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Verso Performing 2026: a Catanzaro l’arte performativa è un work in progress
Arti performative
di redazione
Dopo un’estate 2025 scandita da mostre e attivazioni urbane, Performing entra nella sua fase apparentemente silenziosa ma anche più decisiva, quella della ricerca. Promosso dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro con il sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca e la partecipazione di 11 istituzioni AFAM e universitarie italiane, il festival itinerante delle arti performative contemporanee sta attraversando in queste settimane un momento di lavoro in vista della restituzione pubblica prevista tra febbraio e marzo 2026. È un ciclo tempo in cui Catanzaro torna a essere laboratorio di produzione culturale, come officina più che display, un centro di residenze per co-progettazioni e ricerche transdisciplinari che coinvolgono artisti, curatori e studiosi provenienti dall’Italia e dall’estero.

Fondando la sua ricerca sulla partecipazione, Luana Perilli sta finalizzando Cantalamissa, esito di un laboratorio sviluppato nei mesi scorsi attraverso pratiche di cammino, ascolto e coinvolgimento di comunità dell’Appennino centrale. Il progetto intreccia ecologia, mito e memoria collettiva in un’installazione che riflette sul rapporto interspecie e sul paesaggio come spazio condiviso, vissuto e narrato.
Sul versante della fotografia performativa procede Spazio Tempo Corpo, il progetto di Fabio Sandri a cura di Luca Panaro, che mette in discussione i dispositivi canonici dell’off-camera photography. Il laboratorio ha attivato un dialogo internazionale tra studenti italiani e svedesi, in collaborazione con l’Università di Göteborg, dando vita a otto opere fotografiche di grande formato esposte alla Biennale di Göteborg 2025. Il lavoro prosegue ora verso una riflessione più ampia sul corpo come soglia percettiva e sulla temporalità sospesa dell’immagine.

Ha invece completato la parte produttiva Simone Bergantini, autore del progetto Landscapes for Ghosts, una meditazione visiva sui legami tra identità, immagine e solitudine nell’era digitale. 24 fotografie realizzate nel deserto di Tabernas e una videoinstallazione a due canali, attualmente in montaggio, compongono un racconto di presenze incerte, figure evanescenti, paesaggi liminali. Il progetto, realizzato con docenti e studenti di EASDA – Scuola Superiore di Disegno di Alicante, si configura come un viaggio nell’inconscio dell’immagine contemporanea.

Un lavoro corale e politicamente denso è quello di Elena Bellantoni con Ruinate: Donne Ribelli, ricerca radicata nelle tradizioni magiche e popolari calabresi, che interroga le “streghe contemporanee” come figure di resistenza contro il potere patriarcale e mafioso. Il progetto coinvolge la designer Karisia Paponi (Fashion Design, ABA Catanzaro) e Emilio Leo, direttore creativo dello storico Lanificio Leo, e darà vita a una serie di abiti-scultura e a un video ambientato nei calanchi di Crotone, territorio simbolico di ferita e trasformazione. Una parte della produzione si svilupperà anche all’estero, per raccogliere testimonianze e materiali visivi legati a forme di resistenza femminile in contesti di conflitto.
È in lavorazione anche Lucky Girl, la nuova opera di Matilde De Feo, girata tra Napoli e l’Aspromonte. Ispirato all’Alfabeto Officinale di Tomaso Binga, il progetto assume la forma di un video-abbecedario performativo in cui parola e gesto si sovrappongono al corpo, interpretando la scrittura come atto politico. Il punto di avvio è la parola “Fortunata”, che diventa matrice di un alfabeto generativo: a ogni lettera corrisponde una posizione del corpo e un fiore autoctono, componendo un paesaggio ritmico in cui il linguaggio prende forma attraverso la relazione con la natura.
Le opere che emergeranno tra febbraio e marzo 2026 rappresenteranno dunque una nuova soglia, il momento in cui un processo collettivo, iniziato tra residenze, archivi, cammini e sperimentazioni, incontrerà lo spazio pubblico.














