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New York Graffiti in mostra a Oristano, l’epopea del writing raccontata su tela
Street Art
di redazione
L’energia esplosiva che, tra gli anni Settanta e Ottanta, fece dei graffiti uno dei linguaggi più radicali e influenti della contemporaneità, torna a pulsare al Foro Boario di Oristano. Fino al 25 ottobre 2025, in occasione della 27ma edizione del Dromos Festival, la mostra HOPE AROUND. New York Graffiti, curata da Fabiola Naldi, riunisce oltre 40 opere su tela firmate dai protagonisti della Old School del graffitismo americano. Realizzati da autori leggendari come Taki 183, Rammellzee, A-One, Futura 2000, Fab 5 Freddy, Lee Quiñones, Coco 144, Phase 2, Ero, i lavori fanno parte di una collezione rimasta finora inedita, raccolta da Pietro Molinas Balata.

Dal muro alla tela: una questione di autenticità. E di continuità
Nata come pratica clandestina, la pratica dei graffiti è assurta rapidamente a fenomeno di massa e ha saputo elaborare un linguaggio tanto eterogeneo quanto coerente, influenzando le arti visive, la musica, il design e la moda. Il passaggio dagli spazi urbani non autorizzati alle gallerie ha aperto interrogativi tuttora attuali: cosa rimane dell’autenticità di un gesto nato come ribellione quando entra nei circuiti istituzionali e mercantili?

«Gli artisti in mostra hanno contribuito in modo significativo alla definizione del graffiti writing come fenomeno espressivo e di comunicazione visiva, influenzando generazioni di writer e appassionati in tutto il mondo e portando il grado stilistico dell’intera disciplina a una sofisticazione espressiva mai vista», ha sottolineato Naldi, docente di Fenomenologia delle arti contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e studiosa dei fenomeni del Writing e della Street Art.

Le tele esposte ad Oristano restituiscono il fervore creativo della scena newyorkese, portando il focus dalla strada al lavoro in studio e testimoniando la continuità degli stili. Da Rammellzee, recentemente celebrato al Palais de Tokyo di Parigi, ad A ONE, tra i pochi a portare il writing alla Biennale di Venezia del 1984, da Coco 144, uno dei padri del graffitismo nelle metropolitane, a Phase 2, figura chiave dell’Aerosol Art. E ancora Futura 2000, pioniere capace di dialogare con l’industria e il fashion system, e i leggendari Crash e Daze, il cui lavoro è stato raccontato anche dalla serie Netflix The Get Down. In mostra compaiono anche le opere di Kool Koor, Toxic, How & Nosm, e della Tats Cru. A dialogare con queste opere, tre scatti iconici di Martha Cooper, Robert Herman e Sophie Bramly, che immortalano Keith Haring, Jean-Michel Basquiat e Dondi White.




L’eredità bolognese e il legame con Dromos
Come spiegato dagli organizzatori, il sottotitolo New York Graffiti vuole richiamare la storica mostra Arte di frontiera, curata da Francesca Alinovi nel 1984 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Allora come oggi, il writing appare come un atto di riappropriazione dello spazio e come testimonianza di una generazione che, partendo dai margini, ha saputo ridefinire le regole dell’arte visiva.


La mostra si inserisce nel programma del Dromos Festival, che quest’anno raccoglie le sue tappe sotto il titolo Hope. La speranza è una scelta. Per il direttore artistico Salvatore Corona, HOPE AROUND. New York Graffiti racchiude la stessa urgenza che da sempre anima il festival: «Quella forza diretta, nata per strada, capace di trasformare spazi marginali in luoghi di espressione libera e autentica».

















