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Nell’entroterra marchigiano, una ricognizione sull’arte che sceglie di abitare i margini
Arte contemporanea
Dodici metri quadri possono bastare. Perché la realtà possa ritrovare la sua esatta proporzione; per restituire all’arte il tempo dell’ascolto, la misura dell’empatia; per ricominciare dal primo sguardo. Dodici metri quadri bastano, a volte, a contenere un orizzonte intero. Su questa superficie minima ha trovato forma FIUTO Art Space, galleria indipendente incastonata fra le pieghe del centro storico di Ripatransone, nell’entroterra marchigiano, bene al riparo dalle traiettorie più battute della produzione culturale.
Piccolo presidio fondato dall’artista e curatore Alex Urso nel 2023 e già riconosciuto dal Ministero della Cultura come Luogo del Contemporaneo, FIUTO nasce da un esperimento di condensazione poetica: uno spazio che rifiuta ogni modello espansivo e spettacolarizzante per confrontarsi con la materia concreta del reale, attivando le energie civili e culturali del territorio che lo circonda.

Provincia Cosmica – attiva fino al 15 novembre – è mostra che incarna questa stessa vocazione. Nove gli artisti coinvolti, impegnati per propria scelta in contesti eccentrici all’interno del panorama nazionale: nove esperienze di prossimità che attraversano la dimensione intima e vitale dei luoghi, dove la comunità si costruisce per mezzo del contatto. In esse si compie una comune indagine sulle forme dell’abitare autentico, inteso come esercizio di responsabilità verso il mondo.

Dopo anni passati all’estero, Giuseppe Stampone ha stabilito la propria base in Abruzzo, sua terra d’origine. Qui prosegue una ricerca che unisce arte e impegno civile, di cui Global Education – progetto di attivazione comunitaria ideato con la moglie e performer Maria Crispal – rappresenta una delle espressioni più significative. In mostra, la serie La natura delle cose (2023), dedicata al Gran Sasso, evoca il tema del ritorno, facendo del paesaggio natale la metafora di appartenenza attiva e vitale. Una sensibilità affine contraddistingue il percorso di Marco Rossi, rientrato a Romano di Lombardia dopo gli studi all’Accademia di Brera. Nella stessa cittadina ha ideato Tempo-rari Place, vetrina urbana che ospita ciclicamente opere visibili dalla strada: un dispositivo discreto ma incisivo che reinserisce l’arte nel ritmo della vita quotidiana.

Nel borgo di Braccano, tra le colline maceratesi colpite dal sisma del 2016, Adinda‐Putri Palma ha edificato la propria casa-studio con materiali naturali come legno, paglia e argilla, trasformando l’architettura domestica in spazio di lavoro e contemplazione, nel segno di una presenza vigile all’interno di un territorio ferito ma imprescindibile. Per altra via, ma con una simile tensione al radicamento, a Mezzanotte di Pergola (PU) Giovanni Gaggia abita Casa Sponge, luogo plurale e in perenne trasformazione. Prima residenza per artisti delle Marche, essa è insieme dimora e laboratorio permanente di relazioni culturali e comunitarie: un avamposto sensibile che da oltre diciotto anni coltiva – per usare parole care all’artista – azioni di resistenza «pratica poetica e politica».
E ancora Ricardo Aleodor Venturi che poco distante, nella prima periferia pesarese, ha recentemente inaugurato il suo Studio con finestra, tramutando un grande capannone industriale in un cantiere di sperimentazione artistica permeabile. Una dimora del fare dischiusa alla comunità – specialmente alle sue anime più silenziose e vulnerabili.

La ricognizione di Provincia Cosmica si estende ancora, raggiungendo i boschi dell’Appennino molisano. Presso il piccolo paese di Frosolone, le sorelle Alicya ed Elena Ricciuto hanno fatto di uno dei sentieri attraversati dal verde della loro infanzia l’asse generativo de Le Fonticelle. Nata nel 2020, la residenza opera come una casa-laboratorio rurale, punto di incontro tra generazioni e saperi locali, in cui il legame con le radici affettive diventa metodo e misura etica del fare artistico. Più a nord, invece, il paesaggio cambia registro. Muovendosi verso un orizzonte inverso, Denis Riva, in arte Deriva, ha scelto il dismesso Lanificio Paoletti di Follina, nel trevigiano, quale sede per il proprio studio. Là dove un tempo il ritmo era quello scandito dai telai, l’artista ha trasformato l’eredità industriale in un’officina di osservazione, raccolta ed espressione aperta ad artisti e sperimentatori.

Dalla sostanza dei luoghi si giunge infine alla presenza del corpo, primo spazio di esperienza e sedimentazione. Elena Bellantoni, performer e ricercatrice errante, pone la relazione al centro del proprio linguaggio, in cui la dimensione individuale si confonde inevitabilmente con quella collettiva. In mostra presenta Pane e libertà (2021), intervento nato da una residenza a Conselice, in Emilia-Romagna: un’installazione ambientale e performativa che riattiva la storia di una comunità per evocarne la tensione morale e simbolica. Nel suo instancabile processo di esplorazione e incontro, Bellantoni fa dell’attraversamento errante la forma forse più radicale di contiguità: letteralmente, prossimità in atto.

Scevre da qualsiasi ripiegamento nostalgico o inerziale, le esperienze raccolte in Provincia Cosmica si fortificano di una radice vocazionale, fatta di collaborazioni, lotte e continua rinegoziazione del proprio ruolo. Non si tratta di ritirarsi ai margini o di inseguire un altrove mitizzato e protetto, ma piuttosto di affermare una presenza consapevole, per quanto indifferente alle logiche della visibilità. Collocarsi in un centro che non sia geografico bensì esistenziale. Lo stesso spazio di FIUTO, nel suo formato minimo, quasi domestico, diventa emblema di questa postura, mentre l’esperienza espositiva assume la forma di una rêverie bachelardiana. Archetipo poetico fondamentale, la dimora – nativa, d’elezione o simbolica – è un intero microcosmo abitato, sorgente costante di energia immaginativa e insieme porta d’accesso alla partecipazione cosmica, là dove si rinnova la fiducia originaria nel mondo.














