanatismo, sulla ritualità identitaria, sulla violenza e sul controllo attraverso l’emozione di massa.
Giovanni de Cataldo, Microlavadora (2023 - 13’43’’)
Microlavadora è un cortometraggio documentario che racconta il calcio come rituale collettivo e insieme domestico, una rappresentazione sacra e profana, pulsante e silenziosa, attraverso due ambienti in apparenza distanti ma profondamente legati: il pullman dei tifosi — el micro — e la lavanderia del club — la lavadora (lavatrice). Microlavadora mette in scena una metafora visiva e sonora del calcio popolare: una centrifuga di emozioni che parte dalla strada e si chiude nel rito quotidiano e indispensabile del lavaggio. Il film fonde due poli opposti — movimento e riposo, esterno e interno, passione urlata e fatica nascosta — per raccontare il calcio come esperienza collettiva, storica e identitaria. Microlavadora restituisce questo intreccio di memoria e presente con uno sguardo poetico e stratificato, dove ogni viaggio verso lo stadio è anche un ritorno a casa.
Tutti i martedì e domenica proiezioni singole delle opere:
15 e 20 luglio | 12 e 17 agosto | 7 settembre
Danilo Correale, The Game (2013 - 70’)
The Game di Danilo Correale è un’opera di arte partecipativa che, attraverso una partita di calcio a tre porte, mette in discussione le logiche competitive e gerarchiche tipiche del lavoro e dello sport tradizionale. Coinvolgendo lavoratori di tre aziende senesi, il progetto crea uno spazio di sperimentazione collettiva e autoriflessione, ispirato alla “trialettica situazionista” che favorisce dinamiche cooperative e nuove forme di relazione superando l’opposizione rigida tra tesi e antitesi e che nel gioco a tre squadre trova una potente traslazione concreta. L’opera riflette sul valore politico del gioco e del tempo libero, proponendoli come strumenti di resistenza e riappropriazione della soggettività in un contesto di crescente precarietà e frammentazione sociale.
22 e 27 luglio | 19 e 24 agosto | 2 settembre
Sara Sjölin, Sportscast (2018 - 111’)
Riproponendo la partita dei Mondiali di calcio 2018 tra Svezia e Svizzera, Sara Sjölin sostituisce la cronaca originale con un commento inedito, personale e intimo. La voce fuori campo dell’artista racconta episodi autobiografici, riflessioni emotive e scorie di memoria d’infanzia. La partita diventa una «scatola narrativa» all’interno della quale Sjolin costruisce un monologo che oscilla tra umorismo e vulnerabilità creando una dissonanza affettiva affascinante. Sportscast è un lavoro che utilizza la struttura e le convenzioni del calcio come veicolo per esplorare lo storytelling personale, emozionale e auto-ironico. Maturando una forma di intensità poetica e anti-dialettica, Sjölin sfida il confine fra racconto pubblico e intimità, tra evento collettivo e narrazione individuale.
29 luglio | 3, 26 e 31 agosto
Miguel Calderón, México vs Brasil (2004 - 90’)
In México vs Brasil, Miguel Calderón costruisce un falso documentario che simula una storica — e completamente immaginaria — vittoria del Messico sul Brasile per 17 a 0. Attraverso un sapiente montaggio di immagini d’archivio, telecronache e scene ricreate, l’artista mette in scena una sorta di desiderio collettivo: la rivincita sportiva e simbolica di una nazione spesso relegata ai margini del potere calcistico internazionale. Ironico, provocatorio e poetico, il video gioca con la passione viscerale del pubblico messicano per il calcio, trasformando la finzione in verità emotiva. L’opera riflette sul ruolo dei media, sulla costruzione dell’identità nazionale e sul confine sottile tra realtà e immaginazione. Calderón non celebra solo il calcio, ma ne rivela il potenziale come narrazione mitologica e sogno condiviso.
5 e 10 agosto | 9 e 14 settembre
Sam Taylor-Johnson, David (2004 - 90’)
In un singolo, prolungato piano sequenza David Beckham riposa in un hotel di Madrid dopo l’allenamento. Con questa scelta, Taylor-Johnson rompe con l’immagine pubblica e performativa di una delle icone più celebri del calcio, offrendo invece una visione vulnerabile e pacata. L’atleta addormentato, sovverte consapevolmente l’immaginario iper-mediatizzato del calciatore, trasformandolo da figura di potere performativo a soggetto di contemplazione silenziosa. Il lavoro si inserisce in una tradizione iconografica che va dalla scultura rinascimentale alla videoarte concettuale — evocando tanto Michelangelo quanto Andy Warhol — e propone una riflessione sottile sul corpo maschile, sul concetto di celebrità e sulla vulnerabilità come forma alternativa di rappresentazione. Taylor-Johnson non idealizza, ma rallenta il tempo dell’osservazione, rivelando come anche l'immagine pubblica più costruita possa contenere frammenti di intimità e umanità universale.
Sguardi d’artista sul mondo del calcio
a cura di Carolina Latour
“Come ogni lingua, anche il calcio ha un momento puramente strumentale, regolato in modo rigido e astratto da un codice, e un momento espressivo”, scriveva Pier Paolo Pasolini in un saggio pubblicato su Il Giorno nel 1971 paragonando la struttura del gioco a un vero e proprio sistema linguistico. È proprio in quanto linguaggio - dotato di regole precise ma capace al tempo stesso di generare forti espressioni emotive - che il calcio si è affermato come uno dei fenomeni culturali più diffusi, complessi e controversi della contemporaneità, arrivando a rappresentare anche per gli artisti un terreno fertile per raccontare e svelare aspetti spesso sottesi della società.
Realizzata in occasione della mostra Stadi. Architettura e mito, questa rassegna ripercorre oltre vent’anni di ricerca artistica evidenziando come la cultura calcistica sia stata spesso reinterpretata dagli artisti per analizzare dinamiche sociali e politiche più ampie. Prendendo in prestito i diversi codici di questo linguaggio - come l’estetica delle divise, il fenomeno identitario ed emozionale del tifo, l’iconicità del ruolo del calciatore e la sua esposizione mediatica, il culto di alcuni oggetti, i colori dei fumogeni, l’architettura sacrale di alcuni stadi – le opere esposte agiscono come spazi simbolici dove emergono questioni legate al potere, al corpo, all’identità di genere, all’appartenenza e alla memoria.
Una pratica ricorrente nei lavori selezionati consiste nell’alterazione di questo linguaggio in modo da generare cortocircuiti logici e slittamenti di significato, rispetto allo svolgimento convenzionale di una partita, capaci di innescare nuove letture. Attraverso la sottrazione di elementi iconici - come il pallone - la manipolazione della telecronaca o il montaggio di scene isolate e decontestualizzate, si attua uno scollamento e svuotamento di senso che trasforma i movimenti dei giocatori in coreografie grottesche o gesti intimi, rivelando, anche in modo ironico, una costruzione simbolica fondata sull’illusione o sulla fragilità del sistema così come viene invece raccontato. L’intimità infatti, come anche la memoria, la sfera affettiva e l’identità collettiva emergono come fili conduttori di molte delle opere della rassegna; intrecciandosi a una visione poetica del quotidiano trovano la loro narrazione visiva nelle fotografie d’archivio o nella calma rituale del lavaggio delle divise, nel coinvolgimento performativo della propria famiglia oppure in una telecronaca che diventa diario emotivo e personale. In apparenza autentico, il calcio può essere manipolato per veicolare narrazioni fittizie e identitarie, ma può trasformarsi anche in una piattaforma sperimentale per ripensare le relazioni tra precarietà, tempo, comunità e diritti. Un campo instabile, con regole “imperfette”, diventa lo spazio dove riscoprire il valore del gioco come strumento di auto-organizzazione e riflessione collettiva. Il momento del gol come esplosione collettiva e al tempo stesso intima può essere un gesto carico di erotismo, ritualità e appartenenza, che mette in luce la natura ambigua e stratificata degli eventi sportivi di massa.
Attraverso sguardi molteplici e approcci eterogenei, gli artisti interrogano i miti, i riti e le contraddizioni del calcio, restituendone una visione complessa e stratificata, in cui convivono potere e fragilità, spettacolo e intimità, appartenenza e conflitto. Così, il calcio – come l’arte – si conferma strumento capace di generare nuove narrazioni, di sovvertire logiche consolidate e di stimolare uno sguardo critico e poetico sulla realtà che ci circonda.
Da mercoledì a sabato - opere in proiezione di:
Giancarlo Neri, Paola Di Bello, Enzo Umbaca, Stephen Dean, Matteo Peterlini, Cristian Chironi, Santo Tolone, Emma Ciceri, Antoni Muntadas, Giovanni de Cataldo
Tutti i martedì e domenica - proiezioni singole delle opere di:
Danilo Correale, Miguel Calderón, Sara Sjölin, Sam Taylor-Johnson
videogallery | ingresso gratuito | tutte le proiezioni si svolgono in loop dalle 11 alle 19
Opere in proiezione da mercoledì a sabato:
Giancarlo Neri, Il Goal Impossibil (1992 - 6’03’’)
"Il Goal Impossibile" è un’espressione classica del giornalismo sportivo. In questo lavoro Giancarlo Neri esplora la tensione tra desiderio e fallimento, tra gesto sportivo e impossibilità fisica, trasformando il momento iconico del gol in un atto paradossale e visionario. L’opera, sospesa tra ironia e poesia, mette in scena un’azione calcistica che non può compiersi, un gol che non arriverà mai, ma che resta impresso nella mente come simbolo di aspirazione e limite. Attraverso un linguaggio essenziale e fortemente evocativo, Neri traduce l’universo del calcio in metafora dell’esperienza umana, rivelando quanto il gioco – e il suo immaginario – siano capaci di parlare di sogni, frustrazione, slancio e attesa.
Paola Di Bello, Video-Stadio (1997 - 7’30’’)
Spesso la cosa più difficile è vedere ciò che abbiamo sotto gli occhi, come i luoghi che dimentichiamo semplicemente perché li abbiamo visti troppo spesso. Video–Stadio è un’inquadratura fissa su uno dei piloni di sostegno del terzo anello dello Stadio di San Siro, a Milano. Alla fine della partita le persone escono dallo stadio scendendo lungo le rampe a spirale e, per un effetto ottico-percettivo, le fanno letteralmente “girare” su se stesse, al ritmo di una musica blues. Video-Stadio rappresenta lo stadio del video, la materializzazione di ciò che Paola Di Bello pensa sull’assunzione di un punto di vista. L'immagine si compie da sola attraverso il punto di vista di chi la guarda.
Enzo Umbaca, Ioul never uolc alon (2002 - 4’03’’)
Nel video l’artista e sua moglie indossano degli abiti su cui sono ricamate due metà di un centro campo occupando il centro della scena circondati dai parenti di entrambi (Inghilterra e Calabria). Tutti insieme, allineati in una fila orizzontale, formano un coro che canta l’inno della squadra del Liverpool: You’ll never walk alone (italianizzato Ioul never uolch alon). In questo lavoro che pone al centro le relazioni più strette, il campo di calcio diventa un vestito da indossare, abito di sartoria, abito di cerimonia. Indossarlo vuol dire entrare nella parte, assumersi le responsabilità specifiche che questo abito/campo comporta.
Enzo Umbaca, Kick off (2002 - 9’50’’)
Stadio del Piacenza calcio. Due bambini posizionati sulla linea di bordo campo con in mano due bandierine compongono delle frasi usando la comunicazione internazionale del codice nautico, riproponendo in modo non verbale il linguaggio espressivo e canonizzato della tifoseria. Azzerando la componente spettacolare dal punto di vista visuale, lo stadio è vuoto ma l’ambiente della proiezione è riempito dalla registrazione sonora di una partita passata tra Piacenza – Inter. La comunicazione fra gli opposti schieramenti di tifosi tradotta nei gesti dei bambini perde il carattere tribale per trasformarsi in una sorta di gioco dalla connotazione surreale.
Stephen Dean, VOLTA (2003 - 9’)
VOLTA è un video dell’artista franco-americano Stephen Dean che immerge lo spettatore nell’intensità emotiva di una partita di calcio, non attraverso l’azione sul campo, ma tramite lo sguardo della folla.
Realizzato dentro l’iconico Maracanã con una camera portatile, Dean ha filmato esclusivamente il pubblico tifare durante diverse giornate del campionato di Rio de Janeiro, restituendo una visione vibrante e cromaticamente satura del tifo come fenomeno rituale, collettivo e sensoriale. Dominato da colori accesi e una fotografia pulsante, il montaggio trasforma la folla in una massa coreografata, quasi astratta, dove ogni gesto, urlo e movimento diventa parte di una composizione visiva e sonora. VOLTA non è un documentario sul calcio, ma un’esplorazione poetica e immersiva del corpo sociale in stato di trance collettiva.
Matteo Peterlini, zeroazero (2005 - 9’50”)
zeroazero prende spunto dalla finale del Campionato Mondiale di Calcio del 1982. Due squadre si affrontano sul campo, il pubblico esulta, un gol viene segnato - ma la palla non c’è. L’oggetto del gioco è assente, e con esso svaniscono il senso, la direzione, la finalità dell’azione sportiva. Il gesto atletico si trasforma in coreografia assurda, la furia e la tattica in rappresentazione grottesca, lo stadio in un luogo di esaltazione collettiva. L’opera indaga la potenza simbolica del calcio come rito identitario e dispositivo di appartenenza nazionale, in particolare nell’Italia degli anni ’80, quando lo sport diventava narrazione condivisa e celebrazione politica. Ciò che resta in campo, dopo la sottrazione, è una danza collettiva svuotata, esposta nella sua nudità simbolica: un’identità che si regge sull’illusione del gioco e che, privata del suo centro, si svela come pura superficie dello spettacolo.
Cristian Chironi, Poster (2006 - 26’51’’)
Attraverso la ricostruzione e l’interazione con fotografie calcistiche d’archivio del padre, giocatore dilettante in Sardegna tra gli anni ’60 e ’80, Cristian Chironi L’artista esplora il rapporto tra immagine, memoria e identità. L’artista indossa fedelmente le divise d’epoca e si inserisce fisicamente nelle immagini, creando un dialogo tra dimensione bidimensionale e tridimensionale, passato e presente. Attraverso pose ripetute e un uso evocativo di suoni ambientali e documentari, la performance riflette sul tempo, le trasformazioni culturali e i modelli maschili, mettendo in luce la memoria collettiva e personale. Il procedimento lento e metodico invita lo spettatore a soffermarsi sull’immagine, creando uno spazio di riflessione tra adesione e distacco, fino a una conclusione che riunisce simbolicamente generazioni diverse in un’intima narrazione familiare.
Santo Tolone, Italia – Brasile 82’ (2009 - 8’15’’)
Santo Tolone prende ispirazione dalla celebre partita di calcio che ha segnato uno dei momenti più iconici nella storia dello sport mondiale: la partita del Campionato Mondiale di Calcio del 1982 tra Italia e Brasile conosciuta con il nome di Tragedia del Sarriá. Un paesaggio montano viene ripreso seguendo gli stessi movimenti di telecamera e riproducendo le medesime inquadrature di una frazione di gioco della partita di calcio Italia-Brasile, trasmessa durante il Mondiale del 1982. La rigida grammatica visiva di uno spettacolo sportivo si sostituisce al libero movimento dello sguardo.
Emma Ciceri, Lode (2009 - loop, 11’)
Lode cattura l'immagine di uno stadio nel silenzio che segue la fine di una partita, quando il pubblico se n’è già andato e l’evento si è ormai concluso. Emma Ciceri ci costringe a rimanere ancora un attimo sugli spalti e ci invita ad esperire di un momento estremamente delicato e al tempo stesso potentissimo, il “subito dopo”: quello che ci immagineremmo di vedere è finito, la narrazione si è spostata in altri luoghi. Sulle gradinate curve, ormai vuote, rimangono soltanto tracce e piccoli accadimenti: i resti della presenza umana, non ancora rimossi, e una moltitudine di fogli di giornale che si sollevano e fluttuano nell’aria, mossi da un soffio di vento. L’opera ci invita a sostare in questa zona liminale, suggerendo una possibilità di visione periferica, laterale, poetica: uno sguardo che si sofferma su ciò che resta, sui margini, sulle presenze minime che continuano a raccontare, in silenzio, la memoria dell’evento.
Antoni Muntadas, On Translation: Celebracions (2009 - 9’36’’)
Questo lavoro è un’opera-saggio sul calcio inteso come linguaggio globale, capace di trasmettere emozioni e significati oltre ogni barriera culturale. L’opera rientra nel progetto On Translation che Muntadas porta avanti dal 1995 sull’analisi dei processi di traduzione culturale, politica ed emotiva. Il In un collage di sole esultanze estratte dai filmati delle partite e decontestualizzate - abbracci, esultanze, grida di gioia, atti di preghiera – l’artista ci invita a riflettere sul potere del gesto sportivo e sul rito collettivo. Il fulcro dell’opera è l’energia rituale dell’esultanza: fenomeni collettivi, spettacolari ma anche intimi, carichi di emozione ed erotismo. Il calcio, vero linguaggio universale, non necessita di traduzione, e da Muntadas viene utilizzato come lente per riflettere sulle dinamiche di potere, sullo spettacolo mediatico, sul fanatismo, sulla ritualità identitaria, sulla violenza e sul controllo attraverso l’emozione di massa.
Giovanni de Cataldo, Microlavadora (2023 - 13’43’’)
Microlavadora è un cortometraggio documentario che racconta il calcio come rituale collettivo e insieme domestico, una rappresentazione sacra e profana, pulsante e silenziosa, attraverso due ambienti in apparenza distanti ma profondamente legati: il pullman dei tifosi — el micro — e la lavanderia del club — la lavadora (lavatrice). Microlavadora mette in scena una metafora visiva e sonora del calcio popolare: una centrifuga di emozioni che parte dalla strada e si chiude nel rito quotidiano e indispensabile del lavaggio. Il film fonde due poli opposti — movimento e riposo, esterno e interno, passione urlata e fatica nascosta — per raccontare il calcio come esperienza collettiva, storica e identitaria. Microlavadora restituisce questo intreccio di memoria e presente con uno sguardo poetico e stratificato, dove ogni viaggio verso lo stadio è anche un ritorno a casa.
Tutti i martedì e domenica proiezioni singole delle opere:
15 e 20 luglio | 12 e 17 agosto | 7 settembre
Danilo Correale, The Game (2013 - 70’)
The Game di Danilo Correale è un’opera di arte partecipativa che, attraverso una partita di calcio a tre porte, mette in discussione le logiche competitive e gerarchiche tipiche del lavoro e dello sport tradizionale. Coinvolgendo lavoratori di tre aziende senesi, il progetto crea uno spazio di sperimentazione collettiva e autoriflessione, ispirato alla “trialettica situazionista” che favorisce dinamiche cooperative e nuove forme di relazione superando l’opposizione rigida tra tesi e antitesi e che nel gioco a tre squadre trova una potente traslazione concreta. L’opera riflette sul valore politico del gioco e del tempo libero, proponendoli come strumenti di resistenza e riappropriazione della soggettività in un contesto di crescente precarietà e frammentazione sociale.
22 e 27 luglio | 19 e 24 agosto | 2 settembre
Sara Sjölin, Sportscast (2018 - 111’)
Riproponendo la partita dei Mondiali di calcio 2018 tra Svezia e Svizzera, Sara Sjölin sostituisce la cronaca originale con un commento inedito, personale e intimo. La voce fuori campo dell’artista racconta episodi autobiografici, riflessioni emotive e scorie di memoria d’infanzia. La partita diventa una «scatola narrativa» all’interno della quale Sjolin costruisce un monologo che oscilla tra umorismo e vulnerabilità creando una dissonanza affettiva affascinante. Sportscast è un lavoro che utilizza la struttura e le convenzioni del calcio come veicolo per esplorare lo storytelling personale, emozionale e auto-ironico. Maturando una forma di intensità poetica e anti-dialettica, Sjölin sfida il confine fra racconto pubblico e intimità, tra evento collettivo e narrazione individuale.
29 luglio | 3, 26 e 31 agosto
Miguel Calderón, México vs Brasil (2004 - 90’)
In México vs Brasil, Miguel Calderón costruisce un falso documentario che simula una storica — e completamente immaginaria — vittoria del Messico sul Brasile per 17 a 0. Attraverso un sapiente montaggio di immagini d’archivio, telecronache e scene ricreate, l’artista mette in scena una sorta di desiderio collettivo: la rivincita sportiva e simbolica di una nazione spesso relegata ai margini del potere calcistico internazionale. Ironico, provocatorio e poetico, il video gioca con la passione viscerale del pubblico messicano per il calcio, trasformando la finzione in verità emotiva. L’opera riflette sul ruolo dei media, sulla costruzione dell’identità nazionale e sul confine sottile tra realtà e immaginazione. Calderón non celebra solo il calcio, ma ne rivela il potenziale come narrazione mitologica e sogno condiviso.
5 e 10 agosto | 9 e 14 settembre
Sam Taylor-Johnson, David (2004 - 90’)
In un singolo, prolungato piano sequenza David Beckham riposa in un hotel di Madrid dopo l’allenamento. Con questa scelta, Taylor-Johnson rompe con l’immagine pubblica e performativa di una delle icone più celebri del calcio, offrendo invece una visione vulnerabile e pacata. L’atleta addormentato, sovverte consapevolmente l’immaginario iper-mediatizzato del calciatore, trasformandolo da figura di potere performativo a soggetto di contemplazione silenziosa. Il lavoro si inserisce in una tradizione iconografica che va dalla scultura rinascimentale alla videoarte concettuale — evocando tanto Michelangelo quanto Andy Warhol — e propone una riflessione sottile sul corpo maschile, sul concetto di celebrità e sulla vulnerabilità come forma alternativa di rappresentazione. Taylor-Johnson non idealizza, ma rallenta il tempo dell’osservazione, rivelando come anche l'immagine pubblica più costruita possa contenere frammenti di intimità e umanità universale.
15
luglio 2025
FUORI GIOCO | Sguardi d’artista sul mondo del calcio
Dal 15 luglio al 14 settembre 2025
arte contemporanea
Location
MAXXI – MUSEO DELLE ARTI DEL XXI SECOLO
Roma, Via Guido Reni, 4a, (Roma)
Roma, Via Guido Reni, 4a, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 11-19
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