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20
giugno 2008
fino al 4.VII.2008 Emily Allchurch Milano, Galica
milano
Londra, Roma e Parigi rivisitate. Un omaggio alla lungimirante attualità delle Carceri d’Invenzione di Piranesi. Ma anche riflessione sulla realtà claustrofobica e asfissiante delle nostre metropoli...
In mostra da Galica, cinque pezzi dal nuovo lavoro di Emily Allchurch (Londra, 1974), artista britannica che torna in Italia con quel suo peculiare modo di fondere fotografia e pittura.
La serie di lucidi su lightbox Urban Chiaroscuro nasce dalla ricostruzione di alcune tavole delle celebri Carceri del veneziano Piranesi. La tecnica è quella del collage digitale (che già aveva usato per i suoi Setting, riproduzioni digitali dei capolavori di grandi maestri): con un sapiente taglia-e-incolla, l’artista sostituisce le architetture originali di Piranesi con centinaia di scatti di edifici, vie e monumenti esistenti, ricreando intricati ma riconoscibili puzzle di metropoli reali.
Tre quelle scelte: Roma, Parigi e la sua Londra. A ognuna associa un colore diverso, caratterizzante: di Londra riconosciamo il rossastro delle case dell’East End e il grigio fumo; Roma mantiene il classico colore mediterraneo e il candore dei monumenti d’epoca fascista; Parigi il biancastro dei suoi immortali palazzi. A unirle, non solo il complesso intreccio di architetture inverosimili e aggrovigliate “rubato” dall’idea di Piranesi, ma anche una serie di elementi significativi. Innanzitutto il gran numero di telecamere di sorveglianza che spuntano ovunque in queste città spiate, controllate 24 ore su 24; telecamere che, invece d’infondere sicurezza, comunicano l’angoscia e l’ansia di una vita continuamente sotto con controllo, violata da occhi indiscreti e sconosciuti.

Allchurch non ha cancellato dalle sue fotografie nemmeno i cartelli e le scritte sui muri: messaggi, divieti che rimarcano l’oppressione del cittadino moderno, schiacciato da mille regole.
In questi grandi collage dove strutture contemporanee s’intrecciano a monumenti antichi, come nuovi capricci, la figura umana è quasi inesistente. La sua presenza si evince da poche tracce, dalle scritte sui muri, dai rifiuti abbandonati per strada, con indifferenza e senza rispetto. Ma fisicamente la scorgiamo solo in un’ombra che corre via, nella minuscola figura di un musulmano che prega, nell’immagine della fotografa stessa riflessa in uno specchio. Quest’assenza rende ancor più vivida l’inquietudine dei paesaggi urbani che, ispirandosi alle sapienti traduzioni architettoniche che Piranesi realizzò della sua epoca, portano a una più ampia riflessione sul contesto attuale.

L’uso quasi teatrale del colore e dei chiaroscuri è fondamentale non solo nella caratterizzazione delle tre città, ma anche come metafora drammatica del buio, delle oscure paure della nostra società. Ma se per Piranesi l’oscurità la faceva da padrona, per l’artista anglosassone il colore si fa strada, a portare qui e là una nota cromatica di speranza.
La serie di lucidi su lightbox Urban Chiaroscuro nasce dalla ricostruzione di alcune tavole delle celebri Carceri del veneziano Piranesi. La tecnica è quella del collage digitale (che già aveva usato per i suoi Setting, riproduzioni digitali dei capolavori di grandi maestri): con un sapiente taglia-e-incolla, l’artista sostituisce le architetture originali di Piranesi con centinaia di scatti di edifici, vie e monumenti esistenti, ricreando intricati ma riconoscibili puzzle di metropoli reali.
Tre quelle scelte: Roma, Parigi e la sua Londra. A ognuna associa un colore diverso, caratterizzante: di Londra riconosciamo il rossastro delle case dell’East End e il grigio fumo; Roma mantiene il classico colore mediterraneo e il candore dei monumenti d’epoca fascista; Parigi il biancastro dei suoi immortali palazzi. A unirle, non solo il complesso intreccio di architetture inverosimili e aggrovigliate “rubato” dall’idea di Piranesi, ma anche una serie di elementi significativi. Innanzitutto il gran numero di telecamere di sorveglianza che spuntano ovunque in queste città spiate, controllate 24 ore su 24; telecamere che, invece d’infondere sicurezza, comunicano l’angoscia e l’ansia di una vita continuamente sotto con controllo, violata da occhi indiscreti e sconosciuti.

Allchurch non ha cancellato dalle sue fotografie nemmeno i cartelli e le scritte sui muri: messaggi, divieti che rimarcano l’oppressione del cittadino moderno, schiacciato da mille regole.
In questi grandi collage dove strutture contemporanee s’intrecciano a monumenti antichi, come nuovi capricci, la figura umana è quasi inesistente. La sua presenza si evince da poche tracce, dalle scritte sui muri, dai rifiuti abbandonati per strada, con indifferenza e senza rispetto. Ma fisicamente la scorgiamo solo in un’ombra che corre via, nella minuscola figura di un musulmano che prega, nell’immagine della fotografa stessa riflessa in uno specchio. Quest’assenza rende ancor più vivida l’inquietudine dei paesaggi urbani che, ispirandosi alle sapienti traduzioni architettoniche che Piranesi realizzò della sua epoca, portano a una più ampia riflessione sul contesto attuale.

L’uso quasi teatrale del colore e dei chiaroscuri è fondamentale non solo nella caratterizzazione delle tre città, ma anche come metafora drammatica del buio, delle oscure paure della nostra società. Ma se per Piranesi l’oscurità la faceva da padrona, per l’artista anglosassone il colore si fa strada, a portare qui e là una nota cromatica di speranza.
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Emily Allchurch – Urban Chiaroscuro
Galica Artecontemporanea
Viale Bligny, 41 (zona Porta Vigentina) – 20136 Milano
Orario: da martedì a venerdì ore 10-13 e 15-19; sabato ore 14-19 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0258430760; fax +39 0258434077; mail@galica.it; www.galica.it
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