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Sentimento Carsico
Edoardo Manzoni, riunisce opere edite e nuove produzioni che intrecciano natura e artificio, indagando la memoria come fiume sotterraneo di ritorni e stratificazioni.
Il progetto Doppie mette in dialogo Milano e Como, trasformando l’architettura in parte viva dell’esperienza espositiva e presentando
Comunicato stampa
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C’è qualcosa che scorre sotto la pietra.
Un pensiero che non smette di scavare, un respiro che attraversa il silenzio dell’Archivio Terragni. La stanza ovale accoglie il tempo come un’eco, nella geometria si trova lo spazio. La luce rivela ciò che da sempre si muove nell’ombra.
Le opere di Edoardo Manzoni nascono da lì, da un contatto profondo con ciò che vive e si nasconde. Ogni gesto è un tentativo di intesa, un modo per comprendere senza dominare. La materia si lascia attraversare: il metallo respira, la forma ricorda. In Lounge,
le foglie d’ottone sembrano cadute da un albero invisibile. Sono corpi che si piegano al tempo, residui di un movimento ormai quieto, eppure ancora caldo.
C’è un’infanzia che ritorna — quella curiosa e spietata, capace di amare e ferire nello stesso gesto. Infanzia estiva custodisce questo momento: il gioco che esplora, la scoperta che consuma. L’opera è un piccolo esperimento di magia domestica, un tentativo di trattenere la vita nel punto in cui si lascia toccare. Poi, la luce. Allodoliere è un richiamo, una promessa fragile che attira e inganna. Come uno specchio che confonde l’uccello, riflette il desiderio stesso di capire, di avvicinarsi, di appartenere. È il punto in cui la bellezza coincide con il rischio: quando guardare e essere guardati diventano lo stesso gesto.
In questa stessa tensione si colloca l’opera Untitled, (Spine) che riflette sul senso del tempo e della fatica. Il tema della memoria è ripreso da una fotografia di una colonna, incontrata lungo una passeggiata. In passato era una palma stilizzata, ora rimane solo il tronco, le cui forme hanno subito ricordato la Colonna infinita di Constantin Brancusi. Liberarsi dalla forma originaria — diventata, come nell’opera citata, un susseguirsi di segmenti che potrebbe idealmente continuare all’infinito — significa ritrovare un’eterna tensione che collega la terra al cielo, il passato e il futuro.
Dentro il Novocomum, queste sculture non interrompono il ritmo dell’edificio — lo prolungano. L’acqua carsica entra nelle crepe, riportando movimento dove il calcestruzzo si crede immobile. È una sorta di riconciliazione: la materia viva e quella costruita si riconoscono, si respirano a vicenda. Forse ogni archivio è una grotta. Un corpo che custodisce il tempo, che lo protegge come si fa con una ferita. Le opere di Edoardo lo attraversano in silenzio, riattivando la sua memoria sotterranea. Così la pietra torna a essere pensiero, e il pensiero, lentamente, ritorna terra. Forse la natura
non si è mai davvero ritratta dall’architettura, ma la attraversa in silenzio, rivelandola a chi sa ascoltare.
Chiara Smedile
Un pensiero che non smette di scavare, un respiro che attraversa il silenzio dell’Archivio Terragni. La stanza ovale accoglie il tempo come un’eco, nella geometria si trova lo spazio. La luce rivela ciò che da sempre si muove nell’ombra.
Le opere di Edoardo Manzoni nascono da lì, da un contatto profondo con ciò che vive e si nasconde. Ogni gesto è un tentativo di intesa, un modo per comprendere senza dominare. La materia si lascia attraversare: il metallo respira, la forma ricorda. In Lounge,
le foglie d’ottone sembrano cadute da un albero invisibile. Sono corpi che si piegano al tempo, residui di un movimento ormai quieto, eppure ancora caldo.
C’è un’infanzia che ritorna — quella curiosa e spietata, capace di amare e ferire nello stesso gesto. Infanzia estiva custodisce questo momento: il gioco che esplora, la scoperta che consuma. L’opera è un piccolo esperimento di magia domestica, un tentativo di trattenere la vita nel punto in cui si lascia toccare. Poi, la luce. Allodoliere è un richiamo, una promessa fragile che attira e inganna. Come uno specchio che confonde l’uccello, riflette il desiderio stesso di capire, di avvicinarsi, di appartenere. È il punto in cui la bellezza coincide con il rischio: quando guardare e essere guardati diventano lo stesso gesto.
In questa stessa tensione si colloca l’opera Untitled, (Spine) che riflette sul senso del tempo e della fatica. Il tema della memoria è ripreso da una fotografia di una colonna, incontrata lungo una passeggiata. In passato era una palma stilizzata, ora rimane solo il tronco, le cui forme hanno subito ricordato la Colonna infinita di Constantin Brancusi. Liberarsi dalla forma originaria — diventata, come nell’opera citata, un susseguirsi di segmenti che potrebbe idealmente continuare all’infinito — significa ritrovare un’eterna tensione che collega la terra al cielo, il passato e il futuro.
Dentro il Novocomum, queste sculture non interrompono il ritmo dell’edificio — lo prolungano. L’acqua carsica entra nelle crepe, riportando movimento dove il calcestruzzo si crede immobile. È una sorta di riconciliazione: la materia viva e quella costruita si riconoscono, si respirano a vicenda. Forse ogni archivio è una grotta. Un corpo che custodisce il tempo, che lo protegge come si fa con una ferita. Le opere di Edoardo lo attraversano in silenzio, riattivando la sua memoria sotterranea. Così la pietra torna a essere pensiero, e il pensiero, lentamente, ritorna terra. Forse la natura
non si è mai davvero ritratta dall’architettura, ma la attraversa in silenzio, rivelandola a chi sa ascoltare.
Chiara Smedile
15
novembre 2025
Sentimento Carsico
Dal 15 al 30 novembre 2025
arte contemporanea
Location
Novocomum
Como, Viale Giuseppe Sinigaglia, 1, (CO)
Como, Viale Giuseppe Sinigaglia, 1, (CO)
Orario di apertura
Su Appuntamento
Sito web
Ufficio stampa
Doppie Project
Autore
Curatore
Autore testo critico
Allestimento
RiccardoLongo
Progetto grafico










