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Arnaldo e Stefano. GLI SPAGNOLI A PARMA
L’incontro tra due epoche e due sensibilità molto diverse, in un dialogo tra generazioni che trova nel linguaggio pittorico un terreno comune e fertile: da una parte, la dolcezza post-impressionista di Arnaldo Spagnoli, dall’altra, la libertà espressiva e anticonformista del figlio Stefano.
Comunicato stampa
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Arnaldo e Stefano. GLI SPAGNOLI A PARMA
Una mostra che racconta l’incontro tra due epoche e due sensibilità molto diverse, in un dialogo tra generazioni che trova nel linguaggio pittorico un terreno comune e fertile: da una parte, la dolcezza post-impressionista di Arnaldo Spagnoli, dall’altra, la libertà espressiva e anticonformista del figlio Stefano.
Con questa mostra Fondazione Monteparma rende omaggio a due importanti artisti parmigiani, padre e figlio, valorizzandone la sensibilità culturale e, al contempo, mettendo in rilievo le distinte visioni artistiche: da una parte, la dolcezza post-impressionista di Arnaldo, dall’altra, la libertà espressiva e anticonformista di Stefano.
Libertà che si rispecchia proprio nell’inusuale proposta espositiva da lui curata insieme a Maria Cristina Soldati, che non mancherà di sorprendere per il vorticoso susseguirsi di trovate, capaci al contempo di far sorridere e riflettere, trasformando la visita in un’esperienza “artisticamente” imprevedibile.
Artista poliedrico, decoratore, insegnante e promotore culturale, Stefano Spagnoli (Parma, 1946) ha attraversato decenni di fervente attività creativa con uno spirito profondamente indipendente. Si definisce “fabbricante di figure” e da sempre rifiuta le logiche commerciali dell’arte privilegiando la sincerità del gesto creativo. Fondatore della celebre rassegna Mercanteinfiera, che ha consacrato il termine “Modernariato”, neologismo oggi inserito nella Treccani, è stato anche assessore alla Cultura del Comune di Parma (1998-2004), in un arco temporale che lo ha visto attivamente impegnato nella realizzazione di importanti iniziative come le celebrazioni del Centenario Verdiano (2001) e la grande mostra su Parmigianino e il manierismo europeo (2003).
La sua pittura, nutrita da una cultura visuale ricchissima e da un’ironia pungente, è stata esposta in prestigiosi spazi in Italia e all’estero, da Parma a Torino, da Varese a Santa Monica, fino al Museo di Cultura Italiana di San Francisco. Di lui hanno scritto, tra gli altri, Attilio Bertolucci, Arturo Carlo Quintavalle, Roberto Tassi, Edoardo Sanguineti e Piero Fornasetti. Ispirato da importanti artisti quali Paul Klee, George Grosz, Otto Dix, Alberto Burri, Fausto Melotti ma anche Marcel Duchamp e Kurt Schwitters, Spagnoli nella sua lunga attività ha sempre continuato a sperimentare con grande immaginazione le possibili valenze del linguaggio artistico, scomponendo e ricomponendo forme, oggetti, significati.
Il lavoro di Stefano, eclettico e libero, rifugge ogni etichetta, affondando le radici nei canoni antichi del “piacere del fare”, in netta controtendenza rispetto al mercato. La sua produzione – circa ventimila opere in sessant’anni di carriera – non è mai seriale, mai ossessionata da uno stile. Secondo l’artista, è la materia che determina l’unicità dell’opera: nelle sue creazioni, carta, vetro, sabbia, legno, resine, pigmenti e perfino oggetti sono combinati tra loro in un ciclo potenzialmente infinito di rappresentazione.
Padre di Stefano e figura tanto appartata quanto solida, Arnaldo Spagnoli (Parma,1906-1989) è stato un pittore silenzioso e rigoroso. Con una forte vocazione artistica fin da bambino, nel corso della sua formazione accademica ha incontrato maestri come Paolo Baratta e Latino Barilli, stringendo poi amicizia con altri importanti artisti come Piero Furlotti, Carlo Mattioli, i fratelli Bandieri, Renato Vernizzi, Otello Bernini. Internato a Wietzendorf per due anni, in compagnia di altri ufficiali italiani come Giovannino Guareschi, si salvò facendo ritratti ai suoi carcerieri. Tornato nella pianura della casa paterna e della sposa, Arnaldo ritrovò nelle delizie appaganti del post-impressionismo magico un poco della dolcezza del vivere, irrimediabilmente ferita dalla guerra.
Uomo di poche parole e riservato, ha trasmesso l’amore per l’arte attraverso l’esempio. Con la sua inseparabile motocicletta e la cassetta degli attrezzi, Arnaldo visse la pittura come una pratica quotidiana, quasi rituale, fatta di silenzi, acquaragia e tabacco. Non amava critici e mercanti, motivo per cui non espose di frequente – mai oltre Milano – e non fu molto recensito.
Tra le sue opere più significative, i quadri dipinti in Africa e nei manicomi, da lui frequentati al seguito del fratello psichiatra, oltre alla produzione riguardante la quotidianità e gli incontri nel campo di concentramento. Numerosi sono inoltre i quadretti raffiguranti scorci cittadini, nevicate, nature morte e casolari che ancora oggi si trovano in tante case parmigiane, a testimonianza dell’ampio apprezzamento per la sua pittura.
La retrospettiva dei due artisti racconta quindi l’incontro tra due epoche e due sensibilità molto diverse, in un dialogo tra generazioni che trova nel linguaggio pittorico un terreno comune e fertile.
Il volume di MUP Editore che accompagna la mostra, arricchito dai contributi di importanti intellettuali, amici artisti e scrittori, è anch’esso opera dell’artista Stefano Spagnoli, e ne riflette pienamente l’estro e la vivacità culturale. Oltre alle creazioni fotografiche, curate da Paolo e Alessandro Candelari e Lucio Rossi, la pubblicazione contiene racconti e testimonianze di quanti hanno conosciuto e frequentato Arnaldo e Stefano, contribuendo così a divulgare la conoscenza dei due Spagnoli ben oltre la città d’origine.
Una mostra che racconta l’incontro tra due epoche e due sensibilità molto diverse, in un dialogo tra generazioni che trova nel linguaggio pittorico un terreno comune e fertile: da una parte, la dolcezza post-impressionista di Arnaldo Spagnoli, dall’altra, la libertà espressiva e anticonformista del figlio Stefano.
Con questa mostra Fondazione Monteparma rende omaggio a due importanti artisti parmigiani, padre e figlio, valorizzandone la sensibilità culturale e, al contempo, mettendo in rilievo le distinte visioni artistiche: da una parte, la dolcezza post-impressionista di Arnaldo, dall’altra, la libertà espressiva e anticonformista di Stefano.
Libertà che si rispecchia proprio nell’inusuale proposta espositiva da lui curata insieme a Maria Cristina Soldati, che non mancherà di sorprendere per il vorticoso susseguirsi di trovate, capaci al contempo di far sorridere e riflettere, trasformando la visita in un’esperienza “artisticamente” imprevedibile.
Artista poliedrico, decoratore, insegnante e promotore culturale, Stefano Spagnoli (Parma, 1946) ha attraversato decenni di fervente attività creativa con uno spirito profondamente indipendente. Si definisce “fabbricante di figure” e da sempre rifiuta le logiche commerciali dell’arte privilegiando la sincerità del gesto creativo. Fondatore della celebre rassegna Mercanteinfiera, che ha consacrato il termine “Modernariato”, neologismo oggi inserito nella Treccani, è stato anche assessore alla Cultura del Comune di Parma (1998-2004), in un arco temporale che lo ha visto attivamente impegnato nella realizzazione di importanti iniziative come le celebrazioni del Centenario Verdiano (2001) e la grande mostra su Parmigianino e il manierismo europeo (2003).
La sua pittura, nutrita da una cultura visuale ricchissima e da un’ironia pungente, è stata esposta in prestigiosi spazi in Italia e all’estero, da Parma a Torino, da Varese a Santa Monica, fino al Museo di Cultura Italiana di San Francisco. Di lui hanno scritto, tra gli altri, Attilio Bertolucci, Arturo Carlo Quintavalle, Roberto Tassi, Edoardo Sanguineti e Piero Fornasetti. Ispirato da importanti artisti quali Paul Klee, George Grosz, Otto Dix, Alberto Burri, Fausto Melotti ma anche Marcel Duchamp e Kurt Schwitters, Spagnoli nella sua lunga attività ha sempre continuato a sperimentare con grande immaginazione le possibili valenze del linguaggio artistico, scomponendo e ricomponendo forme, oggetti, significati.
Il lavoro di Stefano, eclettico e libero, rifugge ogni etichetta, affondando le radici nei canoni antichi del “piacere del fare”, in netta controtendenza rispetto al mercato. La sua produzione – circa ventimila opere in sessant’anni di carriera – non è mai seriale, mai ossessionata da uno stile. Secondo l’artista, è la materia che determina l’unicità dell’opera: nelle sue creazioni, carta, vetro, sabbia, legno, resine, pigmenti e perfino oggetti sono combinati tra loro in un ciclo potenzialmente infinito di rappresentazione.
Padre di Stefano e figura tanto appartata quanto solida, Arnaldo Spagnoli (Parma,1906-1989) è stato un pittore silenzioso e rigoroso. Con una forte vocazione artistica fin da bambino, nel corso della sua formazione accademica ha incontrato maestri come Paolo Baratta e Latino Barilli, stringendo poi amicizia con altri importanti artisti come Piero Furlotti, Carlo Mattioli, i fratelli Bandieri, Renato Vernizzi, Otello Bernini. Internato a Wietzendorf per due anni, in compagnia di altri ufficiali italiani come Giovannino Guareschi, si salvò facendo ritratti ai suoi carcerieri. Tornato nella pianura della casa paterna e della sposa, Arnaldo ritrovò nelle delizie appaganti del post-impressionismo magico un poco della dolcezza del vivere, irrimediabilmente ferita dalla guerra.
Uomo di poche parole e riservato, ha trasmesso l’amore per l’arte attraverso l’esempio. Con la sua inseparabile motocicletta e la cassetta degli attrezzi, Arnaldo visse la pittura come una pratica quotidiana, quasi rituale, fatta di silenzi, acquaragia e tabacco. Non amava critici e mercanti, motivo per cui non espose di frequente – mai oltre Milano – e non fu molto recensito.
Tra le sue opere più significative, i quadri dipinti in Africa e nei manicomi, da lui frequentati al seguito del fratello psichiatra, oltre alla produzione riguardante la quotidianità e gli incontri nel campo di concentramento. Numerosi sono inoltre i quadretti raffiguranti scorci cittadini, nevicate, nature morte e casolari che ancora oggi si trovano in tante case parmigiane, a testimonianza dell’ampio apprezzamento per la sua pittura.
La retrospettiva dei due artisti racconta quindi l’incontro tra due epoche e due sensibilità molto diverse, in un dialogo tra generazioni che trova nel linguaggio pittorico un terreno comune e fertile.
Il volume di MUP Editore che accompagna la mostra, arricchito dai contributi di importanti intellettuali, amici artisti e scrittori, è anch’esso opera dell’artista Stefano Spagnoli, e ne riflette pienamente l’estro e la vivacità culturale. Oltre alle creazioni fotografiche, curate da Paolo e Alessandro Candelari e Lucio Rossi, la pubblicazione contiene racconti e testimonianze di quanti hanno conosciuto e frequentato Arnaldo e Stefano, contribuendo così a divulgare la conoscenza dei due Spagnoli ben oltre la città d’origine.
18
settembre 2025
Arnaldo e Stefano. GLI SPAGNOLI A PARMA
Dal 18 settembre 2025 al 18 gennaio 2026
arte contemporanea
Location
APE PARMA MUSEO
Parma, Strada Luigi Carlo Farini, 32a, (PR)
Parma, Strada Luigi Carlo Farini, 32a, (PR)
Biglietti
intero € 8;
ridotto € 5 per under 35, over 65, gruppi di almeno 10 unità; associati FIAF
gratuito per scuole, under 18, guide turistiche e giornalisti, persone diversamente abili e loro accompagnatori;
biglietto cumulativo (accesso a tutte le mostre in corso): € 10 intero; € 5 ridotto;
Il biglietto include l’accesso alle Sale Museo Amedeo Bocchi e alla Sala Museo Renato Vernizzi.
La prenotazione è richiesta solo per i gruppi superiori alle 10 persone.
Per informazioni: info@apeparmamuseo.it tel. 0521 203413
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 10.30 - 17.30
Vernissage
18 Settembre 2025, 17, su invito
Sito web
Editore
MUP Editore
Autore
Curatore
Produzione organizzazione




