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Antonio Conte – Child/Children
È un progetto che ruota attorno alla figura del bambino — reale e interiore.
Il bambino che siamo stati, quello che non abbiamo mai potuto diventare, e quello che ancora oggi, silenziosamente, dentro di noi chiede protezione e ascolto. L’artista dedica questo lavoro ai bambini perduti.
Comunicato stampa
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CHILD/CHILDREN Antonio Conte
È un progetto che ruota attorno alla figura del bambino — reale e interiore.
Il bambino che siamo stati, quello che non abbiamo mai potuto diventare, e quello che ancora oggi, silenziosamente, dentro di noi chiede protezione e ascolto. L’artista dedica questo lavoro ai bambini perduti — in mare, in guerra, nella solitudine o nell’abbandono — e a coloro che crescono in un mondo che troppo spesso non li tutela.
È anche un omaggio ai piccoli che ci abitano: alle parti più sensibili e vulnerabili di noi, quelle che continuano a cercare accoglienza, sguardo, presenza. La mostra si configura come un invito alla responsabilità e alla cura: un appello a non distogliere lo sguardo, a impegnarsi affinché ogni bambino possa vivere, giocare e ridere in sicurezza.
Perché ogni bambino, ovunque si trovi, ci appartiene.
Cinque figure infantili emergono nei quadri, ciascuna portatrice di un’identità simbolica.
Uno dei bambini è dedicato alla Palestina; gli altri incarnano i colori del mondo — quelli dell’Europa, dell’America, dell’Ucraina e di Israele — in un dialogo cromatico che si fa racconto universale. Il bambino palestinese diviene punto di partenza per una riflessione più ampia, che unisce tutti i bambini della Terra.
L’artista evoca ciò che auspichiamo per il futuro: che questi piccoli, amati e custoditi, possano un giorno diventare adulti capaci di prendersi cura del mondo, della natura, della continuità dei gesti e dei valori. Un mondo che forse non vedremo, ma che — attraverso loro — potrà ritrovare un equilibrio più profondo con il tutto. L’origine del tema risale a una frase che ha profondamente toccato l’artista:
«Pensiamo ai bambini della Palestina, ma pensiamo anche ai bambini morti, o a quelli a cui viene sottratta l’infanzia e viene messo un fucile in mano. Anche loro sono i bambini che stiamo perdendo.» Fulcro del percorso è un’installazione composta da vecchie fotografie e cartoline trovate nei mercatini, tutte ritraenti bambini.
L’artista le rielabora e le dispone nello spazio come un mosaico di volti, epoche e geografie diverse: bambini italiani, americani, cinesi, appartenenti a generazioni lontane ma uniti da una condizione universale. Sono, come afferma l’artista, “tutti i bambini del mondo”. A chiudere il percorso espositivo è il trittico Il sogno di Alessandro, ispirato ai disegni di un bambino reale. Attraverso quei segni essenziali e autentici, Conte rende omaggio a tutti i bambini che non ci sono più — gli artisti, i poeti, i lavoratori, le persone che il mondo non conoscerà mai. Perché distruggendo i bambini, stiamo distruggendo noi stessi.
E osservando i loro sogni e le loro immagini, non possiamo che domandarci: che cosa stiamo perdendo davvero? Il progetto si conclude con uno sguardo rivolto alla speranza — elemento fondante del pensiero di Conte. Una speranza che non è evasione, ma atto di responsabilità: la fiducia che, se sapremo prenderci cura dei bambini di oggi, essi sapranno un giorno prendersi cura del mondo di domani.
Nel lavoro di Conte, il linguaggio visivo non è mai mero strumento di rappresentazione, ma atto politico, gesto etico e pratica di consapevolezza. Ogni opera si configura come una soglia tra parola e immagine, tra fragilità e resistenza, tra intimità e dimensione collettiva. Le fotografie, le superfici pittoriche e le tracce materiche sono frammenti di una memoria condivisa, segni che testimoniano la tensione tra perdita e salvezza, tra il visibile e l’invisibile. In questa ricerca, la poetica di Conte trova affinità con quella di Christian Boltanski, artista che ha trasformato la memoria e l’assenza in materia viva, rendendo la fragilità dell’esistenza una forma di testimonianza.
Come Boltanski, Conte restituisce dignità a ciò che è effimero, trasformando l’arte in luogo di ascolto, compassione e riflessione.
Child/Children è dunque una meditazione sulla responsabilità e sulla cura, sul potere trasformativo dello sguardo e sulla possibilità di restituire voce a chi non ne ha più.
A cura di Enrica Benedetto
È un progetto che ruota attorno alla figura del bambino — reale e interiore.
Il bambino che siamo stati, quello che non abbiamo mai potuto diventare, e quello che ancora oggi, silenziosamente, dentro di noi chiede protezione e ascolto. L’artista dedica questo lavoro ai bambini perduti — in mare, in guerra, nella solitudine o nell’abbandono — e a coloro che crescono in un mondo che troppo spesso non li tutela.
È anche un omaggio ai piccoli che ci abitano: alle parti più sensibili e vulnerabili di noi, quelle che continuano a cercare accoglienza, sguardo, presenza. La mostra si configura come un invito alla responsabilità e alla cura: un appello a non distogliere lo sguardo, a impegnarsi affinché ogni bambino possa vivere, giocare e ridere in sicurezza.
Perché ogni bambino, ovunque si trovi, ci appartiene.
Cinque figure infantili emergono nei quadri, ciascuna portatrice di un’identità simbolica.
Uno dei bambini è dedicato alla Palestina; gli altri incarnano i colori del mondo — quelli dell’Europa, dell’America, dell’Ucraina e di Israele — in un dialogo cromatico che si fa racconto universale. Il bambino palestinese diviene punto di partenza per una riflessione più ampia, che unisce tutti i bambini della Terra.
L’artista evoca ciò che auspichiamo per il futuro: che questi piccoli, amati e custoditi, possano un giorno diventare adulti capaci di prendersi cura del mondo, della natura, della continuità dei gesti e dei valori. Un mondo che forse non vedremo, ma che — attraverso loro — potrà ritrovare un equilibrio più profondo con il tutto. L’origine del tema risale a una frase che ha profondamente toccato l’artista:
«Pensiamo ai bambini della Palestina, ma pensiamo anche ai bambini morti, o a quelli a cui viene sottratta l’infanzia e viene messo un fucile in mano. Anche loro sono i bambini che stiamo perdendo.» Fulcro del percorso è un’installazione composta da vecchie fotografie e cartoline trovate nei mercatini, tutte ritraenti bambini.
L’artista le rielabora e le dispone nello spazio come un mosaico di volti, epoche e geografie diverse: bambini italiani, americani, cinesi, appartenenti a generazioni lontane ma uniti da una condizione universale. Sono, come afferma l’artista, “tutti i bambini del mondo”. A chiudere il percorso espositivo è il trittico Il sogno di Alessandro, ispirato ai disegni di un bambino reale. Attraverso quei segni essenziali e autentici, Conte rende omaggio a tutti i bambini che non ci sono più — gli artisti, i poeti, i lavoratori, le persone che il mondo non conoscerà mai. Perché distruggendo i bambini, stiamo distruggendo noi stessi.
E osservando i loro sogni e le loro immagini, non possiamo che domandarci: che cosa stiamo perdendo davvero? Il progetto si conclude con uno sguardo rivolto alla speranza — elemento fondante del pensiero di Conte. Una speranza che non è evasione, ma atto di responsabilità: la fiducia che, se sapremo prenderci cura dei bambini di oggi, essi sapranno un giorno prendersi cura del mondo di domani.
Nel lavoro di Conte, il linguaggio visivo non è mai mero strumento di rappresentazione, ma atto politico, gesto etico e pratica di consapevolezza. Ogni opera si configura come una soglia tra parola e immagine, tra fragilità e resistenza, tra intimità e dimensione collettiva. Le fotografie, le superfici pittoriche e le tracce materiche sono frammenti di una memoria condivisa, segni che testimoniano la tensione tra perdita e salvezza, tra il visibile e l’invisibile. In questa ricerca, la poetica di Conte trova affinità con quella di Christian Boltanski, artista che ha trasformato la memoria e l’assenza in materia viva, rendendo la fragilità dell’esistenza una forma di testimonianza.
Come Boltanski, Conte restituisce dignità a ciò che è effimero, trasformando l’arte in luogo di ascolto, compassione e riflessione.
Child/Children è dunque una meditazione sulla responsabilità e sulla cura, sul potere trasformativo dello sguardo e sulla possibilità di restituire voce a chi non ne ha più.
A cura di Enrica Benedetto
01
novembre 2025
Antonio Conte – Child/Children
Dal primo all'otto novembre 2025
arte contemporanea
Location
L’Agnelleria
Torino, Via Exilles, (TO)
Torino, Via Exilles, (TO)
Orario di apertura
Domenica/venerdì 10-13 15-19
sabato 8 novembre finissage 17:30 - 21:30
Vernissage
1 Novembre 2025, 17:30 - 21:30
Sito web
Autore
Curatore
Progetto grafico
Produzione organizzazione





