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Omaggio a Francesco Ruberti (1908-1992)
Francesco Ruberti (Mantova 1908 – 1992), una mostra retrospettiva che illustra le varie tematiche dipinte dall’artista nel corso della sua carriera artistica.
Comunicato stampa
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La Galleria Arianna Sartori di Mantova, nella sala di via Cappello 17, ricorda l’artista mantovano Francesco Ruberti (Mantova 1908 – 1992) con una mostra retrospettiva che illustra le varie tematiche dipinte dall’artista nel corso della sua carriera artistica.
La mostra “Omaggio a Francesco Ruberti” si inaugura Giovedì 15 gennaio alle ore 17.30.
La mostra, curata da Arianna Sartori, e organizzata dalla famiglia Ruberti, resterà aperta al pubblico fino al 5 febbraio 2026, con orario dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, Domenica chiuso.
“Conosco Ruberti dall'immediato dopoguerra, quando l'apertura rinnovatrice conseguente al 1945 ci portava a ricercare con curiosità gli artisti che, nel clima della provincia italiana, avevano sentito lo stimolo antinovecentista, che significava allora sprovincializzazione della ricerca.
Ruberti si muoveva allora - e ha continuato così per circa un ventennio - sul terreno della ricerca dell'essenziale cromatico-compositivo. Appoggiava un mazzetto di fiori, una mela e un tovagliolo su una sedia gialla, ritagliava sei pere verdi su un fondo geometrico di case nell'idea della purezza assoluta della forma, figurativo, ma analogico ai movimenti neoastratti. La sua operazione mentale, volta a distaccarsi sempre più dal poeticismo della precedente pittura mantovana, è continuata con poche variazioni fino ad oggi. Vedo infatti come la conclusione di un lungo iter che assume dimensione astratta, nella scansione geometrica delle parti, gli oggetti della vita reale, quadri del 1978 (La lampada sul cassettone) o recentissimi (La figura a letto sul fondo del Po) dove Ruberti ritaglia gli oggetti - uno specchio, un mobile, una finestra - per ergersi oltre la banalità della visione.
Le tentazioni di abbreviare i tempi dell'assoluto, di muoversi oltre al vero, non sono certo mancate a Ruberti. E in tal senso dovremmo interpretare quadri come Natura morta con manichino (1954) che sembrano un riflusso dal reale alla composizione novecentistica al modo di Paresce. Il vero, la realtà del suo paesaggio dagli orizzonti piani, dove il limite è rappresentato quasi sempre dall'architettura, non ha mai condizionato la ricerca di Ruberti fin dal 1949, quando dipingeva un paesaggio metafisico come La fornace (1949). La visione di Ruberti sembra oggettiva. Ma chi gli fa amputare un nudo di testa e di gambe (la sezione di «nudo» del 1974), se non la volontà di corrispondere a una propria intimità visionaria, classica certo e insofferente del prevaricante individualismo romantico tanto di moda?
Classica, ho detto, e ferma in una sua dolcezza esistenziale, entro la quale si espande la calda vena di Ruberti. Come non sentire una delicata protesta, pronunciata attraverso una sottesa poesia di rosa, di bianchi e di incarnati, contro la violenza in atto nel mondo, nella stessa materia di un quadro come il Nudo con il gatto sul divano rosa (1976)? Si giunge al nucleo della personalità di Ruberti, a quella visione tenue e profonda dei personaggi familiari Ritratto di mia madre (1937), della stessa bellezza femminile Il grande ritratto (1975) che lo accompagna da tutta la vita. Dopo un po' che si vedono questi quadri, si ricostruisce tutto un mondo in cui la malinconia diventa arabesco tenue in una veste appoggiata a un attaccapanni L'Attaccapanni nello studio (1974), si fa passo di danza in un nudo riflesso in uno specchio Passo di danza (1973).
I quadri di Ruberti sembrano dipinti con le forme e la luce della memoria. Nel pittore scatta un momento di memoria che gli fa vedere accostate, come fotografie di medaglioni, ricordi di famiglia Ricordo di famiglia (1967), il padre, la madre e lui bambino. Il calendario, e perfino l'orologio, si sono fermati sotto il viluppo dei fiori, fiori secchi come il sogno nella decantazione del tempo.
Non ci può essere dubbio, il mondo di Ruberti si precisa con la scansione del tempo della memoria. Ma il linguaggio? Il linguaggio è ricercato per dare un senso concreto, senza preoccupazione di neologismi, nella ricorrenza di forme perfino monotone, a questo mondo. L'esistenza di Ruberti si svolge come in un sogno, in un ottimismo spirituale che diventa sempre più luce, appena increspato da qualche particolare curioso, forse dolcemente grottesco, come quel frammento di tegole in Tetti con comignolo (1978), quel filtro del paesaggio padano che è la rete del Paesaggio con rete del 1980. Il processo che si svolge fino a oggi potrebbe essere definito metafisico, se il termine non avesse un peso semantico determinato dalla storia. È certo che la meditazione di Ruberti sulla propria arte avviene in una educata insofferenza per le contemporanee intemperanze delle cosiddette avanguardie dei nostri tempi nei confronti delle quali Ruberti erge il muro delicatissimo della sua poesia”.
Raffaele De Grada
Francesco Ruberti nasce il 2 aprile 1908 a Mantova, dove muore il 7 febbraio 1992.
Ventenne parte come operaio per la capitale francese; a Parigi resta alcuni mesi durante i quali ha modo di confrontarsi con il locale mondo dell’arte. Rientrato in Italia, di formazione autodidatta, dipinge privatamente ed il suo primo appuntamento artistico risale al 1939, quando, sollecitato dagli amici Perina, Facciotto e Cavicchini, partecipa alla Mostra dei Pittori, Scultori e Incisori Mantovani ’800 e ’900 al Palazzo Te di Mantova. Partecipa nel 1941 alla VIII Mostra sindacale degli artisti mantovani e alla Mostra Sindacale Interprovinciale di Milano, nel 1942 alla IX Mostra sindacale degli artisti mantovani al Ridotto del Teatro Sociale di Mantova, nel 1944 alla X Mostra Sindacale d’Arte, all’Unione professionisti e artisti a Mantova. Nel 1945 espone con Gino Donati e Carlo Andreani alla Galleria alle Concole a Mantova (anche nel 1946); mostra personale alla Galleria Bergamo di Bergamo; mostra di Guastalla”. È chiamato insieme a Mario Lomini e a Carlo Andreani a far parte del direttivo artistico del Gruppo Artistico Mantovano, lo stesso che promuove la Mostra della Libertà nelle Sale di Palazzo Ducale a Mantova. Nel 1946 alla Mostra d’Arte mantovana al Palazzo della Ragione. Nel 1947, alla Mostra del Gruppo Artistico Mantovano nel Palazzo della Ragione di Mantova, vince il Premio del paesaggio mantovano; alla Mostra d’Arte Mantovana al Palazzo della Ragione di Mantova. Nel 1948 è invitato alla Quinta Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma e al 1° Premio Suzzara. Nel 1949, al II Premio Suzzara si aggiudica un premio; figura alle rassegne nazionali Natale dell’arte a Milano; Premio Michetti a Francavilla a Mare; alla Mostra Nazionale di Pittura e Scultura “Premio Mantova 1949” tenutasi al Palazzo della Ragione. Nel 1950, alla Mostra Collettiva Artisti Mantovani nel Palazzo Te di Mantova, al III Premio Suzzara, alla Mostra Regionale Lombarda a Milano ed al Premio Michetti a Francavilla a Mare. Nel 1951, alla Mostra Sindacale Artisti Mantovani alla Casa del Mantegna di Mantova, è tra i vincitori della quarta edizione del Premio Suzzara, partecipa al Premio Michetti a Francavilla a Mare, alla Cinquantesima Biennale Nazionale di Verona e alla VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Seguono importanti e numerose mostre personali e partecipazioni a mostre collettive, rassegne e premi in tutta Italia.
Di Lui hanno scritto tra gli altri: Francesco Bartoli, Raffaele De Grada, Renzo Margonari, Alessandro Righetti, Vittorio Sgarbi, Ernesto Treccani, Dino Villani.
La mostra “Omaggio a Francesco Ruberti” si inaugura Giovedì 15 gennaio alle ore 17.30.
La mostra, curata da Arianna Sartori, e organizzata dalla famiglia Ruberti, resterà aperta al pubblico fino al 5 febbraio 2026, con orario dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, Domenica chiuso.
“Conosco Ruberti dall'immediato dopoguerra, quando l'apertura rinnovatrice conseguente al 1945 ci portava a ricercare con curiosità gli artisti che, nel clima della provincia italiana, avevano sentito lo stimolo antinovecentista, che significava allora sprovincializzazione della ricerca.
Ruberti si muoveva allora - e ha continuato così per circa un ventennio - sul terreno della ricerca dell'essenziale cromatico-compositivo. Appoggiava un mazzetto di fiori, una mela e un tovagliolo su una sedia gialla, ritagliava sei pere verdi su un fondo geometrico di case nell'idea della purezza assoluta della forma, figurativo, ma analogico ai movimenti neoastratti. La sua operazione mentale, volta a distaccarsi sempre più dal poeticismo della precedente pittura mantovana, è continuata con poche variazioni fino ad oggi. Vedo infatti come la conclusione di un lungo iter che assume dimensione astratta, nella scansione geometrica delle parti, gli oggetti della vita reale, quadri del 1978 (La lampada sul cassettone) o recentissimi (La figura a letto sul fondo del Po) dove Ruberti ritaglia gli oggetti - uno specchio, un mobile, una finestra - per ergersi oltre la banalità della visione.
Le tentazioni di abbreviare i tempi dell'assoluto, di muoversi oltre al vero, non sono certo mancate a Ruberti. E in tal senso dovremmo interpretare quadri come Natura morta con manichino (1954) che sembrano un riflusso dal reale alla composizione novecentistica al modo di Paresce. Il vero, la realtà del suo paesaggio dagli orizzonti piani, dove il limite è rappresentato quasi sempre dall'architettura, non ha mai condizionato la ricerca di Ruberti fin dal 1949, quando dipingeva un paesaggio metafisico come La fornace (1949). La visione di Ruberti sembra oggettiva. Ma chi gli fa amputare un nudo di testa e di gambe (la sezione di «nudo» del 1974), se non la volontà di corrispondere a una propria intimità visionaria, classica certo e insofferente del prevaricante individualismo romantico tanto di moda?
Classica, ho detto, e ferma in una sua dolcezza esistenziale, entro la quale si espande la calda vena di Ruberti. Come non sentire una delicata protesta, pronunciata attraverso una sottesa poesia di rosa, di bianchi e di incarnati, contro la violenza in atto nel mondo, nella stessa materia di un quadro come il Nudo con il gatto sul divano rosa (1976)? Si giunge al nucleo della personalità di Ruberti, a quella visione tenue e profonda dei personaggi familiari Ritratto di mia madre (1937), della stessa bellezza femminile Il grande ritratto (1975) che lo accompagna da tutta la vita. Dopo un po' che si vedono questi quadri, si ricostruisce tutto un mondo in cui la malinconia diventa arabesco tenue in una veste appoggiata a un attaccapanni L'Attaccapanni nello studio (1974), si fa passo di danza in un nudo riflesso in uno specchio Passo di danza (1973).
I quadri di Ruberti sembrano dipinti con le forme e la luce della memoria. Nel pittore scatta un momento di memoria che gli fa vedere accostate, come fotografie di medaglioni, ricordi di famiglia Ricordo di famiglia (1967), il padre, la madre e lui bambino. Il calendario, e perfino l'orologio, si sono fermati sotto il viluppo dei fiori, fiori secchi come il sogno nella decantazione del tempo.
Non ci può essere dubbio, il mondo di Ruberti si precisa con la scansione del tempo della memoria. Ma il linguaggio? Il linguaggio è ricercato per dare un senso concreto, senza preoccupazione di neologismi, nella ricorrenza di forme perfino monotone, a questo mondo. L'esistenza di Ruberti si svolge come in un sogno, in un ottimismo spirituale che diventa sempre più luce, appena increspato da qualche particolare curioso, forse dolcemente grottesco, come quel frammento di tegole in Tetti con comignolo (1978), quel filtro del paesaggio padano che è la rete del Paesaggio con rete del 1980. Il processo che si svolge fino a oggi potrebbe essere definito metafisico, se il termine non avesse un peso semantico determinato dalla storia. È certo che la meditazione di Ruberti sulla propria arte avviene in una educata insofferenza per le contemporanee intemperanze delle cosiddette avanguardie dei nostri tempi nei confronti delle quali Ruberti erge il muro delicatissimo della sua poesia”.
Raffaele De Grada
Francesco Ruberti nasce il 2 aprile 1908 a Mantova, dove muore il 7 febbraio 1992.
Ventenne parte come operaio per la capitale francese; a Parigi resta alcuni mesi durante i quali ha modo di confrontarsi con il locale mondo dell’arte. Rientrato in Italia, di formazione autodidatta, dipinge privatamente ed il suo primo appuntamento artistico risale al 1939, quando, sollecitato dagli amici Perina, Facciotto e Cavicchini, partecipa alla Mostra dei Pittori, Scultori e Incisori Mantovani ’800 e ’900 al Palazzo Te di Mantova. Partecipa nel 1941 alla VIII Mostra sindacale degli artisti mantovani e alla Mostra Sindacale Interprovinciale di Milano, nel 1942 alla IX Mostra sindacale degli artisti mantovani al Ridotto del Teatro Sociale di Mantova, nel 1944 alla X Mostra Sindacale d’Arte, all’Unione professionisti e artisti a Mantova. Nel 1945 espone con Gino Donati e Carlo Andreani alla Galleria alle Concole a Mantova (anche nel 1946); mostra personale alla Galleria Bergamo di Bergamo; mostra di Guastalla”. È chiamato insieme a Mario Lomini e a Carlo Andreani a far parte del direttivo artistico del Gruppo Artistico Mantovano, lo stesso che promuove la Mostra della Libertà nelle Sale di Palazzo Ducale a Mantova. Nel 1946 alla Mostra d’Arte mantovana al Palazzo della Ragione. Nel 1947, alla Mostra del Gruppo Artistico Mantovano nel Palazzo della Ragione di Mantova, vince il Premio del paesaggio mantovano; alla Mostra d’Arte Mantovana al Palazzo della Ragione di Mantova. Nel 1948 è invitato alla Quinta Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma e al 1° Premio Suzzara. Nel 1949, al II Premio Suzzara si aggiudica un premio; figura alle rassegne nazionali Natale dell’arte a Milano; Premio Michetti a Francavilla a Mare; alla Mostra Nazionale di Pittura e Scultura “Premio Mantova 1949” tenutasi al Palazzo della Ragione. Nel 1950, alla Mostra Collettiva Artisti Mantovani nel Palazzo Te di Mantova, al III Premio Suzzara, alla Mostra Regionale Lombarda a Milano ed al Premio Michetti a Francavilla a Mare. Nel 1951, alla Mostra Sindacale Artisti Mantovani alla Casa del Mantegna di Mantova, è tra i vincitori della quarta edizione del Premio Suzzara, partecipa al Premio Michetti a Francavilla a Mare, alla Cinquantesima Biennale Nazionale di Verona e alla VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Seguono importanti e numerose mostre personali e partecipazioni a mostre collettive, rassegne e premi in tutta Italia.
Di Lui hanno scritto tra gli altri: Francesco Bartoli, Raffaele De Grada, Renzo Margonari, Alessandro Righetti, Vittorio Sgarbi, Ernesto Treccani, Dino Villani.
15
gennaio 2026
Omaggio a Francesco Ruberti (1908-1992)
Dal 15 gennaio al 05 febbraio 2026
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, Domenica chiuso
Vernissage
15 Gennaio 2026, 17.30
Autore
Curatore
Autore testo critico






