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Katarzyna Bak – Frammentazione
Con la mostra “Frammentazione” Katarzyna Bak si concentra sul tema delle guerre che stanno drammaticamente segnando il nostro presente, un racconto visivo della frammentazione che i conflitti producono su più livelli
Comunicato stampa
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Con la mostra “Frammentazione” il percorso di ricerca di Katarzyna Bak, che nei cicli pittorici degli ultimi anni ha esplorato i miti della creazione, la relazione tra l’uomo e le forze della natura, il concetto di identità, l’automatismo psichico e l’inconscio, si concentra sul tema della guerre che stanno drammaticamente segnando il nostro presente. In “Frammentazione” l’artista continua a rivolgere un duplice sguardo alla materia trattata: da un lato riflettendo sul suo significato nella contemporaneità, dall’altro scavando nei significati ancestrali e forme archetipiche.
Le immagini dolorose che scorrono quotidianamente davanti ai nostri occhi sono il punto di partenza di questo nuovo ciclo di opere: la sensazione di impotenza e di solitudine che ne deriva si traduce sulla tela in un “urlo senza parole”, in cui i segni e i diversi materiali assemblati raccontano visivamente la frammentazione che i conflitti producono su più livelli. Sono frammentate le notizie che riceviamo sui nostri dispositivi, tra notifiche e aggiornamenti in tempo reale che ci sottopongono frammenti isolati di eventi, rendendo difficile ricostruire un quadro unitario e coerente; è frammentata la memoria in ricordi isolati e, insieme a essa, la storia personale e l’identità delle persone che ne sono colpite direttamente: private dei propri punti di riferimento e della continuità narrativa della propria esistenza, sono ridotte a numeri nei calcoli statistici.
Le macerie fisiche generate dai bombardamenti sono tracce di una dissoluzione che è anche umana e psicologica, dove delle vite, dei ricordi e dell’essenza stessa delle persone restano dei frammenti sparsi.
Nel corso della storia, l’esperienza della guerra ha lasciato un segno profondo nell’immaginario individuale e collettivo: artisti, scrittori, poeti e testimoni diretti hanno sempre avvertito la necessità di dare forma al dramma vissuto, trasformandolo in opere che permettessero di comprenderlo, raccontarlo o esorcizzarlo. Questa urgenza si rivela in molteplici forme: dalla “letteratura di guerra” alle testimonianze dei soldati attraverso lettere e diari, dalle poesie nate dall’esperienza diretta dei poeti al fronte agli artisti, che hanno tradotto il dolore in immagini, materia e simboli indelebili. L’arte e la letteratura prodotte durante i conflitti o negli anni immediatamente successivi rappresentano le più potenti e incisive forme di denuncia, di conservazione della memoria e di elaborazione del dolore e del trauma subito.
Alcune opere sono diventate esse stesse simboli universali dell’orrore bellico: basti pensare alla serie degli Otages di Jean Fautrier, in cui la materia grumosa e stratificata evoca ferite e lacerazioni; alle opere prodotte da Burri dopo la guerra e la prigionia, in cui i materiali assemblati, “costretti” o bruciati, si fanno linguaggio del trauma; alle deformazioni e scomposizioni di Picasso nella sua celebre Guernica.
Bak in questo ciclo di opere accoglie le suggestioni del Cubismo, dell’Arte Informale e dalla tecnica del montaggio intellettuale teorizzato da Sergej Ejzenstein per narrare la condizione attuale: l’artista interviene sulla tela unendo elementi spezzati e decontestualizzati, assemblando sezioni dipinte singolarmente e separatamente a materiali frammentati, i quali attraverso questa unione generano nuovi significati e connessioni. Le campiture irregolari di colore sulla tela assumono senso simbolico, i cui riferimenti derivano dall’iconografia sacra: sono ricorrenti nelle opere presenti in mostra il blu, il rosso, il bianco e l’oro, colori che nelle icone sacre simboleggiano umanità, purezza, sacrificio e spiritualità, valori universali che vengono recuperati dall’artista e immersi in uno scenario in cui domina il caos e il dolore, come un tentativo di riconnessione con una dimensione di ordine, sacralità, dedizione e unione. Si sovrappongono ad essi simboli, parole, armi, numeri che costituiscono la traccia frammentata delle immagini delle guerre, residui che sono sedimentati nella memoria e che portano con sé una parte della storia, da cui può nascere una nuova narrazione.
Bak utilizza il frammento e la ricomposizione come possibilità di creare una nuova condizione e cercare così di arrivare a un significato più profondo, a una visione più complessa che fornisca nuove prospettive, aperta a nuove interpretazioni. L’artista crea così un nuovo ordine in cui passato e presente, dolore e speranza si fondono, offrendo la speranza di una nuova unione, come testimoniano le sue stesse parole: “l’opera finita non è la somma delle sue parti, ma una nuova realtà che supera i frammenti che la compongono”.
Le immagini dolorose che scorrono quotidianamente davanti ai nostri occhi sono il punto di partenza di questo nuovo ciclo di opere: la sensazione di impotenza e di solitudine che ne deriva si traduce sulla tela in un “urlo senza parole”, in cui i segni e i diversi materiali assemblati raccontano visivamente la frammentazione che i conflitti producono su più livelli. Sono frammentate le notizie che riceviamo sui nostri dispositivi, tra notifiche e aggiornamenti in tempo reale che ci sottopongono frammenti isolati di eventi, rendendo difficile ricostruire un quadro unitario e coerente; è frammentata la memoria in ricordi isolati e, insieme a essa, la storia personale e l’identità delle persone che ne sono colpite direttamente: private dei propri punti di riferimento e della continuità narrativa della propria esistenza, sono ridotte a numeri nei calcoli statistici.
Le macerie fisiche generate dai bombardamenti sono tracce di una dissoluzione che è anche umana e psicologica, dove delle vite, dei ricordi e dell’essenza stessa delle persone restano dei frammenti sparsi.
Nel corso della storia, l’esperienza della guerra ha lasciato un segno profondo nell’immaginario individuale e collettivo: artisti, scrittori, poeti e testimoni diretti hanno sempre avvertito la necessità di dare forma al dramma vissuto, trasformandolo in opere che permettessero di comprenderlo, raccontarlo o esorcizzarlo. Questa urgenza si rivela in molteplici forme: dalla “letteratura di guerra” alle testimonianze dei soldati attraverso lettere e diari, dalle poesie nate dall’esperienza diretta dei poeti al fronte agli artisti, che hanno tradotto il dolore in immagini, materia e simboli indelebili. L’arte e la letteratura prodotte durante i conflitti o negli anni immediatamente successivi rappresentano le più potenti e incisive forme di denuncia, di conservazione della memoria e di elaborazione del dolore e del trauma subito.
Alcune opere sono diventate esse stesse simboli universali dell’orrore bellico: basti pensare alla serie degli Otages di Jean Fautrier, in cui la materia grumosa e stratificata evoca ferite e lacerazioni; alle opere prodotte da Burri dopo la guerra e la prigionia, in cui i materiali assemblati, “costretti” o bruciati, si fanno linguaggio del trauma; alle deformazioni e scomposizioni di Picasso nella sua celebre Guernica.
Bak in questo ciclo di opere accoglie le suggestioni del Cubismo, dell’Arte Informale e dalla tecnica del montaggio intellettuale teorizzato da Sergej Ejzenstein per narrare la condizione attuale: l’artista interviene sulla tela unendo elementi spezzati e decontestualizzati, assemblando sezioni dipinte singolarmente e separatamente a materiali frammentati, i quali attraverso questa unione generano nuovi significati e connessioni. Le campiture irregolari di colore sulla tela assumono senso simbolico, i cui riferimenti derivano dall’iconografia sacra: sono ricorrenti nelle opere presenti in mostra il blu, il rosso, il bianco e l’oro, colori che nelle icone sacre simboleggiano umanità, purezza, sacrificio e spiritualità, valori universali che vengono recuperati dall’artista e immersi in uno scenario in cui domina il caos e il dolore, come un tentativo di riconnessione con una dimensione di ordine, sacralità, dedizione e unione. Si sovrappongono ad essi simboli, parole, armi, numeri che costituiscono la traccia frammentata delle immagini delle guerre, residui che sono sedimentati nella memoria e che portano con sé una parte della storia, da cui può nascere una nuova narrazione.
Bak utilizza il frammento e la ricomposizione come possibilità di creare una nuova condizione e cercare così di arrivare a un significato più profondo, a una visione più complessa che fornisca nuove prospettive, aperta a nuove interpretazioni. L’artista crea così un nuovo ordine in cui passato e presente, dolore e speranza si fondono, offrendo la speranza di una nuova unione, come testimoniano le sue stesse parole: “l’opera finita non è la somma delle sue parti, ma una nuova realtà che supera i frammenti che la compongono”.
04
ottobre 2025
Katarzyna Bak – Frammentazione
Dal 04 al 12 ottobre 2025
arte contemporanea
Location
PALAZZO RUSPOLI
Cerveteri, piazza Santa Maria, (Roma)
Cerveteri, piazza Santa Maria, (Roma)
Orario di apertura
La mostra sarà visitabile dal 4 ottobre al 12 ottobre,
dalle 10 - 13
dalle 17 - 20
Vernissage
4 Ottobre 2025, Dalle ore 18:00
Sito web
Autore
Curatore




