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Valerio Valeri – Orizzonti
Scultura e grafica, monumentalità e intimità, trasformano la percezione spaziale in un’esperienza di continua metamorfosi. Disposte in una sequenza dialogica, delineano una geografia del pensiero in cui il confine tra materia e visione si dissolve, ridisegnando un orizzonte in perpetuo divenire.
Comunicato stampa
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La mostra ospita un artista di rilievo nel panorama nazionale ed internazionale. Diplomatosi all'Istituto d'Arte “Edgardo Mannucci” della sua città e successivamente all'Accademia di Belle Arti di Macerata, l’opera di Valeri è rivolta specialmente al ferro, ai metalli, talvolta anche nobilissimi per inserti minimi, ma preziosi, di cui conosce intimamente le potenzialità fisiche e le capacità evocative della materia. Per l’artista, che ricerca il movimento attraverso il dinamismo strutturale delle forme, “il lavoro è come una scala ascendente di pesi e contrappesi”, mentre la luce è catturata in modo che le forme tridimensionali diventino quasi lineari, come se lo spazio fosse creato anche attraverso l’illusione e quindi anche con un appello all’immaginazione.
"Il paesaggio fa la sua apparizione nella storia dell’arte relativamente tardi: dobbiamo aspettare Giotto e Ambrogio Lorenzetti per vedere le figure umane lasciare i fondi oro bizantini per entrare in paesaggi terreni, e si dovrà aspettare ancor oltre, al Sette e Ottocento, per vederlo diventare un genere dotato di autonomia. Ma è davvero così? Il paesaggio come spazio abitato, o anche solo accarezzato dal nostro sguardo, non è forse sempre in relazione con l’uomo, che lo osserva o lo abita?
In questo senso l’orizzonte è lo snodo reale e simbolico del nostro rapporto col paesaggio, al contempo fine del nostro campo visivo, oltre il quale lo sguardo non può andare, e promessa immaginifica e simbolica di ciò che si trova oltre.
A questo tema, con la sua ricchezza espressiva, è dedicata la mostra di Valerio Valeri.
L’orizzonte è insieme limite e promessa d’infinito: Valerio stesso ha definito l’orizzonte come l’ignoto che osservo da dove conosco.
Questo pensiero è molto affascinante, e direi leopardiano: il grande Giacomo ne L’Infinito utilizza il limite dello sguardo, la siepe che addirittura gli nega la vista stessa dell’orizzonte, come stimolo per la fantasia a figurare l’infinito e l’assoluto al di là di quel limite.
Questo pensiero di superamento del limite trova una straordinaria resa, icastica e poetica, in quelle opere dove la linea di metallo dell’orizzonte si estende oltre la cornice. Lo sguardo supera i suoi limiti con la fantasia: come scrive anche Giuliana Pascucci in questo catalogo, l’orizzonte “si espande oltre il visibile”, oltre la cornice e oltre i limiti del pensiero e dell’immaginazione.
Trovo che questo rapporto con il paesaggio sia squisitamente marchigiano: la nostra regione è caratterizzata da quello che viene definito “paesaggio antropizzato”, modellato dall’agricoltura, dolce, rassicurante, eppure vario, sconfinato, multiforme, aperto. Qui paesaggio e poesia corrispondono: per dirla con le parole di Carlo Bo «non solo in Leopardi troviamo questo tipo di scarto per cui dall’umile realtà quotidiana si salta alle domande assolute sulla nostra identità segreta, direi che lo stesso paesaggio rispetti questo doppio registro».
Tale straordinaria tradizione artistica, che vede le Marche “sospese dentro un’idea di poesia quanto mai libera” (sempre con Bo), ha in Valerio un erede attento e raffinato. Le sue opere lavorano sul paesaggio, trasformando l’orizzonte in segno e così sancendo il passaggio dalla figura all’astrazione; non solo: le sue opere pubbliche, presenti in molte città delle Marche, dialogano direttamente con quell’orizzonte che ne è ispirazione.
La genealogia, dichiarata, dei maestri con cui si è confrontato Valerio – fra tutti Edgardo Mannucci, Umberto Peschi e Valeriano Trubbiani – esprime bene questo legame con la propria terra da cui germogliano i semi della sperimentazione basata sul fare.
Valerio ama il metallo, che nelle sue mani sapienti si piega e genera meraviglie: il rapporto tra materia e segno nasce da questa ricerca che muove dalla realtà alla visione, in un progressivo avanzare verso l’essenziale.
L’orizzonte è una linea: questa sua identità grafica è esaltata nelle opere in mostra, con variazioni sul tema come nei cicli Dall’alba al tramonto o i paesaggi in nero.
Gli Orizzonti sono un tema ricorrente, declinati in numerose varianti (come i “Sestanti”) che arrivano fino a quella idea visiva straordinaria che sono gli “Orizzonti verticali”, totale ribaltamento sia percettivo che concettuale.
Le linee, fatte di tubolari, diventano concrezioni, montagne, che si plasmano nel metallo ed espandono nello spazio, creando orografie fantastiche e concrete. Il segno, all’apparenza leggero, aereo, plasma la materia dura e pesante del metallo, in uno strepitoso inganno percettivo.
Quelle di Valerio sono sculture grafiche: dalla grafica, fondamentale nella sua ricerca, le sculture prendono l’apparenza leggera della struttura, la tensione del tratto, la finezza del segno, e soprattutto la capacità di restare fedeli alla resa dell’idea."
(Marco Tarsetti)
"Nella ricerca di Valerio Valeri, l’orizzonte si configura come principio dinamico, una soglia vitale in cui percezione e riflessione, forma e trasformazione si incontrano e si fondono. Lungi dall’essere un limite, esso si manifesta come forza generativa, come campo di propulsione verso la materia che si fa linguaggio, mentre la visione si struttura in forma. Per l’artista l’impalpabile linea di separazione tra il cielo e la terra diventa la metafora del vedere e dell’essere: un confine mobile e mutevole che riflette la fluidità del reale e la perenne metamorfosi della conoscenza. Le sue opere, strutturate secondo una logica di movimento e circolarità, nascono dall’esigenza di rendere visibile il dinamismo costitutivo delle forme.
Ogni lavoro assume i contorni di un organismo plastico in tensione, in cui linee, curvature e volumi si articolano secondo un ritmo interno capace di trasmettere energia e respiro. La dinamicità non è solo evocata, ma insita nel cuore stesso della forma: la materia, modellata o incisa, vibra sotto la luce, trasformandosi in superficie cangiante e in spazio da percorrere con lo sguardo. Materia e segno sono elementi inseparabili di un unico processo creativo: il segno nasce dalla materia e ne asseconda la vitalità intrinseca, diventando traccia visibile di un concetto in espansione. Pietra, ferro, bronzo, legno e stoffa non sono strumenti inerti, ma presenze che custodiscono una memoria, un tempo interno. In essi si condensa l’idea di una forma viva, che si trasforma, opponendosi alla staticità e costruendo il proprio equilibrio nel dialogo tra forze contrastanti.
Questa riflessione si estende alla sua produzione grafica: disegni, stampe e incisioni costituiscono il contrappunto intimo e meditativo alla monumentalità delle sculture. Sulla carta, l’artista concentra il gesto in una dimensione raccolta, restituendo in scala ridotta la stessa tensione strutturale che anima le grandi opere tridimensionali. Il piccolo formato assume così il valore di un laboratorio della visione, un orizzonte in miniatura dove la mano anticipa e sintetizza l’imponenza della materia. La superficie della carta, fragile e densa al tempo stesso, accoglie le stesse tensioni che attraversano il bronzo, il ferro o la pietra, trasformandosi in suoni, voci e poesia.
L’allestimento delle opere si configura come una partitura spaziale, in cui ogni elemento stabilisce un dialogo attivo con l’ambiente e con lo sguardo del visitatore. Il rapporto con lo spazio espositivo diventa per Valeri un terreno di confronto e di invenzione, una sorta di partita a scacchi in cui ogni forma ridefinisce continuamente i confini percettivi. La disposizione delle opere non risponde a una logica statica, ma si costruisce come esperienza immersiva: lo spettatore è invitato a muoversi, a misurare la distanza, a lasciarsi guidare dal ritmo delle forme e dal loro equilibrio instabile. L’intero ambiente diventa così parte viva del linguaggio scultoreo, componente essenziale del processo percettivo e concettuale che l’artista mette in atto. La poetica di Valeri, oscillante tra la fissità e il movimento, si distingue per la capacità di unire rigore costruttivo e sensibilità visionaria, incarnando una visione che non si arresta nella materia ma la attraversa, trasformando la solidità in ritmo e la forma in tempo. L’orizzonte diviene così il luogo d’incontro tra visione e realtà, tra permanenza e mutamento: uno spazio che si espande oltre il visibile, dove l’arte continua a muoversi, a interrogare e a respirare."
(Giuliana Pascucci)
"Il paesaggio fa la sua apparizione nella storia dell’arte relativamente tardi: dobbiamo aspettare Giotto e Ambrogio Lorenzetti per vedere le figure umane lasciare i fondi oro bizantini per entrare in paesaggi terreni, e si dovrà aspettare ancor oltre, al Sette e Ottocento, per vederlo diventare un genere dotato di autonomia. Ma è davvero così? Il paesaggio come spazio abitato, o anche solo accarezzato dal nostro sguardo, non è forse sempre in relazione con l’uomo, che lo osserva o lo abita?
In questo senso l’orizzonte è lo snodo reale e simbolico del nostro rapporto col paesaggio, al contempo fine del nostro campo visivo, oltre il quale lo sguardo non può andare, e promessa immaginifica e simbolica di ciò che si trova oltre.
A questo tema, con la sua ricchezza espressiva, è dedicata la mostra di Valerio Valeri.
L’orizzonte è insieme limite e promessa d’infinito: Valerio stesso ha definito l’orizzonte come l’ignoto che osservo da dove conosco.
Questo pensiero è molto affascinante, e direi leopardiano: il grande Giacomo ne L’Infinito utilizza il limite dello sguardo, la siepe che addirittura gli nega la vista stessa dell’orizzonte, come stimolo per la fantasia a figurare l’infinito e l’assoluto al di là di quel limite.
Questo pensiero di superamento del limite trova una straordinaria resa, icastica e poetica, in quelle opere dove la linea di metallo dell’orizzonte si estende oltre la cornice. Lo sguardo supera i suoi limiti con la fantasia: come scrive anche Giuliana Pascucci in questo catalogo, l’orizzonte “si espande oltre il visibile”, oltre la cornice e oltre i limiti del pensiero e dell’immaginazione.
Trovo che questo rapporto con il paesaggio sia squisitamente marchigiano: la nostra regione è caratterizzata da quello che viene definito “paesaggio antropizzato”, modellato dall’agricoltura, dolce, rassicurante, eppure vario, sconfinato, multiforme, aperto. Qui paesaggio e poesia corrispondono: per dirla con le parole di Carlo Bo «non solo in Leopardi troviamo questo tipo di scarto per cui dall’umile realtà quotidiana si salta alle domande assolute sulla nostra identità segreta, direi che lo stesso paesaggio rispetti questo doppio registro».
Tale straordinaria tradizione artistica, che vede le Marche “sospese dentro un’idea di poesia quanto mai libera” (sempre con Bo), ha in Valerio un erede attento e raffinato. Le sue opere lavorano sul paesaggio, trasformando l’orizzonte in segno e così sancendo il passaggio dalla figura all’astrazione; non solo: le sue opere pubbliche, presenti in molte città delle Marche, dialogano direttamente con quell’orizzonte che ne è ispirazione.
La genealogia, dichiarata, dei maestri con cui si è confrontato Valerio – fra tutti Edgardo Mannucci, Umberto Peschi e Valeriano Trubbiani – esprime bene questo legame con la propria terra da cui germogliano i semi della sperimentazione basata sul fare.
Valerio ama il metallo, che nelle sue mani sapienti si piega e genera meraviglie: il rapporto tra materia e segno nasce da questa ricerca che muove dalla realtà alla visione, in un progressivo avanzare verso l’essenziale.
L’orizzonte è una linea: questa sua identità grafica è esaltata nelle opere in mostra, con variazioni sul tema come nei cicli Dall’alba al tramonto o i paesaggi in nero.
Gli Orizzonti sono un tema ricorrente, declinati in numerose varianti (come i “Sestanti”) che arrivano fino a quella idea visiva straordinaria che sono gli “Orizzonti verticali”, totale ribaltamento sia percettivo che concettuale.
Le linee, fatte di tubolari, diventano concrezioni, montagne, che si plasmano nel metallo ed espandono nello spazio, creando orografie fantastiche e concrete. Il segno, all’apparenza leggero, aereo, plasma la materia dura e pesante del metallo, in uno strepitoso inganno percettivo.
Quelle di Valerio sono sculture grafiche: dalla grafica, fondamentale nella sua ricerca, le sculture prendono l’apparenza leggera della struttura, la tensione del tratto, la finezza del segno, e soprattutto la capacità di restare fedeli alla resa dell’idea."
(Marco Tarsetti)
"Nella ricerca di Valerio Valeri, l’orizzonte si configura come principio dinamico, una soglia vitale in cui percezione e riflessione, forma e trasformazione si incontrano e si fondono. Lungi dall’essere un limite, esso si manifesta come forza generativa, come campo di propulsione verso la materia che si fa linguaggio, mentre la visione si struttura in forma. Per l’artista l’impalpabile linea di separazione tra il cielo e la terra diventa la metafora del vedere e dell’essere: un confine mobile e mutevole che riflette la fluidità del reale e la perenne metamorfosi della conoscenza. Le sue opere, strutturate secondo una logica di movimento e circolarità, nascono dall’esigenza di rendere visibile il dinamismo costitutivo delle forme.
Ogni lavoro assume i contorni di un organismo plastico in tensione, in cui linee, curvature e volumi si articolano secondo un ritmo interno capace di trasmettere energia e respiro. La dinamicità non è solo evocata, ma insita nel cuore stesso della forma: la materia, modellata o incisa, vibra sotto la luce, trasformandosi in superficie cangiante e in spazio da percorrere con lo sguardo. Materia e segno sono elementi inseparabili di un unico processo creativo: il segno nasce dalla materia e ne asseconda la vitalità intrinseca, diventando traccia visibile di un concetto in espansione. Pietra, ferro, bronzo, legno e stoffa non sono strumenti inerti, ma presenze che custodiscono una memoria, un tempo interno. In essi si condensa l’idea di una forma viva, che si trasforma, opponendosi alla staticità e costruendo il proprio equilibrio nel dialogo tra forze contrastanti.
Questa riflessione si estende alla sua produzione grafica: disegni, stampe e incisioni costituiscono il contrappunto intimo e meditativo alla monumentalità delle sculture. Sulla carta, l’artista concentra il gesto in una dimensione raccolta, restituendo in scala ridotta la stessa tensione strutturale che anima le grandi opere tridimensionali. Il piccolo formato assume così il valore di un laboratorio della visione, un orizzonte in miniatura dove la mano anticipa e sintetizza l’imponenza della materia. La superficie della carta, fragile e densa al tempo stesso, accoglie le stesse tensioni che attraversano il bronzo, il ferro o la pietra, trasformandosi in suoni, voci e poesia.
L’allestimento delle opere si configura come una partitura spaziale, in cui ogni elemento stabilisce un dialogo attivo con l’ambiente e con lo sguardo del visitatore. Il rapporto con lo spazio espositivo diventa per Valeri un terreno di confronto e di invenzione, una sorta di partita a scacchi in cui ogni forma ridefinisce continuamente i confini percettivi. La disposizione delle opere non risponde a una logica statica, ma si costruisce come esperienza immersiva: lo spettatore è invitato a muoversi, a misurare la distanza, a lasciarsi guidare dal ritmo delle forme e dal loro equilibrio instabile. L’intero ambiente diventa così parte viva del linguaggio scultoreo, componente essenziale del processo percettivo e concettuale che l’artista mette in atto. La poetica di Valeri, oscillante tra la fissità e il movimento, si distingue per la capacità di unire rigore costruttivo e sensibilità visionaria, incarnando una visione che non si arresta nella materia ma la attraversa, trasformando la solidità in ritmo e la forma in tempo. L’orizzonte diviene così il luogo d’incontro tra visione e realtà, tra permanenza e mutamento: uno spazio che si espande oltre il visibile, dove l’arte continua a muoversi, a interrogare e a respirare."
(Giuliana Pascucci)
28
novembre 2025
Valerio Valeri – Orizzonti
Dal 28 novembre al 28 dicembre 2025
arte contemporanea
Location
Associazione Culturale Galleria Papini
Ancona, Via Lazzaro Bernabei, 39, (AN)
Ancona, Via Lazzaro Bernabei, 39, (AN)
Orario di apertura
dal giovedì alla domenica ore 17,30 -19,30
Vernissage
28 Novembre 2025, ore 18.00
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico
Patrocini





