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A Hyena Wore My Face Last Night
C+N Gallery CANEPANERI è lieta di presentare A Hyena Wore My Face Last Night (Una iena ha indossato il mio volto la scorsa notte), una mostra bipersonale curata da Joséphine-May Bailey, con nuove opere della scultrice Holly Stevenson e della pittrice Amelie Peace (con una serie di nuovi lavori parzi
Comunicato stampa
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C+N Gallery CANEPANERI è lieta di presentare A Hyena Wore My Face Last Night (Una iena ha indossato il mio volto la scorsa notte), una mostra bipersonale curata da Joséphine-May Bailey, con nuove opere della scultrice Holly Stevenson e della pittrice Amelie Peace (con una serie di nuovi lavori parzialmente realizzata presso la Residenza Palazzo Monti in primavera 2025). L'inaugurazione avrà luogo il 18 settembre 2025. Il titolo della mostra è ispirato al racconto La debuttante di Leonora Carrington, in cui una giovane donna convince una iena a prendere il suo posto a un ballo dell’alta società. Travestita con la pelle di una cameriera da lei divorata, l’animale attraversa con malcelato disprezzo i rituali assurdi della vita aristocratica. Il racconto è comico e macabro, assurdo e sovversivo. In questo spirito, la mostra esplora i temi della femminilità, della trasformazione, del travestimento e della linea sottile che separa l’umano dall’animale. Attraverso la scultura ceramica e la pittura, Stevenson e Peace riflettono sulla femminilità come spazio di sdoppiamento e metamorfosi. L’identità non viene proposta come qualcosa di fisso, ma come un processo in divenire - qualcosa che si può indossare o prendere in prestito, scambiare o disfare.
Holly Stevenson presenta un gruppo di nuove opere in ceramica, i cui titoli citano direttamente il testo di Carrington. Una serie di cinque figure si intitola “I feel I’m in very good form” («Mi sento in ottima forma») 1–5. Queste forme figurative e idiosincratiche incarnano il desiderio famelico della iena. Stevenson lavora spesso nell’ambito psicoanalitico dell’inquietante (uncanny), un tema ricorrente nella sua pratica, esplorando la trasformazione, l’identità e l’inconscio. In qualità di artista in residenza presso il Jane McAdam Freud Estate, Stevenson ha recentemente tenuto una mostra personale al Freud Museum di Londra. Le sue maschere facciali in stile LED, ispirate ai dispositivi estetici, sono deformate in sembianze animali. Il risultato è giocoso, grottesco e carnevalesco. Queste opere parlano di metamorfosi, ma anche delle ansie e dei rituali che l’accompagnano. Accanto a esse, dei tacchi in ceramica in stile tabi suggeriscono zampe e zoccoli, richiamando l’interesse surrealista per la scarpa come oggetto di feticcio, artificio e identità. Le sculture di Stevenson si collocano tra corpo e costume, tra interno ed esterno, tra maschera e reliquia.
Amelie Peace, alla sua seconda mostra con la galleria, propone una serie di dipinti in cui le figure fluttuano tra diversi stati dell’essere. Le sue donne alzano le mani a mimare orecchie, indossano pellicce, o si stringono l’una all’altra in gesti ambigui e intimi. So Soft (Si Douce) ripete questi gesti. Non sono del tutto animali, ma non sono più interamente umane. In Together We Are Animal, due donne sembrano sovrapporsi o intrecciarsi, guardando lo spettatore con uno sguardo calmo ma indecifrabile. Questo sguardo diretto è ricorrente nell’opera di Peace, dove l’atto dell’essere visti diventa insieme sfida e invito. Il suo linguaggio fatto di superfici, gesti e imitazioni animali apre domande su desiderio, vicinanza e identità.
Accanto ai dipinti, Peace presenta anche tre acqueforti incorniciate: Wolf Skin, Entre Chien et Loup (Tra cane e lupo) e Méconnaissable (Irriconoscibile). Queste opere ampliano la sua esplorazione della metamorfosi e della doppia identità. In Wolf Skin, una donna indossa la pelle di un lupo; in Entre Chien et Loup, il suo volto si fonde con quello di un animale; in Méconnaissable, lega un fiocco delicato nel pelo del lupo. Queste immagini parlano di tenerezza e violenza, cura e mimetismo. Come la iena di Carrington, esse indossano la loro stranezza senza alcuna vergogna, muovendosi con naturalezza tra l’umano e il bestiale.
Le due artiste hanno sviluppato questa mostra in stretto dialogo tra loro e con la curatrice, attingendo a ricerche condivise su Leonora Carrington e sull’eredità più ampia delle surrealiste, tra cui Remedios Varo, Dorothea Tanning e Leonor Fini. Il loro interesse per la maschera come strumento di occultamento e rivelazione attraversa l’intera mostra. Gli oggetti di Stevenson sembrano parlare con il linguaggio codificato e lucido degli artefatti, mentre i dipinti e le incisioni di Peace respirano profumo, calore e pelle. In questo contesto, la iena non è solo una figura, ma una tattica - un modo di attraversare il mondo con malizia, sfida e curiosità.
Si attiva anche un dialogo intergenerazionale. Stevenson, artista a metà carriera, offre un approccio sofisticato alla psicoanalisi e al surrealismo. Peace, artista emergente, propone un linguaggio visivo fresco e intuitivo che cerca di raffinare l’arte del gesto attraverso immagini attentamente composte che esplorano le ideologie sessuali, emotive e sociali che circondano il tatto. Carrington, il cui lavoro e la cui scrittura restano fondamentali per generazioni di artistə, attraversa entrambe le pratiche come musa, mitografa e agente di sovversione.
«Sembrava umana. Ma aveva dimenticato di mettersi i guanti, e le sue mani erano terribilmente pelose», scrive Carrington. In A Hyena Wore My Face Last Night, i guanti sono già stati gettati. Ciò che resta è lo sguardo, la posa, e quel senso di selvaggio che ancora sfrigola sotto la superficie.
Holly Stevenson presenta un gruppo di nuove opere in ceramica, i cui titoli citano direttamente il testo di Carrington. Una serie di cinque figure si intitola “I feel I’m in very good form” («Mi sento in ottima forma») 1–5. Queste forme figurative e idiosincratiche incarnano il desiderio famelico della iena. Stevenson lavora spesso nell’ambito psicoanalitico dell’inquietante (uncanny), un tema ricorrente nella sua pratica, esplorando la trasformazione, l’identità e l’inconscio. In qualità di artista in residenza presso il Jane McAdam Freud Estate, Stevenson ha recentemente tenuto una mostra personale al Freud Museum di Londra. Le sue maschere facciali in stile LED, ispirate ai dispositivi estetici, sono deformate in sembianze animali. Il risultato è giocoso, grottesco e carnevalesco. Queste opere parlano di metamorfosi, ma anche delle ansie e dei rituali che l’accompagnano. Accanto a esse, dei tacchi in ceramica in stile tabi suggeriscono zampe e zoccoli, richiamando l’interesse surrealista per la scarpa come oggetto di feticcio, artificio e identità. Le sculture di Stevenson si collocano tra corpo e costume, tra interno ed esterno, tra maschera e reliquia.
Amelie Peace, alla sua seconda mostra con la galleria, propone una serie di dipinti in cui le figure fluttuano tra diversi stati dell’essere. Le sue donne alzano le mani a mimare orecchie, indossano pellicce, o si stringono l’una all’altra in gesti ambigui e intimi. So Soft (Si Douce) ripete questi gesti. Non sono del tutto animali, ma non sono più interamente umane. In Together We Are Animal, due donne sembrano sovrapporsi o intrecciarsi, guardando lo spettatore con uno sguardo calmo ma indecifrabile. Questo sguardo diretto è ricorrente nell’opera di Peace, dove l’atto dell’essere visti diventa insieme sfida e invito. Il suo linguaggio fatto di superfici, gesti e imitazioni animali apre domande su desiderio, vicinanza e identità.
Accanto ai dipinti, Peace presenta anche tre acqueforti incorniciate: Wolf Skin, Entre Chien et Loup (Tra cane e lupo) e Méconnaissable (Irriconoscibile). Queste opere ampliano la sua esplorazione della metamorfosi e della doppia identità. In Wolf Skin, una donna indossa la pelle di un lupo; in Entre Chien et Loup, il suo volto si fonde con quello di un animale; in Méconnaissable, lega un fiocco delicato nel pelo del lupo. Queste immagini parlano di tenerezza e violenza, cura e mimetismo. Come la iena di Carrington, esse indossano la loro stranezza senza alcuna vergogna, muovendosi con naturalezza tra l’umano e il bestiale.
Le due artiste hanno sviluppato questa mostra in stretto dialogo tra loro e con la curatrice, attingendo a ricerche condivise su Leonora Carrington e sull’eredità più ampia delle surrealiste, tra cui Remedios Varo, Dorothea Tanning e Leonor Fini. Il loro interesse per la maschera come strumento di occultamento e rivelazione attraversa l’intera mostra. Gli oggetti di Stevenson sembrano parlare con il linguaggio codificato e lucido degli artefatti, mentre i dipinti e le incisioni di Peace respirano profumo, calore e pelle. In questo contesto, la iena non è solo una figura, ma una tattica - un modo di attraversare il mondo con malizia, sfida e curiosità.
Si attiva anche un dialogo intergenerazionale. Stevenson, artista a metà carriera, offre un approccio sofisticato alla psicoanalisi e al surrealismo. Peace, artista emergente, propone un linguaggio visivo fresco e intuitivo che cerca di raffinare l’arte del gesto attraverso immagini attentamente composte che esplorano le ideologie sessuali, emotive e sociali che circondano il tatto. Carrington, il cui lavoro e la cui scrittura restano fondamentali per generazioni di artistə, attraversa entrambe le pratiche come musa, mitografa e agente di sovversione.
«Sembrava umana. Ma aveva dimenticato di mettersi i guanti, e le sue mani erano terribilmente pelose», scrive Carrington. In A Hyena Wore My Face Last Night, i guanti sono già stati gettati. Ciò che resta è lo sguardo, la posa, e quel senso di selvaggio che ancora sfrigola sotto la superficie.
18
settembre 2025
A Hyena Wore My Face Last Night
Dal 18 settembre al 31 ottobre 2025
arte contemporanea
Location
C+N Gallery CANEPANERI
Milano, Foro Buonaparte, 48, (Milano)
Milano, Foro Buonaparte, 48, (Milano)
Orario di apertura
10.00 - 18.00
Vernissage
18 Settembre 2025, 18.00
Autore
Curatore





