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Elogio del grottesco. Lo sguardo spietato di Lisette Model arriva all’Albertina di Vienna
Fotografia
«Perché fotografo persone brutte? Questa domanda mi è stata posta spesso. Le persone nelle mie immagini di solito sono brutte e alcune sono grottesche, ma mi interessano perché sono reali. Non si nascondono» così Lisette Model (1901-1983) commentava i suoi ritratti esagerati, spesso al limite del caricaturale. Scattare con la pancia, scattare solo quando si sente l’imbarazzo: l’approccio spregiudicato che Model adottava davanti ai suoi soggetti indistintamente – dai ricchi villeggianti di Nizza ai clochard parigini – ha prodotto immagini impietose, che forse oggi, a quasi un secolo di distanza, appaiono terribilmente scorrette, ma comunque di un’umanità straordinaria.

Alla grande fotografa austriaca maestra della street photography, che fu insegnante, tra l’altro, di Diane Arbus, l’Albertina di Vienna dedica Lisette Model. Eine Retrospektive (dal 30 ottobre prossimo al 22 febbraio 2026). L’ampia retrospettiva presenta circa 160 fotografie da diversi cicli di opere dal 1933 al 1957, con lavori anche mai esposti prima. Le immagini provengono dall’ Estate dell’artista, che è conservata in diversi fondi, alla National Gallery of Canda, Ottawa, alla Galerie baudoin lebon, Paris e all’ Estate Gerd Sander, Galerie Julian Sander. Il progetto espositivo e il catalogo, curati da Walter Moser, curatore capo della Collezione fotografica dell’Albertina, mettono in luce aspetti finora poco studiati dell’opera di Lisette Model, come l’influenza della sua prima formazione culturale a Vienna, sua città di natale, e i complessi riferimenti politici delle sue fotografie. Una sezione della mostra indaga inoltre la produzione più tarda dell’artista, quella dagli anni Cinquanta, a cui viene dedicata per la prima volta un’attenzione più ampia.
Lisette Model, all’anagrafe Elise Amélie Félicie Stern, nasce a Vienna nel 1901 da padre austriaco di origine ebraica e madre francese. Si avvicina alla fotografia relativamente tardi, dopo i trent’anni, ma già dalle prime immagini che scatta con la sua Rolleiflex emerge uno stile definito e sicuro. Diventeranno celebri le sue prime fotografie sulla passeggiata des Anglais a Nizza, dove immortala uomini e donne benestanti e benvestiti, mettendone a nudo solitudini e vanità. Il tono dissacrante verso l’alta società le fa guadagnare la pubblicazione su Regards, nota rivista francese di sinistra.

© 2025 Estate of Lisette Model, courtesy Lebon, Paris / Keitelman, Brussels
Nel 1938 Model emigra a New York a causa delle persecuzioni del nazionalsocialismo e inizia pubblicare per le maggiori riviste tempo come Harper’s Bazar, Vogue, Cosmopolitan, U.S. Camera. Qui nascono, negli anni Quaranta, le sue fotografie più famose, come la serie sugli abitanti delle strade depresse del Lower East Side, i frequentatori del Sammy’s Bar, e molte altre, tra cui la celebre bagnante curvy in costume nero, la Coney Island Bather dall’omonima serie: un catalogo di varia umanità, tra splendori e miserie, che Model ci costringe a guardare a una distanza spesso fin troppo ravvicinata.

Sono lampi che catturano momenti estremi quelli dei ritratti di Model, che ci immaginiamo in agguato a cogliere nelle persone quell’espressione sgradevole, sguaiata o disturbante, ma capace di rivelare qualcosa oltre le apparenze. È su questa ricerca radicale dell’estremo, del linguaggio del corpo come possibilità di smascheramento e di rivelazione che la mostra all’Albertina riallaccia, in un attento e suggestivo lavoro di ricerca, l’opera di Model all’humus culturale e artistico viennese del primo Novecento. Un solco che la collega alle sue radici europee e quindi all’influenza di artisti visivi come Kokoschka e Schiele, ma soprattutto all’approccio dirompente del compositore Arnold Schönberg, che di Model fu maestro negli anni viennesi «…Il lampo accecante del flash che strappa brutalmente le persone all’oscurità degli interni, la frammentazione visiva dei corpi attraverso l’isolamento dei gesti, la restituzione dei soggetti fotografati nel momento di massima tensione o la netta messa in evidenza delle emozioni come risultato di impulsi interiori possono essere letti come dissonanze figurative» spiega il curatore Walter Moser.

La mostra aggiunge inoltre nuovi tasselli alla produzione degli anni Cinquanta di Lisette Model, in cui si intensifica il suo interesse per la musica, in particolare il jazz. Ma emerge anche una produzione meno conosciuta e più eccentrica rispetto alla Model a cui si è abituati, che durante un viaggio in Italia è affascinata dai frammenti delle antiche statue e rovine romane. Sono, queste, immagini più titubanti e sottotono in un momento in cui la fotografa, parte del gruppo Photo League considerato “comunista”, finisce vittima del clima di sospetto e repressione dell’era McCarthy e le pubblicazioni sulle riviste si riducono. Su incarico del governo venezuelano realizza in questi anni immagini insolite, come quelle dei paesaggi di piattaforme petrolifere e oleodotti di Maracaibo. Sono lavori che hanno fini propagandistici, eppure si trovano anche diverse piccole e intense fotografie di strada di Caracas al crepuscolo, che sanno sfuggire ai fini pubblicitari e propagandistici per cui sono nate. Fotografare solo quello che interessa appassionatamente era, del resto, uno dei suoi insegnamenti, che ancora oggi continua a interrogarci.














