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Gian Paolo Dulbecco – Il posto delle favole
La Galleria Arianna Sartori nella Sala di Via Cappello 17 a Mantova, inaugurerà la mo-stra dell’artista Gian Paolo Dulbecco, Sabato 28 marzo alle ore 17.00 alla presenza dell’artista, che già aveva esposto i suoi dipinti nel 2010 suscitando l’interesse e l’apprezzamenti del pubblico.
Comunicato stampa
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La Galleria Arianna Sartori nella Sala di Via Cappello 17 a Mantova, inaugurerà la mo-stra dell’artista Gian Paolo Dulbecco, Sabato 28 marzo alle ore 17.00 alla presenza dell’artista, che già aveva esposto i suoi dipinti nel 2010 suscitando l’interesse e l’apprez-zamenti del pubblico.
La mostra “Il posto delle favole” resterà aperta al pubblico fino al 28 marzo 2015.
“Tutto in Dulbecco è “teatro”; situazioni, paesaggi ed interni totalmente visionari, ai quale approdare per sfuggi-re lucidamente ad una realtà altrimenti ostile. I palcoscenici di Dulbecco attengono più al sereno e giocoso non-senso di un Foppiani (pur essendone scevri dell'inquietudine) o di Armodio, con la sua raffinatissima attenzione al dettaglio, che a quella metafisica dechirichiana al quale un inatteso e straordinario gioco di luci ed ombre (so-prattutto ombre impossibili) farebbero immediatamente pensare. Un luogo dell'immaginazione, del sogno, del teatro. E della vita. Il non-luogo del sogno e della visione
Contemplare i dipinti di Dulbecco significa lasciarsi sedurre dalla sua espressività pura e scevra di concettuali-smi”.
Alberto Agazzani
Reggio Emilia, novembre 2014
“Tutto ciò che è profondo ama la maschera”: quest’affermazione di Friedrich Nietzsche (Al di là del bene e del male) ben esprime la complessità di simboli, di idee, di significati, di sentimenti che si cela dietro l’azione e la raffigura-zione del teatro. Certo il filosofo tedesco si riferiva soprattutto al teatro tragico classico, ma la sua considerazio-ne resta validissima anche per la secolare commedia dell’arte italiana. E fra teatro e pittura, si sa, la parentela è molto stretta, in particolare a partire dal Sei-Settecento. Entrambi, teatro e pittura, ci rispecchiano: mettono in scena l’altra realtà, la finzione del visibile, la trama della vita, il sogno e la magia. Non per niente, in quei due se-coli d’oro, molti pittori – da Callot a Watteau, dalla grande Scuola napoletana ai veneziani Tiepolo e Pietro Lon-ghi – tessono l’elogio di Arlecchino, di Pulcinella e di Pierrot, che di Pulcinella è la versione francese. Un elogio che arriva dritto alla modernità – si pensi ai guitti e ai saltimbanchi del primo, sublime Picasso – e, qui da noi, alla Metafisica e al Realismo magico degli anni Venti del XX secolo: a De Chirico, Oppi, Casorati, Severini. Quest’ultimo indugia sul tema, trovandolo elettivo. Tre celebri capolavori di Gino Severini, distribuiti in una manciata d’anni – fra il 1923 e il 1927 – vedono infatti per protagonista Pulcinella, che vi incarna virtù e vizi dell’umanità, e soprattutto la malinconia e il fatalismo dell’anima mediterranea: “La famiglia del povero Pulcinel-la”, “I giocatori di carte”, “Il demone del gioco”. Ma le carte, qui, sono anche l’emblema dell’enigma, della sorte, del Caso universale che scompagina i destini degli uomini, incapaci di interpretarne le vie nonché i capricci. Pro-prio come avviene sul palcoscenico del teatro pirandelliano. Questo retaggio di nobilissima cultura figurativa e di sempre attuali ammonimenti morali nutre oggi l’opera di Gian Paolo Dulbecco, pittore e artista dai mezzi quali-tativi straordinari, che – ora nel pieno della sua maturità - rivisita quel vicino passato adeguandolo all’occhio contemporaneo. Nel suo linguaggio pittorico forbito e raffinato, modulato sulle procedure tecniche della più au-lica tradizione da cavalletto, fatto di delicatissime, pazienti velature e di impaginazioni sempre studiate anche quando appaiono semplificate, Dulbecco accentua e persino enfatizza la dimensione e l’atmosfera dello spaesa-mento, dell’interrogativo universale, impersonati dai protagonisti di questi suoi piccoli deliziosi quadri: perso-naggi e mascherine che scrutano il vuoto con espressioni fra l’ansia e la perplessità, leggono il responso delle carte, si stringono in muti conciliaboli, ammansiscono rinoceronti dureriani, innalzano solitari concerti di flauto sulla soglia di architetture misteriose, architetture scenografiche ma incongrue, un po’ teatrali un po’ circensi, un po’ alla Escher un po’ alla Fellini. I Pulcinella biancovestiti di Dulbecco sono i pifferai magici del Mistero, i cu-stodi e i mastri di porta della nostra incertezza esistenziale, ma ci additano anche il chiarore della Luna, quella magia della finzione artistica dove le tessere del Caso possono montalianamente ricomporsi, disegnando final-mente un verdetto nitido.
Ma c’è un’altra lettura possibile, e forse più sottile, del Pulcinella di Dulbecco. Nei suoi perfetti dipinti, infatti, questa maschera assurge a figura emblematica, taumaturgica, al pari di quella del mago o del cartomante, dell’istrione oracolare al quale affidiamo la divinazione del nostro futuro, l’esito dei nostri desideri impossibili. Come l’antica e popolare statua di Pasquino a Roma – da millenni fatta segno di speranze e di disillusioni, di in-vocazioni e di insulti, di aspettative e di amare delusioni –, così il Pulcinella di Dulbecco ascolta la complessità della nostra anima moderna, pronto a esaudirci o forse a farsi gioco di noi. Egli è il mago che ascolta e non promette, ma allude e seduce. A ben guardare, il Pulcinella di Dulbecco è uno psicologo sui generis, un medicus animae che intercetta e traduce il nostro inconscio e il nostro bisogno di vie di fuga nel fantastico, nell’onirico, nel meraviglioso. È psicologo e anche psicagogo, quasi una guida spirituale nel mondo cifrato dell’arte, dove il sortilegio e la prosaicità della commedia umana si incontrano. Con lessico nuovo, la singolare figurazione di Dulbecco, i suoi personaggi in maschera, gentili e insieme sfuggenti, assolvono al sempiterno gioco delle parti, alla funzione propria dell’arte, che è quella di illuderci, ben sapendo però che di una finzione si tratta.
La pittura elegante di Dulbecco, il suo notturno Neo-realismo magico calibrato su perfetti accordi di azzurri, di violetti, di prugna, di verdi, di luci teatrali ed opalescenti, documenta le incoercibili e sempre attuali risorse poe-tiche della pittura, la mirabile alchimia di sensi e di Senso che abita l’immagine”.
Domenico Montalto
Milano, novembre 2004
Gian Paolo Dulbecco nasce a La Spezia il 12 settembre 1941.
Sviluppa molto presto il suo interesse per il disegno. Durante una delle usuali vacanze estive nella casa materna di Solcio di Lesa è incoraggiato alla pittura da Gianfilippo Usellini; inizia così a lavorare come autodidatta. A Mi-lano, città dove la sua famiglia si trasferisce nel 1958, è allievo di Tommaso Gnone da cui apprende le tecniche d’incisione a puntasecca. Completati nel 1966 gli studi al Politecnico, viaggia molto per lavoro, soprattutto in Europa, e ha modo di visitare vari musei e di avvicinare l’arte contemporanea nei suoi vari aspetti. In particolare a Bruxelles conosce direttamente sia la pittura di Delvaux e di Magritte sia la grande pittura fiamminga. Nel 1969 è a Roma dove frequenta vari ambienti culturali e artistici; è molto impressionato dalla pittura di Balthus che ha occasione di vedere a Villa Medici. Fa ritorno a Milano nel 1970 e nel 1975 si stabilisce a Monza. Lavora elabo-rando idee e ricordi (il tema delle Navi di pietra risale appunto al ricordo romano dell’Isola Tiberina), ma inizia ad esporre solo alla fine degli anni ’70. Negli stessi anni comincia a sviluppare i temi delle Città ideali e dei Notturni che nel 1983 presenta a Milano alla galleria Baguttino e a Brescia alla galleria San Michele. Conosce Attilio Rossi che, nel 1984, lo presenta alla Permanente di Milano; nello stesso anno vince un premio acquisto di Cartier. Nel 1985 espone presso la galleria Arno di Firenze. Si dedica anche all’Arte sacra presentando dei lavori nelle Rasse-gne Nazionali di San Simpliciano (1987 e 1988) a Milano e successivamente, nel 1992, al Centro San Bartolomeo di Bergamo. Nel 1992 è premiato con targa d’argento al Premio Arte indetto dall’omonima rivista con il quadro Il mondo nuovo. Nei primi anni ’90 s’interessa al tema dei Tarocchi, soggetto con cui partecipa alla mostra Art & Tabac itinerante in Europa (1993-1995) sotto la direzione artistica del critico francese Pierre Restany; questa sua serie dei ventidue Arcani maggiori verrà più tardi esposta in varie mostre e, prima della sua inevitabile dispersione finale, sarà interamente riprodotta in un volumetto dedicato. Nella sua pittura inizia a comparire la maschera del Pulcinella, scelta come archetipo di un’umanità, indefinita e indefinibile proprio per la sua sobrietà di colore e di forma. Un viaggio aereo transatlantico gli ispira il tema del notturno in aeroporto che, con il titolo oraziano di Cras ingens iterabimus aequor, visiterà ripetutamente. Nel 1994 viene invitato ad Imaginaria 94 dove presenta l’opera Le ombre della sera. L’anno successivo espone in Germania a Freiburg ed in Portogallo ad Oporto. Ne-gli stessi anni sviluppa il tema delle Lotte con l’ombra (che la critica definisce una sorta di Manierismo dell’inconscio) insieme a quello dei Labirinti e delle Gabbie misteriose. Nel 1996 presenta suoi lavori a Roma (galle-ria Il Polittico), a Londra (Gerald Moran Gallery), negli Istituti Italiani di Cultura di Lione, Lisbona e Bruxelles e infine a Tokyo (Artesse Gallery). In Giappone esporrà nuovamente nel 1998 a Yokohama e ancora a Tokyo ne-gli anni 1999 e 2001. Sul finire degli anni ’90, tra i suoi temi, inizia comparire quello dedicato al mito di Atlantide. Nel 2000 tiene un’importante personale alla galleria Paracelso di Bologna; l’anno successivo espone alla Perma-nente di Milano e alla galleria Andromeda di Pesaro. Nel 2002 la Soprintendenza ai Beni Culturali di Salerno pa-trocina a Ravello la sua mostra antologica Utopiche alchimie della visione comprendente vari lavori del decennio pre-cedente; un suo dipinto ispirato al Parsifal wagneriano entra nella raccolta del Comune di Ravello. Nel 2003 e-spone alla Fiera d’Arte di Strasburgo con la bolognese galleria Forni e alla collettiva Carnevalesca di Cento. L’anno successivo è alla Fiera MiArt con la galleria Franco Cancelliere di Messina, galleria presso la quale esporrà con altre personali nello stesso 2004, nel 2005 e nel 2008; nello stesso anno il suo dipinto Storie della Natività entra nella Collezione d’Arte Paolo VI di Brescia. Nel 2005 espone ancora a Ravello con Emanuele Luzzati nella mo-stra I luoghi di Pulcinella e a Milano presso la galleria Bensi con la quale ha iniziato ad operare regolarmente. L’anno successivo prende parte alla mostra dei soci della Permanente in occasione dei centoventi anni dalla fon-dazione del sodalizio milanese. Nel 2008 tiene una mostra personale in Olanda, a Laren, nella galleria Zeligman. Nello stesso anno inizia a collaborare con la galleria Monteleone di Palermo; in questa occasione un suo dipinto entra a far parte delle collezioni della provincia di Palermo. Nel 2010 espone alla galerie Zabbeni di Ginevra ed è per la prima volta a Mantova presso la galleria Arianna Sartori con la personale Il vizio di dipingere. È del 2011 la sua partecipazione alla mostra Sulle tracce della fantasia del Centro Le Muse di Andria, collettiva dedicata alla pittu-ra fantastica; l’anno successivo il suo dipinto La nave di pietra entra nelle collezioni del Museo d’Arte fantastica del castello di Gruyères in Svizzera. Nell’ottobre 2012 espone in Germania nella mostra Dopo de Chirico, la pittura metafisica italiana contemporanea al Panorama Museum di Bad Frankenhausen. Nel 2015 ritorna a Mantova presso la galleria Arianna Sartori con la personale Il posto delle favole.
La mostra “Il posto delle favole” resterà aperta al pubblico fino al 28 marzo 2015.
“Tutto in Dulbecco è “teatro”; situazioni, paesaggi ed interni totalmente visionari, ai quale approdare per sfuggi-re lucidamente ad una realtà altrimenti ostile. I palcoscenici di Dulbecco attengono più al sereno e giocoso non-senso di un Foppiani (pur essendone scevri dell'inquietudine) o di Armodio, con la sua raffinatissima attenzione al dettaglio, che a quella metafisica dechirichiana al quale un inatteso e straordinario gioco di luci ed ombre (so-prattutto ombre impossibili) farebbero immediatamente pensare. Un luogo dell'immaginazione, del sogno, del teatro. E della vita. Il non-luogo del sogno e della visione
Contemplare i dipinti di Dulbecco significa lasciarsi sedurre dalla sua espressività pura e scevra di concettuali-smi”.
Alberto Agazzani
Reggio Emilia, novembre 2014
“Tutto ciò che è profondo ama la maschera”: quest’affermazione di Friedrich Nietzsche (Al di là del bene e del male) ben esprime la complessità di simboli, di idee, di significati, di sentimenti che si cela dietro l’azione e la raffigura-zione del teatro. Certo il filosofo tedesco si riferiva soprattutto al teatro tragico classico, ma la sua considerazio-ne resta validissima anche per la secolare commedia dell’arte italiana. E fra teatro e pittura, si sa, la parentela è molto stretta, in particolare a partire dal Sei-Settecento. Entrambi, teatro e pittura, ci rispecchiano: mettono in scena l’altra realtà, la finzione del visibile, la trama della vita, il sogno e la magia. Non per niente, in quei due se-coli d’oro, molti pittori – da Callot a Watteau, dalla grande Scuola napoletana ai veneziani Tiepolo e Pietro Lon-ghi – tessono l’elogio di Arlecchino, di Pulcinella e di Pierrot, che di Pulcinella è la versione francese. Un elogio che arriva dritto alla modernità – si pensi ai guitti e ai saltimbanchi del primo, sublime Picasso – e, qui da noi, alla Metafisica e al Realismo magico degli anni Venti del XX secolo: a De Chirico, Oppi, Casorati, Severini. Quest’ultimo indugia sul tema, trovandolo elettivo. Tre celebri capolavori di Gino Severini, distribuiti in una manciata d’anni – fra il 1923 e il 1927 – vedono infatti per protagonista Pulcinella, che vi incarna virtù e vizi dell’umanità, e soprattutto la malinconia e il fatalismo dell’anima mediterranea: “La famiglia del povero Pulcinel-la”, “I giocatori di carte”, “Il demone del gioco”. Ma le carte, qui, sono anche l’emblema dell’enigma, della sorte, del Caso universale che scompagina i destini degli uomini, incapaci di interpretarne le vie nonché i capricci. Pro-prio come avviene sul palcoscenico del teatro pirandelliano. Questo retaggio di nobilissima cultura figurativa e di sempre attuali ammonimenti morali nutre oggi l’opera di Gian Paolo Dulbecco, pittore e artista dai mezzi quali-tativi straordinari, che – ora nel pieno della sua maturità - rivisita quel vicino passato adeguandolo all’occhio contemporaneo. Nel suo linguaggio pittorico forbito e raffinato, modulato sulle procedure tecniche della più au-lica tradizione da cavalletto, fatto di delicatissime, pazienti velature e di impaginazioni sempre studiate anche quando appaiono semplificate, Dulbecco accentua e persino enfatizza la dimensione e l’atmosfera dello spaesa-mento, dell’interrogativo universale, impersonati dai protagonisti di questi suoi piccoli deliziosi quadri: perso-naggi e mascherine che scrutano il vuoto con espressioni fra l’ansia e la perplessità, leggono il responso delle carte, si stringono in muti conciliaboli, ammansiscono rinoceronti dureriani, innalzano solitari concerti di flauto sulla soglia di architetture misteriose, architetture scenografiche ma incongrue, un po’ teatrali un po’ circensi, un po’ alla Escher un po’ alla Fellini. I Pulcinella biancovestiti di Dulbecco sono i pifferai magici del Mistero, i cu-stodi e i mastri di porta della nostra incertezza esistenziale, ma ci additano anche il chiarore della Luna, quella magia della finzione artistica dove le tessere del Caso possono montalianamente ricomporsi, disegnando final-mente un verdetto nitido.
Ma c’è un’altra lettura possibile, e forse più sottile, del Pulcinella di Dulbecco. Nei suoi perfetti dipinti, infatti, questa maschera assurge a figura emblematica, taumaturgica, al pari di quella del mago o del cartomante, dell’istrione oracolare al quale affidiamo la divinazione del nostro futuro, l’esito dei nostri desideri impossibili. Come l’antica e popolare statua di Pasquino a Roma – da millenni fatta segno di speranze e di disillusioni, di in-vocazioni e di insulti, di aspettative e di amare delusioni –, così il Pulcinella di Dulbecco ascolta la complessità della nostra anima moderna, pronto a esaudirci o forse a farsi gioco di noi. Egli è il mago che ascolta e non promette, ma allude e seduce. A ben guardare, il Pulcinella di Dulbecco è uno psicologo sui generis, un medicus animae che intercetta e traduce il nostro inconscio e il nostro bisogno di vie di fuga nel fantastico, nell’onirico, nel meraviglioso. È psicologo e anche psicagogo, quasi una guida spirituale nel mondo cifrato dell’arte, dove il sortilegio e la prosaicità della commedia umana si incontrano. Con lessico nuovo, la singolare figurazione di Dulbecco, i suoi personaggi in maschera, gentili e insieme sfuggenti, assolvono al sempiterno gioco delle parti, alla funzione propria dell’arte, che è quella di illuderci, ben sapendo però che di una finzione si tratta.
La pittura elegante di Dulbecco, il suo notturno Neo-realismo magico calibrato su perfetti accordi di azzurri, di violetti, di prugna, di verdi, di luci teatrali ed opalescenti, documenta le incoercibili e sempre attuali risorse poe-tiche della pittura, la mirabile alchimia di sensi e di Senso che abita l’immagine”.
Domenico Montalto
Milano, novembre 2004
Gian Paolo Dulbecco nasce a La Spezia il 12 settembre 1941.
Sviluppa molto presto il suo interesse per il disegno. Durante una delle usuali vacanze estive nella casa materna di Solcio di Lesa è incoraggiato alla pittura da Gianfilippo Usellini; inizia così a lavorare come autodidatta. A Mi-lano, città dove la sua famiglia si trasferisce nel 1958, è allievo di Tommaso Gnone da cui apprende le tecniche d’incisione a puntasecca. Completati nel 1966 gli studi al Politecnico, viaggia molto per lavoro, soprattutto in Europa, e ha modo di visitare vari musei e di avvicinare l’arte contemporanea nei suoi vari aspetti. In particolare a Bruxelles conosce direttamente sia la pittura di Delvaux e di Magritte sia la grande pittura fiamminga. Nel 1969 è a Roma dove frequenta vari ambienti culturali e artistici; è molto impressionato dalla pittura di Balthus che ha occasione di vedere a Villa Medici. Fa ritorno a Milano nel 1970 e nel 1975 si stabilisce a Monza. Lavora elabo-rando idee e ricordi (il tema delle Navi di pietra risale appunto al ricordo romano dell’Isola Tiberina), ma inizia ad esporre solo alla fine degli anni ’70. Negli stessi anni comincia a sviluppare i temi delle Città ideali e dei Notturni che nel 1983 presenta a Milano alla galleria Baguttino e a Brescia alla galleria San Michele. Conosce Attilio Rossi che, nel 1984, lo presenta alla Permanente di Milano; nello stesso anno vince un premio acquisto di Cartier. Nel 1985 espone presso la galleria Arno di Firenze. Si dedica anche all’Arte sacra presentando dei lavori nelle Rasse-gne Nazionali di San Simpliciano (1987 e 1988) a Milano e successivamente, nel 1992, al Centro San Bartolomeo di Bergamo. Nel 1992 è premiato con targa d’argento al Premio Arte indetto dall’omonima rivista con il quadro Il mondo nuovo. Nei primi anni ’90 s’interessa al tema dei Tarocchi, soggetto con cui partecipa alla mostra Art & Tabac itinerante in Europa (1993-1995) sotto la direzione artistica del critico francese Pierre Restany; questa sua serie dei ventidue Arcani maggiori verrà più tardi esposta in varie mostre e, prima della sua inevitabile dispersione finale, sarà interamente riprodotta in un volumetto dedicato. Nella sua pittura inizia a comparire la maschera del Pulcinella, scelta come archetipo di un’umanità, indefinita e indefinibile proprio per la sua sobrietà di colore e di forma. Un viaggio aereo transatlantico gli ispira il tema del notturno in aeroporto che, con il titolo oraziano di Cras ingens iterabimus aequor, visiterà ripetutamente. Nel 1994 viene invitato ad Imaginaria 94 dove presenta l’opera Le ombre della sera. L’anno successivo espone in Germania a Freiburg ed in Portogallo ad Oporto. Ne-gli stessi anni sviluppa il tema delle Lotte con l’ombra (che la critica definisce una sorta di Manierismo dell’inconscio) insieme a quello dei Labirinti e delle Gabbie misteriose. Nel 1996 presenta suoi lavori a Roma (galle-ria Il Polittico), a Londra (Gerald Moran Gallery), negli Istituti Italiani di Cultura di Lione, Lisbona e Bruxelles e infine a Tokyo (Artesse Gallery). In Giappone esporrà nuovamente nel 1998 a Yokohama e ancora a Tokyo ne-gli anni 1999 e 2001. Sul finire degli anni ’90, tra i suoi temi, inizia comparire quello dedicato al mito di Atlantide. Nel 2000 tiene un’importante personale alla galleria Paracelso di Bologna; l’anno successivo espone alla Perma-nente di Milano e alla galleria Andromeda di Pesaro. Nel 2002 la Soprintendenza ai Beni Culturali di Salerno pa-trocina a Ravello la sua mostra antologica Utopiche alchimie della visione comprendente vari lavori del decennio pre-cedente; un suo dipinto ispirato al Parsifal wagneriano entra nella raccolta del Comune di Ravello. Nel 2003 e-spone alla Fiera d’Arte di Strasburgo con la bolognese galleria Forni e alla collettiva Carnevalesca di Cento. L’anno successivo è alla Fiera MiArt con la galleria Franco Cancelliere di Messina, galleria presso la quale esporrà con altre personali nello stesso 2004, nel 2005 e nel 2008; nello stesso anno il suo dipinto Storie della Natività entra nella Collezione d’Arte Paolo VI di Brescia. Nel 2005 espone ancora a Ravello con Emanuele Luzzati nella mo-stra I luoghi di Pulcinella e a Milano presso la galleria Bensi con la quale ha iniziato ad operare regolarmente. L’anno successivo prende parte alla mostra dei soci della Permanente in occasione dei centoventi anni dalla fon-dazione del sodalizio milanese. Nel 2008 tiene una mostra personale in Olanda, a Laren, nella galleria Zeligman. Nello stesso anno inizia a collaborare con la galleria Monteleone di Palermo; in questa occasione un suo dipinto entra a far parte delle collezioni della provincia di Palermo. Nel 2010 espone alla galerie Zabbeni di Ginevra ed è per la prima volta a Mantova presso la galleria Arianna Sartori con la personale Il vizio di dipingere. È del 2011 la sua partecipazione alla mostra Sulle tracce della fantasia del Centro Le Muse di Andria, collettiva dedicata alla pittu-ra fantastica; l’anno successivo il suo dipinto La nave di pietra entra nelle collezioni del Museo d’Arte fantastica del castello di Gruyères in Svizzera. Nell’ottobre 2012 espone in Germania nella mostra Dopo de Chirico, la pittura metafisica italiana contemporanea al Panorama Museum di Bad Frankenhausen. Nel 2015 ritorna a Mantova presso la galleria Arianna Sartori con la personale Il posto delle favole.
28
marzo 2015
Gian Paolo Dulbecco – Il posto delle favole
Dal 28 marzo al 10 aprile 2015
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Chiuso festivi.
Vernissage
28 Marzo 2015, ore 17.00
Autore
Curatore