30 settembre 2025

Dagli anni Novanta a oggi: la Fondazione Sandretto rilegge la propria storia con una grande mostra

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La fondazione torinese compie trent'anni e li celebra nella sede di Guarene: con la mostra La bella estate, tre curatori internazionali rileggono la collezione interrogandosi su come l'arte sia cambiata negli ultimi decenni

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Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, La bella estate, ph. Perottino

Per festeggiare il suo trentesimo compleanno, la Fondazione Sandretto re Rebaudengo ha inaugurato nella storica sede di Guarene La bella estate, una mostra che prende il suo titolo dal celebre libro di Cesare Pavese e la cui curatela è stata affidata a un team di curatori internazionali: Liam Gillick, Tom Eccles e Mark Rapport.

In mostra sono presenti lavori di Matthew Barney, Angela Bulloch + Liam Gillick, Maurizio Cattelan, Mark Dion, Sylvie Fleury, Ja’Tovia Gary, Anna Gaskell, Liam Gillick, Nan Goldin, Dominique Gonzalez-Foerster, Douglas Gordon, Carsten Höller, Karen Kilimnik, Ayoung Kim, Marko Lehanka, Sarah Lucas, Julian Opie, The Propeller Group, Tobias Rehberger, Muntean/Rosenblum, Philippe Parreno, Ho Tzu Nyen, Piotr Uklanski, Gillian Wearing, Li Wei, Rachel Whiteread e Bruno Zanichelli.

Come s’intende dall’elenco dei nomi, la mostra comprende una vasta selezione di opere della collezione, in particolare risalenti agli anni Novanta, poste in dialogo con lavori più recenti. Questo dialogo tra epoche e periodi storici non lontanissimi, eppure così diversi, costituisce il concept dinamico della mostra. A partire dal titolo, che evocando il romanzo di Pavese porta con sé quel senso di inizio, del cominciamento, pure velato di malinconia, di una nuova vita e di una maturazione meditata.

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Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, La bella estate, ph. Perottino

Come è noto, i 90s sono stati un decennio insieme particolarmente entusiasmante per l’arte contemporanea a livello internazionale, con un focus sulla Young british Art, l’arte relazionale e molto altro. Proprio in quegli anni, in quel contesto storico e storico artistico, la collezione Sandretto prendeva i primi passi, fino ad aprire le porte della sede di Guarene, appunto nel 1995.

La mostra pensata da Gillick, Eccles e Rapport per il trentennale della Fondazione lavora proprio sulla riflessione storica, trasformandola però in un dialogo vivace e denso di stimoli. L’idea è quella di porre in relazione l’epoca presente con lo spirito di innovazione e sperimentazione di quei tempi, osservando i cambiamenti, le trasformazioni che sono incorse nel modo di fare arte, e quindi anche, più in generale, nel modo di stare al mondo di tutti noi. Che cosa vuol dire fare arte oggi e che cosa voleva dire la stessa cosa trent’anni fa? In che modo l’arte si relaziona con il contesto attuale, oggi, e, specularmente, in che modo questo interagisce sulla sua realizzazione, rispetto a quanto accadeva nell’ultimo decennio del XX secolo? Che cosa è cambiato nell’arte e nel sistema dell’arte negli ultimi decenni? In che modo viviamo temi come il rapporto tra i sessi, la tecnologia, persino il gaming? Dagli anni ‘90 ad oggi abbiamo cambiato prospettive ad ogni livello: geopolitico, economico e sociale, anche più volte. L’arte riflette questi cambiamenti, ma non solo, mantiene sempre un’attualità bruciante e per questo le opere degli anni ‘90 ci parlano ancora molto. In questo modo, la componente relazionale, così viva nelle opere di artisti come Philippe Parreno, lo stesso Liam Gillick o Carsten Höller, come nelle teorie di Bourriaud, diventa in questa occasione parte attiva del display dell’esposizione, invitando spettatrici e spettatori a una profonda riflessione e a mettersi in gioco personalmente. E così l’opera di Julian Opie si confronta con quella di Ayoung Kim, quella di Parreno con un lavoro Ho Tzu Nyen, e così via.

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, La bella estate, ph. Perottino

A porre ulteriormente l’accento sul tema del dialogo, nel senso profondo e concettuale del termine, c’è poi un altro aspetto della mostra degno di nota. L’allestimento lavora anche a partire dalla duplice natura e destinazione delle sale che ospitano la mostra. Palazzo Sandretto Re Rebaudengo è insieme una casa privata, e storica, proprietà di una famiglia, e luogo pubblico, con una funzione sociale ben definita nel contesto culturale a cui appartiene. Così, una sala è arredata come una stanza da letto privata e in un angolo, una vetrinetta d’epoca espone la primissima collezione di Patrizia Sandretto, fatta di piccoli e preziosi scrigni porta pillole e, altrove, l’armadio dove è “appeso” il famoso manichino con le fattezze di Cattelan, ospita allora anche alcuni abiti privati della stessa Patrizia Sandretto.

Il percorso espositivo è, così, pensato come un vero e proprio passaggio dentro e attraverso uno spazio essenzialmente duplice, insieme pubblico e privato, luogo di vita familiare e personale, per quanto storico, e luogo pubblico, di scambio e relazione con la comunità. Questo accade formalmente anche dal punto di vista architettonico, poiché il palazzo conserva in parte l’architettura originale del XVII secolo e in parte presenta gallerie espositive pensate ad hoc da architetti come Corrado Levi, Alessandra Raso e Alberto Rolla.

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Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, La bella estate, ph. Perottino

Il dialogo tra pubblico e privato, sia nello spazio sia nei riferimenti personali, non inficia, anzi amplifica il senso della mostra, trasformandola in una sorta di dispositivo concettuale che volontariamente non dà risposte o soluzioni, ma apre e scatena domande. Da un lato, quello la dialettica pubblico/privato è uno dei temi che animano la scena culturale dagli anni ‘90 in poi (pensiamo al mitico riflusso), ma in più questo gioco di dialoghi tra spazi e tempi, pubblico e privato, coglie nel segno dell’anima di una vera collezione, che è sempre tesa, essenzialmente e per sua natura, tra queste diverse declinazioni semantiche e stratificazioni di significati e rimandi. Tutto questo crea un gioco di arricchimento costante, non solo concreto, dal punto di vista delle acquisizioni delle opere, ma anche e soprattutto culturale.

A completare il progetto della mostra, c’è poi un’altra apprezzabile iniziativa. Si è scelto di produrre, anziché un catalogo tradizionale, un vero e proprio libro d’artista, ripubblicando il testo di Pavese che dà il titolo alla mostra con un’opera dei curatori in copertina. Il libro è realizzato in collaborazione con la Fondazione Cesare Pavese e pubblicato da Marco Sabatelli editore.

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, La bella estate, ph. Perottino

Contemporaneamente all’inaugurazione della mostra a Palazzo Re Rebaudengo si sono poi svolte altre due importanti iniziative concomitanti. La prima è la presentazione della candidatura ufficiale di Alba Capitale della cultura per il 2027. Questa iniziativa vede la Fondazione Sandretto in prima linea, con iniziative e sostegno a vari progetti, tra cui una Biennale delle Langhe, di prossima realizzazione. Infine ma non ultimo, il parco d’Arte di Guarene si arricchisce, poi, di una nuova opera. Si tratta del lavoro site specific La Cantina de Guarene di Sol Calero, realizzato all’interno di un ex-serbatoio idrico.

 

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