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Mangiare la Nazione, il pasto performativo di Gastón Ramírez Feltrin
Arte contemporanea
di redazione
Negli spazi postindustriali di SPUMA – Space for the Arts, un ex birrificio nella Giudecca, a Venezia, si prepara l’atto finale di Motion of a Nation, la mostra collettiva curata da Antonio Arévalo e incentrata sulle diverse declinazioni del concetto di nazione, come simbolo, feticcio, prigione e campo di battaglia. A chiudere l’esposizione, il 31 luglio, Defenatio, la performance di Gastón Ramírez Feltrin: un pasto rituale e provocatorio, dove si inghiottiranno letteralmente i segni dell’identità nazionale.

Come suggerito dal titolo, ricavato da un neologismo latino che gioca sulla crasi tra defecatio e natio, tra lo scarto fisiologico e la costruzione ideologica, la performance Defenatio mette in scena un gesto semplice ma destabilizzante: mangiare la Nazione. Panini, snack e piccole pietanze ispirate a simboli nazionali, emblemi istituzionali e stereotipi culturali saranno offerti ai partecipanti, trasformando l’inaugurazione in un convivio di decostruzione iconografica. L’azione riflette su come i simboli, nutriti e interiorizzati, finiscano per programmare le nostre identità innestandosi nelle profondità dei processi biologici. Fino alle “estreme” conseguenze, quando verranno inevitabilmente espulsi.

Provocazione gastronomica, certo, ma anche riflessione politica che nasce da un vissuto migrante. Gastón Ramírez Feltrin, nato nel 1972 a Tepic, in Messico, e residente da anni a Venezia, incarna nella propria biografia il paradosso di chi non si sente più pienamente “di qui né di là”. In bilico tra appartenenze multiple, l’artista si definisce «Sempre meno messicano, meno italiano e quindi sempre più solitario e autoreferenziale». Una condizione di interstizio culturale che si riflette in tutta la sua ricerca, dove la scultura, la performance e l’arte pubblica diventano strumenti di interrogazione sociale e critica dei dispositivi di potere.

Formatosi tra Guadalajara e Venezia, Ramírez Feltrin ha collaborato con autori come Olafur Eliasson, Antoni Muntadas e Tania Bruguera, e ha rappresentato il Messico alla Biennale di Venezia, curandone il primo padiglione nazionale nel 2007. Oggi la sua pratica unisce progettazione visiva, produzione culturale e attivismo partecipativo, con un’attenzione particolare alla sostenibilità e alla costruzione di comunità.

All’interno di Motion of a Nation, che ha raccolto opere di 31 artisti internazionali e un collettivo –Paolo Angelosanto, Alexander Apostol, Filippo Berta, Maurizio Bertinetti, Primož Bizjak, Jota Castro, Donna Conlon, Santolo De Luca, Davide Dormino, Zehra Doğan, Ines Fontenla, Regina José Galindo, Diango Hernández, Paulina Humeres, Antonio Manuel, Ramuntcho Matta, Ronald Moran, Carlos Motta, Ivan Navarro, Lucy+Jorge Orta, Adrian Paci, Daniela Papadia, Sergio Racanati, Filippo Riniolo, Anton Roca, Silvano Rubino, Stefano Scheda, Santiago Sierra, Paolo Toffolutti, Alejandro Vidal, Collettivo Escuela Moderna/Ateneo Libertari, oltre allo stesso Gastón Ramírez Feltrin – Defenatio arriva come chiusura coerente. La mostra ha tracciato un percorso ironico, doloroso e polifonico tra vessilli e frontiere, offrendo una pluralità di visioni che rifiutano o rielaborano la sacralità del concetto di nazione. Con questa performance, l’arte si fa digestione simbolica, un atto che è insieme iconoclastia e, perché no, liberazione.















