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404.07 / Salvatore Comminiello. Trame, tracce, tragitti
Trame, tracce, tragitti presenta la produzione recente di Salvatore Comminiello tra pittura, bassorilievo e stratificazioni materiche. Opere delle serie Cosmo e Giardino mostrano un linguaggio riconoscibile in cui segno, colore e decoro raccontano il transito delle culture nel tempo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
404.07 / Salvatore Comminiello. Trame, tracce, tragitti
a cura di Donato Faruolo
realizzata da Porta Cœli Foundation
con il patrocinio della Provincia di Potenza
e del Consiglio regionale della Basilicata
10 gennaio — 27 febbraio 2026
Pinacoteca provinciale di Potenza
via Lazio 8, Potenza
inaugurazione sabato 10 gennaio 2026, ore 17.30
ingresso libero
lunedì — venerdì / 9.00 — 13.00
martedì e giovedì / anche 15.00 — 17.00
Porta Cœli Foundation
+39 348 5829789
www.404.portacoeli.it / info@portacoeli.it
—
Si inaugura sabato 10 gennaio 2026, alle ore 17.30, Trame, tracce, tragitti, la nuova mostra personale di Salvatore Comminiello che costituisce la settima tappa di 404, il Programma per l’arte contemporanea di Porta Cœli Foundation a cura di Donato Faruolo. La mostra sarà visitabile fino al 27 febbraio presso la Pinacoteca provinciale di Potenza, e gode del patrocinio della Provincia di Potenza e del Consiglio regionale della Basilicata.
Il programma 404 è una piattaforma curatoriale attiva ormai da 5 anni che ha l’intento di scandagliare il rapporto tra arte contemporanea e senso condiviso dei tempi e dei luoghi che si abitano, promuovendo un nuovo statuto di cittadinanza attraverso un articolato ventaglio di riflessioni, tra personali, collettive, antologiche e residenze artistiche, da, per e attraverso i territori lucani. Per la sua settima tappa, Porta Cœli Foundation ha pensato a un doveroso atto di attenzione e approfondimento su uno degli artisti lucani più attenti, discreti e costanti, operante nell’arte da più di quarant’anni: Salvatore Comminiello. A ormai un decennio dalla sua ultima mostra antologica in città, si intende presentare un nuovo percorso espositivo che consenta di entrare in contatto non solo con la produzione più recente dell’artista, ma anche con un discorso critico ed esperienziale inedito.
Salvatore Comminiello, in decenni di carriera artistica, ha sviluppato un linguaggio di assoluta peculiarità e riconoscibilità, con l’invenzione di una tecnica specifica che mescola la pittura tradizionale, il bassorilievo con materiali plastici moderni, e l’alto senso della decorazione come testimone delle tracce che una cultura lascia nel proprio transito attraverso la storia. Nel quadro, inteso come campo di forze in dialogo, si sovrappongono per strati archeologici impressioni, segni, graffi, escrescenze, che offrono l’opportunità di un viaggio transtorico e transculturale. L’opera diviene un oggetto misterioso, preverbale eppure straordinariamente eloquente, popolato di segni che potrebbero talvolta riferirsi tanto alla scrittura cufica quanto agli apparati devozionali precolombiani; tanto ai damaschi orientali quanto alle grottesche del Rinascimento; tanto alla pittura gestuale quanto agli arabeschi islamici; tanto ai segni dell’archeologia dauna quanto alla cultura materiale contadina. La capacità del lavoro di Comminiello è quella di non fare retorica o parassitismo di linguaggi culturali, ma di riuscire a imbastire un discorso sincretico capace di risuonare universalmente in uno strato della coscienza che supera le specificità culturali senza banalizzarle né trascenderle.
In mostra, per questa occasione, ci sono brani da due delle serie più recenti del lavoro di Comminiello: quella dedicata al “Cosmo”, giocata tra toni neutri e violenti, con minuscoli contrappunti di colore tra orbitali e rifrazioni magnetiche; e quella dedicata al “Giardino”, un’esplosione di gialli, di rossi e di bruni... amaranto, mogano, porpora, rabarbaro, e poi ocra, curry, senape, zafferano, tra evocazioni di semenze e di fiori, di stupori e armonie. Entrambe le serie sono pervase di luce, con un bianco che attraversa ogni opera facendosi di volta in volta cornice, sfondo, elemento a rilievo. Un bianco che ricorda quella fase intermedia dell’iconografia russa, intorno al XV-XVI secolo, a metà tra la Seconda Roma (Bisanzio) e la Terza Roma (la Mosca imperiale). L’immagine sacra rinuncia alla trascendenza e all’assolutezza dell’oro per un più frugale e radicale uso del bianco come spazio di soglia, di sospensione, di silenzio. È il bianco che sarà fondamentale secoli dopo per Kazimir Malevič, e che Comminiello interpreta non come assoluto, ma come interlocutore, come fulcro su cui fare leva per far esplodere ciò che è invece colore e traccia.
Si parlava di “decoro”. Non certamente inteso come orpello, aggiunta arbitraria, esitazione nel superfluo, ma piuttosto come accoglimento da parte della superficie della grande tradizione della cura del segno: dal graffio primordiale, gestuale, prelogico, simile a un segno primitivo o infantile, alla complessità delle ceramiche, delle maioliche, del broccato, delle cesellature e perfino delle mappe topografiche o delle infografiche. Si parla di “decoro” non solo come sinonimo di “ornamento”: le piume sul capo di un nativo americano o le “decorazioni” al valore di dignitari e vertici istituzionali indicano la capacità del soggetto di conferire a sé prestigio così come conferisce a sé un accumulo di segni. Ma “decoro” è anche dignità, decenza, lustro, onore, agire secondo coscienza del ruolo che si riveste. In tal senso il decoro non è una superfetazione accessoria, ma è la manifestazione “performativa” di qualità profonde, di posture pubbliche, di disposizioni cognitive all’accoglimento e al riconoscimento dell’altro come membro di una convenzione linguistica ed empatica. È condivisione di sistemi: le trame, le tracce, i tragitti di Salvatore Comminiello sono l’incrocio di quei fili fragili e sottili della negoziazione culturale. Ci sentiamo accomunati perché i nostri gesti si fanno prossemica, convenzione, istituzione. Leggere il trascorso della nostra gestualità come scritto in una trattazione non lineare come quella di Comminiello, ci consola forse per la speranza non sopita di rivederci nell’altro e nella speranza di vedere l’altro in noi per comprenderne le inspiegabili ragioni.
La mostra, allestita negli eleganti spazi della Pinacoteca provinciale, è visitabile a ingresso libero fino al 27 febbraio, dal lunedì al venerdì negli orari 9.00 — 13.00, e il martedì e il giovedì anche dalle 15.00 alle 17.00.
a cura di Donato Faruolo
realizzata da Porta Cœli Foundation
con il patrocinio della Provincia di Potenza
e del Consiglio regionale della Basilicata
10 gennaio — 27 febbraio 2026
Pinacoteca provinciale di Potenza
via Lazio 8, Potenza
inaugurazione sabato 10 gennaio 2026, ore 17.30
ingresso libero
lunedì — venerdì / 9.00 — 13.00
martedì e giovedì / anche 15.00 — 17.00
Porta Cœli Foundation
+39 348 5829789
www.404.portacoeli.it / info@portacoeli.it
—
Si inaugura sabato 10 gennaio 2026, alle ore 17.30, Trame, tracce, tragitti, la nuova mostra personale di Salvatore Comminiello che costituisce la settima tappa di 404, il Programma per l’arte contemporanea di Porta Cœli Foundation a cura di Donato Faruolo. La mostra sarà visitabile fino al 27 febbraio presso la Pinacoteca provinciale di Potenza, e gode del patrocinio della Provincia di Potenza e del Consiglio regionale della Basilicata.
Il programma 404 è una piattaforma curatoriale attiva ormai da 5 anni che ha l’intento di scandagliare il rapporto tra arte contemporanea e senso condiviso dei tempi e dei luoghi che si abitano, promuovendo un nuovo statuto di cittadinanza attraverso un articolato ventaglio di riflessioni, tra personali, collettive, antologiche e residenze artistiche, da, per e attraverso i territori lucani. Per la sua settima tappa, Porta Cœli Foundation ha pensato a un doveroso atto di attenzione e approfondimento su uno degli artisti lucani più attenti, discreti e costanti, operante nell’arte da più di quarant’anni: Salvatore Comminiello. A ormai un decennio dalla sua ultima mostra antologica in città, si intende presentare un nuovo percorso espositivo che consenta di entrare in contatto non solo con la produzione più recente dell’artista, ma anche con un discorso critico ed esperienziale inedito.
Salvatore Comminiello, in decenni di carriera artistica, ha sviluppato un linguaggio di assoluta peculiarità e riconoscibilità, con l’invenzione di una tecnica specifica che mescola la pittura tradizionale, il bassorilievo con materiali plastici moderni, e l’alto senso della decorazione come testimone delle tracce che una cultura lascia nel proprio transito attraverso la storia. Nel quadro, inteso come campo di forze in dialogo, si sovrappongono per strati archeologici impressioni, segni, graffi, escrescenze, che offrono l’opportunità di un viaggio transtorico e transculturale. L’opera diviene un oggetto misterioso, preverbale eppure straordinariamente eloquente, popolato di segni che potrebbero talvolta riferirsi tanto alla scrittura cufica quanto agli apparati devozionali precolombiani; tanto ai damaschi orientali quanto alle grottesche del Rinascimento; tanto alla pittura gestuale quanto agli arabeschi islamici; tanto ai segni dell’archeologia dauna quanto alla cultura materiale contadina. La capacità del lavoro di Comminiello è quella di non fare retorica o parassitismo di linguaggi culturali, ma di riuscire a imbastire un discorso sincretico capace di risuonare universalmente in uno strato della coscienza che supera le specificità culturali senza banalizzarle né trascenderle.
In mostra, per questa occasione, ci sono brani da due delle serie più recenti del lavoro di Comminiello: quella dedicata al “Cosmo”, giocata tra toni neutri e violenti, con minuscoli contrappunti di colore tra orbitali e rifrazioni magnetiche; e quella dedicata al “Giardino”, un’esplosione di gialli, di rossi e di bruni... amaranto, mogano, porpora, rabarbaro, e poi ocra, curry, senape, zafferano, tra evocazioni di semenze e di fiori, di stupori e armonie. Entrambe le serie sono pervase di luce, con un bianco che attraversa ogni opera facendosi di volta in volta cornice, sfondo, elemento a rilievo. Un bianco che ricorda quella fase intermedia dell’iconografia russa, intorno al XV-XVI secolo, a metà tra la Seconda Roma (Bisanzio) e la Terza Roma (la Mosca imperiale). L’immagine sacra rinuncia alla trascendenza e all’assolutezza dell’oro per un più frugale e radicale uso del bianco come spazio di soglia, di sospensione, di silenzio. È il bianco che sarà fondamentale secoli dopo per Kazimir Malevič, e che Comminiello interpreta non come assoluto, ma come interlocutore, come fulcro su cui fare leva per far esplodere ciò che è invece colore e traccia.
Si parlava di “decoro”. Non certamente inteso come orpello, aggiunta arbitraria, esitazione nel superfluo, ma piuttosto come accoglimento da parte della superficie della grande tradizione della cura del segno: dal graffio primordiale, gestuale, prelogico, simile a un segno primitivo o infantile, alla complessità delle ceramiche, delle maioliche, del broccato, delle cesellature e perfino delle mappe topografiche o delle infografiche. Si parla di “decoro” non solo come sinonimo di “ornamento”: le piume sul capo di un nativo americano o le “decorazioni” al valore di dignitari e vertici istituzionali indicano la capacità del soggetto di conferire a sé prestigio così come conferisce a sé un accumulo di segni. Ma “decoro” è anche dignità, decenza, lustro, onore, agire secondo coscienza del ruolo che si riveste. In tal senso il decoro non è una superfetazione accessoria, ma è la manifestazione “performativa” di qualità profonde, di posture pubbliche, di disposizioni cognitive all’accoglimento e al riconoscimento dell’altro come membro di una convenzione linguistica ed empatica. È condivisione di sistemi: le trame, le tracce, i tragitti di Salvatore Comminiello sono l’incrocio di quei fili fragili e sottili della negoziazione culturale. Ci sentiamo accomunati perché i nostri gesti si fanno prossemica, convenzione, istituzione. Leggere il trascorso della nostra gestualità come scritto in una trattazione non lineare come quella di Comminiello, ci consola forse per la speranza non sopita di rivederci nell’altro e nella speranza di vedere l’altro in noi per comprenderne le inspiegabili ragioni.
La mostra, allestita negli eleganti spazi della Pinacoteca provinciale, è visitabile a ingresso libero fino al 27 febbraio, dal lunedì al venerdì negli orari 9.00 — 13.00, e il martedì e il giovedì anche dalle 15.00 alle 17.00.
10
gennaio 2026
404.07 / Salvatore Comminiello. Trame, tracce, tragitti
Dal 10 gennaio al 27 febbraio 2026
arte contemporanea
Location
Pinacoteca provinciale di Potenza
Potenza, Via Lazio, 8, (PZ)
Potenza, Via Lazio, 8, (PZ)
Orario di apertura
lunedì — venerdì
/ 9.00 — 13.00
martedì e giovedì / anche 15.00 — 17.00
Vernissage
10 Gennaio 2026, ore 17.30
Sito web
Ufficio stampa
Porta Coeli Foundation
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Autore testo critico
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