28 agosto 2025

Viaggi straordinari. Damiano Gullì in Argentina

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Nella rubrica Viaggi straordinari di exibart artisti e curatori raccontano esperienze fuori dal comune che li hanno portati a riflettere in modo inedito sul mondo e su se stessi. Una mappatura per vedere con occhi nuovi luoghi, ricerche, ispirazioni

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ph. Biagio Roberto Adamo

I viaggi di lavoro raramente rientrano tra i “viaggi straordinari” a causa dello scarso tempo libero a disposizione e degli impegni istituzionali. Una piacevole eccezione è stata la mia recente trasferta a Buenos Aires in occasione dell’opening di Pintura italiana hoy. Una nueva escena, mostra itinerante da me curata, sviluppata a partire dalla collettiva presentata in Triennale Milano nel 2023, qui ripensata con uno specifico focus sulla scena emergente italiana di artisti e artiste, nati tra il 1990 e gli anni Duemila, che si esprimono attraverso il mezzo pittorico. La mostra è un perfetto esempio di diplomazia culturale, frutto del lavoro congiunto di Triennale, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, in qualità di promotore del progetto, Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires, che ne ha curato e coordinato la realizzazione nella capitale argentina, Ambasciata d’Italia a Buenos Aires e tutto il team di Palacio Libertad – Centro Cultural Domingo Faustino Sarmiento, lo straordinario hub di produzione culturale che, fino al 21 settembre 2025, accoglie la mostra.

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ph. Damiano Gullì

Inevitabilmente, proprio da Palacio Libertad inizia il viaggio nella capitale argentina. Siamo nello storico barrío di San Nicolás, in cui si incontrano alcuni degli edifici e dei monumenti più significativi di Buenos Aires, come la cattedrale metropolitana, la Basílica de Nuestra Señora de la Merced, la diocesi di San Miguel, la chiesa e il monastero di Santa Caterina da Siena, Templo Libertad (la sinagoga della Congregazione Israelita Argentina, la principale della capitale), l’obelisco, costruito nella plaza de la República nel 1936 per festeggiare il quarto centenario della fondazione della città, il Teatro Colón e la Sede centrale del Banco de la Nación Argentina. Ricavato da un ex Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, Palacio Libertad, tra i più importanti centri culturali in termini di dimensioni in America latina e il terzo a livello mondiale, copre una superficie di oltre centomila metri quadrati ed è il risultato di un concorso internazionale a cui hanno partecipato oltre 340 studi di architettura provenienti da oltre venti paesi. Originariamente progettato nel 1911 dall’architetto Norbert Maillart e inaugurato nel 1928, Palacio Libertad è stato dichiarato Monumento Storico Nazionale e Sito del Patrimonio nel 1997.

ph. Biagio Roberto Adamo

Attualmente, il centro culturale ospita oltre settanta spazi espositivi che propongono una ricca programmazione di arti visive e performative, danza, musica, teatro, cinema e letteratura con concerti, mostre, spettacoli, workshop, proiezioni, tutti a ingresso gratuito.

L’architettura di Palacio Libertad riflette l’identità di Buenos Aires. Plurima, stratificata, figlia di una convergenza di tendenze e stili arrivati in Argentina da ogni parte del mondo. Ne deriva una città raffinata e dinamica, malinconica e vibrante, in cui gli immaginari si fondono, convivono il tango e la milonga, Maradona e Messi (mitizzati all’esasperazione), l’asado e le empanadas, il dulce de leche e la pizza (sì, la pizza, su questo torneremo), Evita Perón e Jorge Luis Borges, la memoria ancora vivida di Plaza de Mayo e la psicoanalisi (qui si registra il maggior numero di psicologi per abitante), ma con una forte apertura alla ricerca e alla sperimentazione, si vedano la vasta produzione cinematografica e teatrale o le attività espositive di realtà quali la Fundación PROA, uno dei punti di riferimento per le arti, costantemente impegnata nel coinvolgimento delle comunità locali nelle sue proposte culturali.

ph. Biagio Roberto Adamo

Composta da quarantotto quartieri, la Città Autonoma di Buenos Aires è una tra le più ricche in Argentina, ma segnata da forti contraddizioni, contrasti e diseguaglianze, come si evince dalle profonde differenze tra quartieri non appena ci si sposta dalle rotte più centrali e turistiche, quali gli affascinati Palermo, San Telmo, Puerto Madero, Belgrado e Recoleta. Senza dimenticare La Boca, sorto come porto fluviale nella prima metà nella prima metà del XIX secolo alla foce (“boca”, in spagnolo) del Riachuelo nel Río de la Plata. La Boca è caratterizzata da una forte impronta italiana, in particolar modo ligure, che ne ha influenzato gli aspetti storico-culturali. Tra gli elementi distintivi il Caminito, una via con case colorate, dall’antica tradizione degli immigranti di dipingere con sgargianti pitture navali le facciate delle abitazioni, e l’iconico stadio Alberto José Armando, conosciuto come La Bombonera, progettato nel 1932 da José Delpini. La pizza, si diceva. L’immigrazione in Argentina, in particolare quella italiana, è stata un fenomeno di straordinaria rilevanza tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Ancora oggi grandi sono l’affetto e il calore nei confronti dell’Italia, proprio alla luce del forte legame storico tra i due Paesi.

ph. Damiano Gullì

E si riscontrano anche in proposte gastronomiche quali la milanesa, stretta parente della cotoletta, o la pizza, appunto. Ma qui la pizza è stata ulteriormente ibridata, è più alta, farcita di svariati condimenti, più “rica”, per dirla all’argentina. E ben lo testimonia una vera e propria “istituzione” cittadina, la pizzeria Güerrin, fondata a Buenos Aires nel 1932 dagli italiani Franco Malvezzi e Guido Grondona e tutt’oggi in piena attività. Come anche si trovano loganiga calabresa e altre specialità italiane alla Feria de Mataderos, a una quarantina di minuti dal centro città, mercato che mantiene intatta la sua autenticità e unicità, tra prodotti locali artigianali, specialità gastronomiche, danze e momenti di aggregazione informali e spontanei sulle note di musiche tradizionali.

ph. Biagio Roberto Adamo

Più o meno sottotraccia si percepisce anche la cultura dei gauchos, i cowboy del Sud America. Proprio a loro, ma non solo, ha guardato Giulia Mangoni, per il lavoro presentato a Buenos Aires, L’incrocio di Vallefredda, nato dalla giustapposizione di un olio su tela, realizzato per una precedente mostra in Italia, a un wall painting appositamente realizzato per gli spazi di Palacio Libertad. Interessata alle narrazioni che escono dall’urbano per entrare nel rurale. Mangoni con la sua pittura porta avanti da anni una sorta di ricerca socio-antropologica che attinge a un magico primario fondato su folklore e Genius loci. Le sue origini metà italiane e metà brasiliane la portano ad avere sempre una doppia prospettive sulle cose. Centrale per lei l’analisi della identità culturale di un territorio e dei processi di costruzione di tale identità. A Buenos Aires, Mangoni nel suo lavoro ha fatto idealmente confluire e convergere gli scenari degli spaghetti western italiani e le avventure dei gauchos argentini per parlare di identità, di viaggi – onirici o reali – immigrazione, storia e memoria, nostalgia, immaginazione, radicamento e sradicamento. Per parlare della città, insomma.

ph. Biagio Roberto Adamo

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