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Dove vai in vacanza? – In piedi davanti al mare meravigliato della propria meraviglia
Arte contemporanea
Dopo torrenti, pini selvatici, boschi neri, montagne, cammini dirupati ardui da salire e da discendere (ne abbiamo parlato qui), è tempo di mare, quel mare verso cui si ha voglia di correre – io, per esempio, ve lo confesso – con la stessa gioia, con lo stesso entusiasmo delle Two women on the beach di Pablo Picasso. Dai poeti – Uomo libero, amerai sempre il mare!, scriveva Charles Baudelaire – ai cantanti – Mare mare mare sai che ognuno ha il suo mare di Luca Carboni l’abbiamo canticchiata tutti almeno una volta – il mare ha ispirato e ispira il cuore e il genio di molti uomini, molte donne e anche molti e molte artist*.

Uno di loro è Massimo Vitali, fotografo per eccellenza degli italiani al mare liberi e spensierati. Le sue spiagge, sempre affollate, catturano la vita quotidiana, le dinamiche sociali, offrono uno sguardo particolare sul nostro rapporto con il mare e la spiaggia, rispondendo a un legame particolare: qualche anno fa era stato il fotografo stesso a condividere che ogni foto fosse un po’ come tornare alle vacanze che fin da bambino sognava: la spiaggia, il bar, il sole. Come lui, anche Matthew Attard ha costruito un intero progetto – I will follow the ship, presentato in occasione della 60. esposizione internazionale d’arte – La Biennale di Venezia – sul mare, confidandoci che «ho sempre vissuto in città accanto al mare. Non bastano le parole, con il mare ho un rapporto totale». Il suo mare è luogo di incontro ma anche di riflessione, come alla riflessione ci spinge Francesco Jodice con Capri. The Diefenbach Chronicles, una serie che medita sulla fase di passaggio che stiamo vivendo e sul ruolo dell’artista come testimone e attore di tale mutamento.




Di fotografie, del mare, gli artisti ce ne hanno restituite tante, ognuna con una sfaccettatura diversa. Così, per esempio, Thomas Struth in Seestück, Donghae City – una delle opere più significative della serie Nature & Politics –
si è concentrato sulla natura primordiale per mostrare il mare che si infrange con forza sugli scogli e funge da contrappunto tematico alla tecnologia e all’innovazione umana che caratterizzano il resto della serie. Hiroshi Sugimoto, invece, ha realizzato in bianco e nero la serie Seascapes che cattura l’orizzonte e il mare in diverse parti del mondo, creando un senso di atemporalità e meditazione, e sempre in bianco nero Catherine Opie ha immortalato surfisti in California concentrandosi sulla cultura, sulla comunità e sul legame profondo con l’oceano (Surfers). È di Andreas Gursky invece Rimini, una fotografia monumentale che mostra una spiaggia romagnola dall’alto, con le file di ombrelloni che creano un’immagine quasi astratta. Ancora, Wolfgang Tillmans con Lüneburg (ocean), ha esplorato la percezione e la materialità della fotografia stessa, mentre Erjola Zhuka, nell’ampia serie ancora in corso intitolata MyTh-ing, ha catturato con la sua macchina fotografica alcune donne, alcune albanesi, altre kosovare, sulle sulle spiagge della sua terra d’origine, Durazzo, ritraendole senza compromessi lasciano intravedere sulla superficie dei loro corpi eventi della vita, ferite o forme di difesa identitaria.



Dopo una bella “nuotata” – per rimanere in tema – nel vasto mondo della fotografia, ci tuffiamo in quella della pittura, dove ci viene incontro Walking on the beach di Alex Katz, che ci guida verso i tanti artisti che hanno dipinto il mare, a conferma di come il mare sia una fonte inesauribile di ispirazione senza tempo, non solo per la sua bellezza, ma anche per i suoi complessi significati simbolici, storici e ambientali. C’è chi l’ha dipinto con contorni più astratti, come Gerard Richter (Seestück); chi con la tecnica del mosaico, come Sandro Chia (Bagnanti) all’interno della stazione Materdei della Metropolitana di Napoli); chi invece, parliamo di Giorgio de Chirico (Spiaggia misteriosa), con una pittura più metafisica; o con una pittura più gestuale, è Cy Twombly che ha spesso evocato il mare e l’acqua attraverso segni e colori che richiamano il movimento delle onde e la vastità dell’oceano (Mediterranean).



C’è anche chi come Jessica Warboys, ben nota per i suoi Sea Paintings, crea opere immergendo le tele non dipinte proprio nelle acque costiere, prima di applicare pigmenti minerali, e Tacita Dean, che spaziando dal disegno alla fotografia al film, ha realizzato opere sul mare: The Roaring Forties: Seven Boards in Seven Days, per esempio, l’idea del viaggio, della navigazione e della forza della natura. Di navigazione raccontano anche le Storie del Mare di Pietro Ruffo e le Mappe di Alighiero Boetti – i grandi spazi blu che rappresentano gli oceani nelle sue mappe hanno un’importanza simbolica che riflette l’idea di confini, connessione e vastità del mondo – mentre sul rapporto con la natura e sulla forza della natura, un contributo straordinario (e marittimo) è quello di Zhu Ming che, in una delle sue opere più celebri, si è sigillato all’interno di una bolla di plastica che ha lasciato fluttuare sulle acque del porto di Sydney.




















