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Manuela Sedmach – Passare al bosco
Il lavoro di Manuela Sedmach esplora il segreto della condizione umana, la sacralità del rapporto dell’uomo con la natura e quindi con se stesso e la propria libertà
Comunicato stampa
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Galleria Continua ha il piacere di ospitare nuovamente nei suoi spazi espositivi una mostra personale di Manuela Sedmach. La rassegna dal titolo Passare al bosco, raccoglie una serie di opere che ripercorrono parte della più recente produzione pittorica dell’artista triestina.
Nei primi anni del secondo dopoguerra Ernst Jünger scrive una preziosa guida alla libertà che uscirà nel 1951 con il titolo enigmatico Der Waldgang (passaggio al bosco), oggi edito in Italia con il titolo Trattato del Ribelle. Lo scrittore tedesco parla del bosco come di uno spazio intricato, segreto, pieno di “sentieri interrotti”, uno spazio sacro in cui l’uomo incontra se stesso, riscoprendo le forze primordiali della vita. “Passare al bosco, questo sto facendo, con la mia vita e quindi col mio lavoro che ne è l’immagine, dichiara Manuela Sedmach, “il bosco a cui fa riferimento Jünger si trasforma per me in deserto, il luogo in cui si incontra la propria vita. Stare nel bosco, stare nel deserto o in mezzo ad un oceano… lo sanno i viaggiatori dell’anima lo sa, Novalis, quando afferma che “L’uomo vuole viaggiare l’universo e non sa che ha l’universo in sé”.
Il lavoro di Manuela Sedmach esplora il segreto della condizione umana, la sacralità del rapporto dell’uomo con la natura e quindi con se stesso e la propria libertà, racconta ciò che Jünge, nel Trattato del Ribelle, definisce come “Heimlich”. L’artista spiega che questa è una di quelle parole della lingua tedesca che racchiudono in sé anche il proprio contrario: “Heimlich, segreto è l’intimo, ben protetto focolare, baluardo di sicurezza. Ma nello stesso tempo è anche ciò che è clandestino, assai prossimo, in questa accezione all’Unheimliche, l’inquietante, il perturbante. Quando ci imbattiamo in radici simili a questa, possiamo esser certi che vi risuona un’eco della grande antitesi e dell’equazione ancora più grande di vita e morte, alla cui soluzione si dedicano i misteri. Ogni orizzonte raggiunto dà inizio ad un altro viaggio. Elio Grazioli alla mia domanda…”Elio, ma cosa sto facendo?” Ha trovato una grande risposta: “non devi preoccuparti di comprendere quello che stai facendo, va avanti, cresci e raggiungilo, poi riparti.”
I soggetti che popolano le tele di Manuela Sedmach sono luoghi distanti, indefiniti e inconoscibili, nebbie e vapori, atmosfere marine, orizzonti infiniti, deserti, cosmo e stelle. L’artista trasforma i suoi quadri in testimoni dell’essenziale. Le forme, le trasparenze e le velature cedono il passo all’immaginazione, il vuoto invade la tela. Il concetto d’infinito o di niente è al centro delle sue opere.
L’opera di Manuela Sedmach pure nel momento in cui appare compiuta lascia intuire la possibilità che si tratti di un lavoro ancora aperto come sembra provare il ripetersi degli stessi temi che, rimanendo costanti per lunghi periodi, danno vita di volta in volta a cicli di tele con il medesimo titolo e soggetto. Il largo numero di variazioni di cui si compone ciascuna serie, richiama alla altrettanto ampia possibilità di nuove soluzioni per il suo compimento. Sta proprio in questa molteplicità di casi probabili la difficoltà a percepire lo stato definitivo nel lavoro di questa artista, che si muove verso l’immutabilità di ciò che è perfetto ma deve confrontarsi con la precarietà di tutte le cose soggette al trascorrere del tempo.
Manuela Sedmach nasce a Trieste nel 1953. Dopo essersi diplomata all’Istituto d’Arte, esordisce negli anni Settanta con una serie di lavori che le serviranno a trovare una sua identità. Il decennio prosegue all’insegna della ricerca pittorica con grandi tele dense e materiche in cui compaiono vulcani, anfiteatri o specchi lacustri. All’inizio anni Novanta l’artista riduce drasticamente la gamma cromatica e si cimenta con un ciclo di tecniche miste, Il cibo degli dei, in cui compaiono figure di profilo disegnate a matita. Con Meridiano Zero e Sopra il mare la tela diventa così liscia, compatta e priva di qualsiasi traccia di pennello da sembrare fotografica. La trama pittorica si costruisce attraverso un processo lento, dal nero cupo del fondo attraverso una pittura di velature e stratificazioni di colore – due oltre il nero, il bianco e il terra di Siena– l’artista riesce ad ottenere una gamma vastissima di grigi, di riflessi, di fonti di luce. E’ la luce che appare dietro queste trasparenze unita all’illuminazione ambientale e al suo mutare durante la giornata che rende i ‘paesaggi’ della Sedmach luoghi atemporali e sempre diversi. La ricerca prosegue negli anni tra spazi inscrutabili e tempi dilatati fino al recente ciclo di lavori Occhi bianchi. In queste nuove opere l’artista utilizza quello che essa stessa definisce “uno sguardo alieno che vede sempre le cose per la prima volta… uno sguardo che sento di dover tenere nel guardare il mondo, uno sguardo di bimbo: gli occhi dei bimbi e degli anziani sono velati, sono più lattiginosi, ma sono anche occhi aperti al guardare per vedere, non con la nostra abitudine nel vedere”.
Manuela Sedmach ha realizzato numerose mostre in Italia in gallerie e spazi museali. Nel 1999 ha vinto il Pollock-Krasner Foundation Grant, New York. Ha preso parte a mostre collettive in Svizzera e in Cina e realizzato personali in Belgio, Austria, Germania, Francia e Ungheria. I suoi lavori sono in importanti collezioni private europee, americane, giapponesi e al Museo Smak di Gent.
Nei primi anni del secondo dopoguerra Ernst Jünger scrive una preziosa guida alla libertà che uscirà nel 1951 con il titolo enigmatico Der Waldgang (passaggio al bosco), oggi edito in Italia con il titolo Trattato del Ribelle. Lo scrittore tedesco parla del bosco come di uno spazio intricato, segreto, pieno di “sentieri interrotti”, uno spazio sacro in cui l’uomo incontra se stesso, riscoprendo le forze primordiali della vita. “Passare al bosco, questo sto facendo, con la mia vita e quindi col mio lavoro che ne è l’immagine, dichiara Manuela Sedmach, “il bosco a cui fa riferimento Jünger si trasforma per me in deserto, il luogo in cui si incontra la propria vita. Stare nel bosco, stare nel deserto o in mezzo ad un oceano… lo sanno i viaggiatori dell’anima lo sa, Novalis, quando afferma che “L’uomo vuole viaggiare l’universo e non sa che ha l’universo in sé”.
Il lavoro di Manuela Sedmach esplora il segreto della condizione umana, la sacralità del rapporto dell’uomo con la natura e quindi con se stesso e la propria libertà, racconta ciò che Jünge, nel Trattato del Ribelle, definisce come “Heimlich”. L’artista spiega che questa è una di quelle parole della lingua tedesca che racchiudono in sé anche il proprio contrario: “Heimlich, segreto è l’intimo, ben protetto focolare, baluardo di sicurezza. Ma nello stesso tempo è anche ciò che è clandestino, assai prossimo, in questa accezione all’Unheimliche, l’inquietante, il perturbante. Quando ci imbattiamo in radici simili a questa, possiamo esser certi che vi risuona un’eco della grande antitesi e dell’equazione ancora più grande di vita e morte, alla cui soluzione si dedicano i misteri. Ogni orizzonte raggiunto dà inizio ad un altro viaggio. Elio Grazioli alla mia domanda…”Elio, ma cosa sto facendo?” Ha trovato una grande risposta: “non devi preoccuparti di comprendere quello che stai facendo, va avanti, cresci e raggiungilo, poi riparti.”
I soggetti che popolano le tele di Manuela Sedmach sono luoghi distanti, indefiniti e inconoscibili, nebbie e vapori, atmosfere marine, orizzonti infiniti, deserti, cosmo e stelle. L’artista trasforma i suoi quadri in testimoni dell’essenziale. Le forme, le trasparenze e le velature cedono il passo all’immaginazione, il vuoto invade la tela. Il concetto d’infinito o di niente è al centro delle sue opere.
L’opera di Manuela Sedmach pure nel momento in cui appare compiuta lascia intuire la possibilità che si tratti di un lavoro ancora aperto come sembra provare il ripetersi degli stessi temi che, rimanendo costanti per lunghi periodi, danno vita di volta in volta a cicli di tele con il medesimo titolo e soggetto. Il largo numero di variazioni di cui si compone ciascuna serie, richiama alla altrettanto ampia possibilità di nuove soluzioni per il suo compimento. Sta proprio in questa molteplicità di casi probabili la difficoltà a percepire lo stato definitivo nel lavoro di questa artista, che si muove verso l’immutabilità di ciò che è perfetto ma deve confrontarsi con la precarietà di tutte le cose soggette al trascorrere del tempo.
Manuela Sedmach nasce a Trieste nel 1953. Dopo essersi diplomata all’Istituto d’Arte, esordisce negli anni Settanta con una serie di lavori che le serviranno a trovare una sua identità. Il decennio prosegue all’insegna della ricerca pittorica con grandi tele dense e materiche in cui compaiono vulcani, anfiteatri o specchi lacustri. All’inizio anni Novanta l’artista riduce drasticamente la gamma cromatica e si cimenta con un ciclo di tecniche miste, Il cibo degli dei, in cui compaiono figure di profilo disegnate a matita. Con Meridiano Zero e Sopra il mare la tela diventa così liscia, compatta e priva di qualsiasi traccia di pennello da sembrare fotografica. La trama pittorica si costruisce attraverso un processo lento, dal nero cupo del fondo attraverso una pittura di velature e stratificazioni di colore – due oltre il nero, il bianco e il terra di Siena– l’artista riesce ad ottenere una gamma vastissima di grigi, di riflessi, di fonti di luce. E’ la luce che appare dietro queste trasparenze unita all’illuminazione ambientale e al suo mutare durante la giornata che rende i ‘paesaggi’ della Sedmach luoghi atemporali e sempre diversi. La ricerca prosegue negli anni tra spazi inscrutabili e tempi dilatati fino al recente ciclo di lavori Occhi bianchi. In queste nuove opere l’artista utilizza quello che essa stessa definisce “uno sguardo alieno che vede sempre le cose per la prima volta… uno sguardo che sento di dover tenere nel guardare il mondo, uno sguardo di bimbo: gli occhi dei bimbi e degli anziani sono velati, sono più lattiginosi, ma sono anche occhi aperti al guardare per vedere, non con la nostra abitudine nel vedere”.
Manuela Sedmach ha realizzato numerose mostre in Italia in gallerie e spazi museali. Nel 1999 ha vinto il Pollock-Krasner Foundation Grant, New York. Ha preso parte a mostre collettive in Svizzera e in Cina e realizzato personali in Belgio, Austria, Germania, Francia e Ungheria. I suoi lavori sono in importanti collezioni private europee, americane, giapponesi e al Museo Smak di Gent.
25
settembre 2015
Manuela Sedmach – Passare al bosco
Dal 25 settembre 2015 al 09 gennaio 2016
arte contemporanea
Location
GALLERIA CONTINUA
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
Orario di apertura
10-13 e 14-19
Vernissage
25 Settembre 2015, h 18-24
Autore