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Studio Orma è il nuovo spazio di Roma dedicato agli artisti under 30
Arte contemporanea
La capitale ha un nuovo spazio espositivo dedicato alla riflessione sull’arte contemporanea. Si tratta di Studio Orma, galleria fondata da Edoardo Innaro e Marco Celentani, che sorge nel quartiere di Monteverde, in via Francesco Amici, 10, a Roma. Interamente dedicata all’osservazione di artisti under 30, Studio Orma ha inaugurato recentemente la mostra A screen has no edges, di Emanuela Moretti, a cura di Gianlorenzo Chiaraluce.
Il 2 gennaio, Studio Orma approderà anche a Napoli, con una mostra di un solo giorno al Palazzo dello Spagnolo. Matière Survivante, dell’artista francese e di base a Berlino Margeaux Compte-Mergier, si articolerà attorno a una grande tavola-installazione processionale, composta dai resti di un banchetto: oggetti, frammenti, volti e materiali che evocano una festa svuotata della sua energia vitale.

A screen has no edges: la mostra di Moretti da Studio Orma
Le opere di Emanuela Moretti si espandono nello spazio e ne prendono possesso, abitano la stanza con una presenza silenziosa dal pavimento al soffitto. L’artista si contraddistingue per l’uso di un modulo in acciaio con cui costruisce organismi meccanici che interagiscono con l’ambiente circostante. L’assenza di piedistalli e l’allestimento a terra fa sì che le opere siano a diretto contatto con l’osservatore, aderenti al piano di interlocuzione, pronte per essere toccate ed esperite da vicino.

La riflessione di Emanuela Moretti è molto profonda: i suoi esseri metallici alludono ai corpi femminili che si producono in forme amorfe, destinate a ricostruire un nuovo immaginario di profili, sagome e modelli. Le silhouette si librano in linee leggere, pronte a trasformarsi in varianti sempre diverse, a seconda dello spostamento nello spazio del pubblico o del proprio universo di simboli e idee. Al centro della galleria domina, infatti, Vertebra K, una struttura in acciaio zincato che restituisce la forma di una lunga vertebra umana.

Se gli elementi in metallo sembrano la struttura portante, le riproduzioni di brandelli di pelle, resi attraverso elaborazioni digitali, costituiscono il derma artificiale che riveste l’anatomia delle opere. Scrive infatti il curatore Gianlorenzo Chiaraluce: «L’opera di Moretti mette in scena il paradosso della nostra epoca: una realtà meccanizzata, industriale e siderurgica che, pur negoziando incessantemente la sua materialità, tenta ancora di conservare un residuo carnale».

L’immagine di noi
La mostra porta con sé un interrogativo incessante: qual è la vera immagine di noi? Quella che appare nelle piattaforme web o quella che indossiamo sulla nostra ossatura corporea? L’installazione funzionale a terra e la modularità dei multipli in metallo alludono alla ricorsività delle nostre immagini, tese a moltiplicarsi costantemente sul web. Lo stesso titolo della mostra A screen has no edges introduce ad un mondo di immagini senza confini.

La presenza di un lavandino e uno specchio cui vengono applicate ciglia finte accennano all’ossessione dell’aspetto esteriore e della cura di sé. Le installazioni dal titolo Pesciolini d’argento, invece, ricordano questi insetti piccoli e insidiosi che attraversano il nostro spazio, rosicchiando materiali organici e appropriandosi del mondo percepito.

La mostra è accompagnata da un forum di discussione, raggiungibile attraverso un QR code disponibile in mostra. Attraverso lo strumento del dibattito, ogni visitatore potrà produrre le proprie impressioni e ampliare una trattazione senza soluzione di continuità, offrendo commenti ed impressioni.

Emanuela Moretti: biografia
È nata nel 1990 a Tagliacozzo (AQ). Si è diplomata all’Istituto Statale d’Arte di Avezzano e ha proseguito la preparazione artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone, ottenendo la laurea di primo livello in Scultura e di secondo livello in Decorazione.
La sua pratica artistica si concentra sulla capacità di trasformazione e reinterpretazione dell’ambiente domestico e del paesaggio urbano, indagando il legame tra corpo umano e spazio intimo, sia nel suo aspetto reale che in quello iperreale. Il corpo, infatti, rappresenta la prima abitazione che occupiamo e il primo luogo che viviamo ed esploriamo. Le opere si distinguono per l’accostamento di metalli, elementi organici come il sapone e parti corporee estratte dal contesto digitale, dando origine a protesi che intrecciano strutture e membra, creando innesti singolari.










