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UNA CERTA IDEA DI PRECISIONE
Le opere di Paolo Gioli, Stefania Beretta, Valentina D’Amaro e Cosimo Filippini presentate da Folini Arte sono perlopiù in bilico tra pittura (o scultura) e fotografia. Ad accomunarle nel profondo tuttavia è una certa idea di precisione che ha dei risvolti sfaccettati, paradossali, allusivi.
Comunicato stampa
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COMUNICATO STAMPA
Venerdì 19 settembre 2025 alle 18.00 Folini Arte inaugurerà
UNA CERTA IDEA DI PRECISIONE
Paolo Gioli, Stefania Beretta, Valentina D’Amaro, Cosimo Filippini
a cura di Roberto Borghi
catalogo con testi di Roberto Borghi e interviste agli artisti di Paolo Cicale
Venerdì 19 Settembre 2025 dalle ore 18:00
FOLINI ARTE, via del Sole 13a, Lugano-Pregassona, Svizzera
La mostra proseguirà sino al 9 Novembre 2025 con i seguenti orari di apertura:
● Da mercoledì a venerdì dalle 16:00 alle 19:00
● Sabato dalle 16:00 alle 18.30
● Su appuntamento, al di fuori di questi orari.
Le opere di Paolo Gioli, Stefania Beretta, Valentina D’Amaro e Cosimo Filippini presentate
da Folini Arte sono perlopiù in bilico tra pittura (o scultura) e fotografia. Ad accomunarle nel
profondo tuttavia è una certa idea di precisione che ha dei risvolti sfaccettati, paradossali,
allusivi.
Italo Calvino, nella terza delle sue Lezioni americane, fornisce una definizione di Esattezza
imperniata su «tre cose: 1) un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato; 2) l’evocazione
di immagini visuali incisive, memorabili, “icastiche”; 3) un linguaggio il più meticoloso
possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione».
Le opere in mostra sono cesellate, icastiche e meticolose nel rendere «le sfumature del
pensiero e dell’immaginazione», però si raccolgono attorno a un’idea di precisione, invece
che di esattezza.
In quanto derivazione del latino exigere - un verbo che intende ex agere, spingere fuori
dall’approssimazione, dalla vaghezza, dall’oscurità, e quindi portare completamente alla
luce un determinato argomento -, l’esattezza è una categoria anzitutto scientifica, legata
all’azione di misurare, di assegnare un valore numerico al reale. La precisione ha la sua
radice linguistica nel verbo caedere, ovvero tagliare. Ciò che è preciso in primo luogo è
ritagliato, sfrondato di quanto è comunicativamente ridondante; è inoltre affilato e spesso
tagliente nella sua icasticità. La precisione non aspira a essere esaustiva, semmai a risultare
puntuale: cogliendo il punto della questione lo in-dividua, lo divide dalle restanti
argomentazioni nel momento in cui ne fa spiccare l’essenzialità; però con la sua azione non
misura, e tantomeno esaurisce, ciò che c’è “dentro al punto”: si limita a evidenziarne con la
maggiore nettezza possibile i contorni, ma lascia intatto il mistero di quale sia la natura
profonda della “cosa” puntualmente colta.
Esiste un modo di essere precisi nel fare arte - cioè nel dare una forma percettibile alla “cosa
misteriosa” per antonomasia, la personalità dell’artista - che potremmo chiamare una
precisione allusiva. Questa espressione si conforma benissimo alle opere che Paolo Gioli
ha realizzato con il dispositivo del fotofinish. Meticoloso ben oltre la soglia del tollerabile,
Gioli padroneggia ossessivamente le tecniche fotografiche con lo scopo quasi di sabotarle.
Disinnescare l’inesorabilità del meccanismo, corrompere la presunta purezza del dato
fotografico, affidare l’immagine al potere generativo della casualità: sono nati così i lavori in
cui il volto - depositario, secondo la tradizione occidentale, dell’identità dell’essere umano -
assume una configurazione arcana, insondabile.
Una letterale puntualità, intesa come prerogativa indispensabile della precisione,
rappresenta il tratto distintivo dei Paesaggi improbabili di Stefania Beretta. Ancor più
delle linee tracciate dai fili - che sono pur sempre linee portanti, elementi strutturali
dell’immagine - lo sguardo è richiamato dal punto d’innesto della fibra: è da quell’incavo, da
quel vuoto, che ha origine una strana mescolanza di onirismo e sistematicità equamente,
scrupolosamente combinati. Improbabili, i paesaggi creati da questa artista, lo sono nel
senso che non se ne può provare - un verbo che in latino suona probare - in alcun modo
l’appartenenza a una determinata geografia: il loro territorio di indagine è l’indeterminato, o
forse meglio l’in-definito.
Precisare senza definire: ecco un altro paradosso costitutivo del fare arte che riguarda nel
profondo le opere fotografiche di Valentina D’Amaro. Nonostante captino le fluttuazioni
della luce e mostrino in maniera quasi lenticolare i dettagli della vegetazione, queste
immagini, così come i dipinti con i quali dialogano, fanno percepire una natura letteralmente
scon-finata, e intimamente refrattaria a qualsiasi schema percettivo. Eppure si tratta di
opere, che nel gergo della critica, vanno ritenute a tutti gli effetti compiute, ovvero finite. Si
dà qui un ennesimo paradosso della precisione: sono finite ma non rifinite, la loro
compiutezza, il loro essere “giunte al punto”, permette una sorta di catarsi dai limiti del
linguaggio, e rende lecita l’aspirazione a cogliere non solo l’indefinito, ma proprio l’infinito.
L’esercizio della precisione, come è stato già detto, richiede una certa abilità nel ritagliare, e
in tal modo individuare, l’essenziale. Cosimo Filippini possiede questa dote, come già
dimostravano le foto presentate da Folini Arte nel 2022, nelle quali degli alberi divelti
campeggiavano con le loro radici nel cielo, in una sorta di “posa assoluta”. In una serie di
recenti opere pittoriche, Cosimo fa stagliare nel vuoto dei profili di montagne: letteralmente
s-tagliare, ovvero profilare in modo marcato, dare un risalto inconsueto, e conferire un
senso spiazzante a ciò che viene individuato. Il vuoto ha un ruolo tutt’altro che secondario:
trattandosi di montagne sottoposte a un ciclo, chissà quanto naturale, di disgelo, la vacuità si
insinua nella figura, sembra quasi scavarla, ritagliarla a propria volta, sino al punto di
rimodellare il suo assetto orografico.
Venerdì 19 settembre 2025 alle 18.00 Folini Arte inaugurerà
UNA CERTA IDEA DI PRECISIONE
Paolo Gioli, Stefania Beretta, Valentina D’Amaro, Cosimo Filippini
a cura di Roberto Borghi
catalogo con testi di Roberto Borghi e interviste agli artisti di Paolo Cicale
Venerdì 19 Settembre 2025 dalle ore 18:00
FOLINI ARTE, via del Sole 13a, Lugano-Pregassona, Svizzera
La mostra proseguirà sino al 9 Novembre 2025 con i seguenti orari di apertura:
● Da mercoledì a venerdì dalle 16:00 alle 19:00
● Sabato dalle 16:00 alle 18.30
● Su appuntamento, al di fuori di questi orari.
Le opere di Paolo Gioli, Stefania Beretta, Valentina D’Amaro e Cosimo Filippini presentate
da Folini Arte sono perlopiù in bilico tra pittura (o scultura) e fotografia. Ad accomunarle nel
profondo tuttavia è una certa idea di precisione che ha dei risvolti sfaccettati, paradossali,
allusivi.
Italo Calvino, nella terza delle sue Lezioni americane, fornisce una definizione di Esattezza
imperniata su «tre cose: 1) un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato; 2) l’evocazione
di immagini visuali incisive, memorabili, “icastiche”; 3) un linguaggio il più meticoloso
possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione».
Le opere in mostra sono cesellate, icastiche e meticolose nel rendere «le sfumature del
pensiero e dell’immaginazione», però si raccolgono attorno a un’idea di precisione, invece
che di esattezza.
In quanto derivazione del latino exigere - un verbo che intende ex agere, spingere fuori
dall’approssimazione, dalla vaghezza, dall’oscurità, e quindi portare completamente alla
luce un determinato argomento -, l’esattezza è una categoria anzitutto scientifica, legata
all’azione di misurare, di assegnare un valore numerico al reale. La precisione ha la sua
radice linguistica nel verbo caedere, ovvero tagliare. Ciò che è preciso in primo luogo è
ritagliato, sfrondato di quanto è comunicativamente ridondante; è inoltre affilato e spesso
tagliente nella sua icasticità. La precisione non aspira a essere esaustiva, semmai a risultare
puntuale: cogliendo il punto della questione lo in-dividua, lo divide dalle restanti
argomentazioni nel momento in cui ne fa spiccare l’essenzialità; però con la sua azione non
misura, e tantomeno esaurisce, ciò che c’è “dentro al punto”: si limita a evidenziarne con la
maggiore nettezza possibile i contorni, ma lascia intatto il mistero di quale sia la natura
profonda della “cosa” puntualmente colta.
Esiste un modo di essere precisi nel fare arte - cioè nel dare una forma percettibile alla “cosa
misteriosa” per antonomasia, la personalità dell’artista - che potremmo chiamare una
precisione allusiva. Questa espressione si conforma benissimo alle opere che Paolo Gioli
ha realizzato con il dispositivo del fotofinish. Meticoloso ben oltre la soglia del tollerabile,
Gioli padroneggia ossessivamente le tecniche fotografiche con lo scopo quasi di sabotarle.
Disinnescare l’inesorabilità del meccanismo, corrompere la presunta purezza del dato
fotografico, affidare l’immagine al potere generativo della casualità: sono nati così i lavori in
cui il volto - depositario, secondo la tradizione occidentale, dell’identità dell’essere umano -
assume una configurazione arcana, insondabile.
Una letterale puntualità, intesa come prerogativa indispensabile della precisione,
rappresenta il tratto distintivo dei Paesaggi improbabili di Stefania Beretta. Ancor più
delle linee tracciate dai fili - che sono pur sempre linee portanti, elementi strutturali
dell’immagine - lo sguardo è richiamato dal punto d’innesto della fibra: è da quell’incavo, da
quel vuoto, che ha origine una strana mescolanza di onirismo e sistematicità equamente,
scrupolosamente combinati. Improbabili, i paesaggi creati da questa artista, lo sono nel
senso che non se ne può provare - un verbo che in latino suona probare - in alcun modo
l’appartenenza a una determinata geografia: il loro territorio di indagine è l’indeterminato, o
forse meglio l’in-definito.
Precisare senza definire: ecco un altro paradosso costitutivo del fare arte che riguarda nel
profondo le opere fotografiche di Valentina D’Amaro. Nonostante captino le fluttuazioni
della luce e mostrino in maniera quasi lenticolare i dettagli della vegetazione, queste
immagini, così come i dipinti con i quali dialogano, fanno percepire una natura letteralmente
scon-finata, e intimamente refrattaria a qualsiasi schema percettivo. Eppure si tratta di
opere, che nel gergo della critica, vanno ritenute a tutti gli effetti compiute, ovvero finite. Si
dà qui un ennesimo paradosso della precisione: sono finite ma non rifinite, la loro
compiutezza, il loro essere “giunte al punto”, permette una sorta di catarsi dai limiti del
linguaggio, e rende lecita l’aspirazione a cogliere non solo l’indefinito, ma proprio l’infinito.
L’esercizio della precisione, come è stato già detto, richiede una certa abilità nel ritagliare, e
in tal modo individuare, l’essenziale. Cosimo Filippini possiede questa dote, come già
dimostravano le foto presentate da Folini Arte nel 2022, nelle quali degli alberi divelti
campeggiavano con le loro radici nel cielo, in una sorta di “posa assoluta”. In una serie di
recenti opere pittoriche, Cosimo fa stagliare nel vuoto dei profili di montagne: letteralmente
s-tagliare, ovvero profilare in modo marcato, dare un risalto inconsueto, e conferire un
senso spiazzante a ciò che viene individuato. Il vuoto ha un ruolo tutt’altro che secondario:
trattandosi di montagne sottoposte a un ciclo, chissà quanto naturale, di disgelo, la vacuità si
insinua nella figura, sembra quasi scavarla, ritagliarla a propria volta, sino al punto di
rimodellare il suo assetto orografico.
19
settembre 2025
UNA CERTA IDEA DI PRECISIONE
Dal 19 settembre al 09 novembre 2025
arte contemporanea
Location
Folini Arte
Lugano, Via del Sole, 13, (Lugano)
Lugano, Via del Sole, 13, (Lugano)
Orario di apertura
Da mercoledì a venerdì dalle 16:00 alle 19:00
Sabato dalle 16:00 alle 18.30
Su appuntamento, al di fuori di questi orari.
Vernissage
19 Settembre 2025, dalle ore 18:00
Editore
Folini Arte
Autore
Curatore
Autore testo critico









