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Andrea Cereda – Gestazione
Un’opera che evoca il senso della nascita biologica e cosmica, attraverso l’impiego di una forma archetipica, esplicita perché associabile ad una forma naturale come quella ovoidale, ma anche misteriosa.
Comunicato stampa
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Gestazione - Opera di Andrea Cereda
Installazione Site specific - 2017 - Lamiera, tondino di ferro e gomma
Chiesa di S. Biagio - Tregasio di Triuggio (MB)
dal 23 Settembre al 12 Novembre 2017
INAUGURAZIONE sabato 23 settembre 2017
Un’opera che evoca il senso della nascita biologica e cosmica, attraverso l’impiego di una forma archetipica, allo stesso tempo intuitiva e allusiva, diretta e sfuggente, esplicita perché associabile ad una forma naturale come quella ovoidale, ma anche misteriosa per le sue dimensioni, per la sua apparizione improvvisa e inspiegabile al centro di uno spazio geometricamente definito.
Una sorta di meteorite piovuto dal cielo, una entità biologica e mitologica
allo stesso tempo, una sfinge che ci interroga sul senso del
tempo, sull’origine dell’esistenza. Ma anche un esoscheletro vuoto,
il resto di un processo di gestazione compiuto, una sorta di placenta abbandonata dopo essere servita a nutrire la vita.
In questa installazione site-specific l’artista cerca la sintesi plastica perfetta, la forma concreta di matrice organica più in grado di evocare lo spirito allo stesso tempo naturale e metafisico dell’origine, l’accadere inesorabile ma anche inatteso del miracolo ontologico della
nascita, preparata da una lenta, paziente, sacrificale gestazione.
I materiali impiegati sulle superfici dell’opera, il loro ritmo di ondulazioni imperfette, la loro tessitura sofferta conferiscono un tratto esistenziale, ma anche artificiale, quasi meccanico ad una forma di
ispirazione organico-biologica, questa contrapposizione ci invita a pensare alla incubazione e alla gestazione della vita non come un fenomeno naturale e sempre uguale a se stesso, ma ad un processo post-umano, forse alchemico, quasi faustiano, di creazione.
La gestazione è un processo di metamorfosi non solo biologica, ma anche una mutazione antropologica, insieme tecnica e culturale, un dispositivo per la costruzione dell’individuo, una tecnologia dell’umano.
Il cordone ombelicale è una presenza che sopravvive alla gestazione in una memoria più persistente della sua stessa funzione come simbolo del rapporto inestinguibile, della provenienza dalla unione simbiotica con la madre.
La forma ovale non si riferisce solo al microcosmo
dell’individuo umano, ma si riferisce anche al macrocosmo
dell’origine dell’universo.
Proprio perché retroattivo, si tratta di un percorso paradossale, una regressione sino ai confini siderali dell’origine, fino alle province più remote dell’identità prenatale. Il recupero della scatola nera personale,
ammaccata, che contiene le registrazioni dei dati essenziali del tragitto esistenziale, le cause di quell’incidente mortale che è sempre la vita.
Regredire fino al punto zero, implodendo in un viaggio a ritroso fino alla soglia dell’origine, avvolti nella protezione amniotica, nella inconsapevolezza immemore, per ritrovarsi nell’oblio, dimenticarsi della propria consistenza individuale e sottrarsi a qualsiasi dovere di
essere. Smarrirsi volontariamente nella materia inconscia. Un autoreverse esistenziale che riporta all’antecedente di qualsiasi ricordo.
Si comincia a fondare se stessi solo sprofondando nella latenza protettiva di un sonno amniotico nel grembo, dove i rumori sono solo fantasmi acquatici di vaghe vibrazioni inconseguenti, tra umori e colori indecifrabili.
L’installazione è stata concepita a partire da una suggestione del genius loci della struttura architettonica dello spazio espositivo, il suo impianto geometrico a pianta quadrata entra in relazione simbiotica, in perfetto dialogo con l’opera, dove il rapporto tra la base
quadrata dello spazio e la forma sferica della scultura ortogonale assume una valenza che non si esaurisce in un semplice equilibrio visivo, ma si assume il compito di alludere ad uno spazio simbolico di misterico pitagorico. La geometria perde così il suo carattere puramente
costruttivo e si apre ad un dimensione evocativa, gnostica
ed esoterica.
L’origine dell’umano passa attraverso un soffio vitale, una nascita attraverso un respiro, allo stesso modo la struttura concepita dall’artista sembra costituire un enorme cassa di risonanza dove un suono originale, dove una musica primordiale può risuonare in
un eco che riverbera all’interno alimentando il mantra originario, il suono ipnotico personale capace di durare all’infinito, la nota con cui la memoria della voce interna accoglie il sorgere della coscienza trascendentale.
Si entra nella vita, senza bussare, senza essere pronti, in una cascata di acque, costretti a spingere aria nei polmoni, chiedendosi:
“dove siamo quando entriamo nel mondo?“
Vittorio Raschetti
L’autore
Andrea Cereda arriva al mondo dell’arte passando per l’esperienza maturata nel campo della pubblicità. Per realizzare i suoi lavori utilizza ferro e lamiere di vecchi bidoni industriali scoloriti, arrugginiti, combusti, assemblati fra loro e tenuti insieme da cuciture o da saldature
“urgenti”, come ama definirle l’artista. Le sue opere partono da considerazioni che riguardano principalmente le grandi tematiche dell’uomo e la sua natura e si fondano su un’idea estetica che in fase di realizzazione lascia molto spazio all’istinto compositivo.
Nato a Lecco nel 1961, Andrea Cereda vive a Robbiate, un paese della Brianza.
La sua attività espositiva inizia nel 2001, da allora molte le mostre sia in Italia che all’estero. Da anni collabora con le sue opere alle
edizioni Pulcinoelefante.
www.andreacereda.com
Installazione Site specific - 2017 - Lamiera, tondino di ferro e gomma
Chiesa di S. Biagio - Tregasio di Triuggio (MB)
dal 23 Settembre al 12 Novembre 2017
INAUGURAZIONE sabato 23 settembre 2017
Un’opera che evoca il senso della nascita biologica e cosmica, attraverso l’impiego di una forma archetipica, allo stesso tempo intuitiva e allusiva, diretta e sfuggente, esplicita perché associabile ad una forma naturale come quella ovoidale, ma anche misteriosa per le sue dimensioni, per la sua apparizione improvvisa e inspiegabile al centro di uno spazio geometricamente definito.
Una sorta di meteorite piovuto dal cielo, una entità biologica e mitologica
allo stesso tempo, una sfinge che ci interroga sul senso del
tempo, sull’origine dell’esistenza. Ma anche un esoscheletro vuoto,
il resto di un processo di gestazione compiuto, una sorta di placenta abbandonata dopo essere servita a nutrire la vita.
In questa installazione site-specific l’artista cerca la sintesi plastica perfetta, la forma concreta di matrice organica più in grado di evocare lo spirito allo stesso tempo naturale e metafisico dell’origine, l’accadere inesorabile ma anche inatteso del miracolo ontologico della
nascita, preparata da una lenta, paziente, sacrificale gestazione.
I materiali impiegati sulle superfici dell’opera, il loro ritmo di ondulazioni imperfette, la loro tessitura sofferta conferiscono un tratto esistenziale, ma anche artificiale, quasi meccanico ad una forma di
ispirazione organico-biologica, questa contrapposizione ci invita a pensare alla incubazione e alla gestazione della vita non come un fenomeno naturale e sempre uguale a se stesso, ma ad un processo post-umano, forse alchemico, quasi faustiano, di creazione.
La gestazione è un processo di metamorfosi non solo biologica, ma anche una mutazione antropologica, insieme tecnica e culturale, un dispositivo per la costruzione dell’individuo, una tecnologia dell’umano.
Il cordone ombelicale è una presenza che sopravvive alla gestazione in una memoria più persistente della sua stessa funzione come simbolo del rapporto inestinguibile, della provenienza dalla unione simbiotica con la madre.
La forma ovale non si riferisce solo al microcosmo
dell’individuo umano, ma si riferisce anche al macrocosmo
dell’origine dell’universo.
Proprio perché retroattivo, si tratta di un percorso paradossale, una regressione sino ai confini siderali dell’origine, fino alle province più remote dell’identità prenatale. Il recupero della scatola nera personale,
ammaccata, che contiene le registrazioni dei dati essenziali del tragitto esistenziale, le cause di quell’incidente mortale che è sempre la vita.
Regredire fino al punto zero, implodendo in un viaggio a ritroso fino alla soglia dell’origine, avvolti nella protezione amniotica, nella inconsapevolezza immemore, per ritrovarsi nell’oblio, dimenticarsi della propria consistenza individuale e sottrarsi a qualsiasi dovere di
essere. Smarrirsi volontariamente nella materia inconscia. Un autoreverse esistenziale che riporta all’antecedente di qualsiasi ricordo.
Si comincia a fondare se stessi solo sprofondando nella latenza protettiva di un sonno amniotico nel grembo, dove i rumori sono solo fantasmi acquatici di vaghe vibrazioni inconseguenti, tra umori e colori indecifrabili.
L’installazione è stata concepita a partire da una suggestione del genius loci della struttura architettonica dello spazio espositivo, il suo impianto geometrico a pianta quadrata entra in relazione simbiotica, in perfetto dialogo con l’opera, dove il rapporto tra la base
quadrata dello spazio e la forma sferica della scultura ortogonale assume una valenza che non si esaurisce in un semplice equilibrio visivo, ma si assume il compito di alludere ad uno spazio simbolico di misterico pitagorico. La geometria perde così il suo carattere puramente
costruttivo e si apre ad un dimensione evocativa, gnostica
ed esoterica.
L’origine dell’umano passa attraverso un soffio vitale, una nascita attraverso un respiro, allo stesso modo la struttura concepita dall’artista sembra costituire un enorme cassa di risonanza dove un suono originale, dove una musica primordiale può risuonare in
un eco che riverbera all’interno alimentando il mantra originario, il suono ipnotico personale capace di durare all’infinito, la nota con cui la memoria della voce interna accoglie il sorgere della coscienza trascendentale.
Si entra nella vita, senza bussare, senza essere pronti, in una cascata di acque, costretti a spingere aria nei polmoni, chiedendosi:
“dove siamo quando entriamo nel mondo?“
Vittorio Raschetti
L’autore
Andrea Cereda arriva al mondo dell’arte passando per l’esperienza maturata nel campo della pubblicità. Per realizzare i suoi lavori utilizza ferro e lamiere di vecchi bidoni industriali scoloriti, arrugginiti, combusti, assemblati fra loro e tenuti insieme da cuciture o da saldature
“urgenti”, come ama definirle l’artista. Le sue opere partono da considerazioni che riguardano principalmente le grandi tematiche dell’uomo e la sua natura e si fondano su un’idea estetica che in fase di realizzazione lascia molto spazio all’istinto compositivo.
Nato a Lecco nel 1961, Andrea Cereda vive a Robbiate, un paese della Brianza.
La sua attività espositiva inizia nel 2001, da allora molte le mostre sia in Italia che all’estero. Da anni collabora con le sue opere alle
edizioni Pulcinoelefante.
www.andreacereda.com
23
settembre 2017
Andrea Cereda – Gestazione
Dal 23 settembre al 12 novembre 2017
arte contemporanea
Location
ANIMAMINIMA CONTEMPORANEA
Triuggio, Via Don Luigi Sturzo, (Monza E Brianza)
Triuggio, Via Don Luigi Sturzo, (Monza E Brianza)
Orario di apertura
da lunedì a domenica ore 00.00 - 24.00
Vernissage
23 Settembre 2017, ore 18.00 - 21.00
Autore
Curatore